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Questo articolo è stato pubblicato il 20 gennaio 2014 alle ore 16:01.
L'ultima modifica è del 15 ottobre 2014 alle ore 14:30.
VARSAVIA – Cinque anni fa l’Europa centrale e orientale viveva una delle storie di crescita più impressionanti del mondo. Il Pil annuo cresceva a un tasso prossimo al 5%, appena un passo dietro a quello di Cina e India. Gli investimenti diretti esteri si riversavano in Bulgaria, Croazia, Repubblica ceca, Ungheria, Polonia, Romania, Slovacchia e Slovenia a un tasso di oltre 40 miliardi di dollari l’anno. Una macchina su sei venduta in Europa veniva esportata dalle fabbriche della regione. La produttività e il Pil pro capite crescevano a dismisura, riducendo il divario con l’Europa occidentale.
Ora la regione lotta per riguadagnare slancio da quando è scoppiata la crisi finanziaria globale e la conseguente recessione. I tassi di crescita economica sono scesi a meno di un terzo dei livelli pre-crisi. Gli investimenti diretti esteri, che sono affondati del 75% dal 2008 al 2009, si sono ripresi solo in parte.
In effetti, la regione sembra essere uscita dal radar delle aziende e degli investitori internazionali. Eppure una nostra rileva che le peculiarità che avevano reso la regione così allettante restano intatte.
La crescita e i flussi in entrata degli Ide sono ancora depressi, ma in generale la regione è uscita dalla crisi in condizioni piuttosto buone. Nella maggior parte dei Paesi, il debito pubblico in percentuale al Pil non supera il 60% dal 2004 – in netto contrasto con molti dei 15 Paesi che erano membri dell’Unione europea prima di quell’anno. E resta il fatto che questi Paesi vantano collettivamente una forza lavoro altamente istruita e livelli salariali che sono il 75% più bassi, in media, di quelli dei 15 Stati membri dell’Ue.
Allo stesso tempo, la regione ha condiviso alcuni degli stessi eccessi – per lo più nel mercato immobiliare – che hanno contribuito allo scoppio della crisi. In Romania, i prezzi immobiliari sono saliti del 23% annuo dal 2004 al 2007. E malgrado il sostanziale miglioramento dell’ambiente imprenditoriale in tutta la regione, queste economie si piazzano dietro ai 15 Stati membri sul fronte della corruzione (pur facendo meglio di altre economie emergenti, comprese Cina, India, Brasile e Russia).
Fatto più importante, la crisi ha svelato notevoli punti deboli del modello economico della regione: l’eccessiva dipendenza dalle esportazione verso l’Europa occidentale e l’elevato livello di consumi rispetto alle altre regioni in via di sviluppo, alimentati dall’indebitamento e dall’eccessivo ricorso agli Ide per finanziare gli investimenti di capitale.
Ma l’Europa centrale e orientale può creare un nuovo modello che, a nostro giudizio, potrebbe consentire un ritorno a tassi di crescita del Pil al 4-5%. Sono tre gli elementi principali di questo modello: l’espansione e l’ammodernamento delle esportazioni, l’aumento della produttività in settori dove è debole, e il rilancio degli Ide sviluppando al contempo delle modalità che consentano alle economie della regione di finanziare la propria crescita con un livello più alto di risparmi domestici.
La regione ha la grande occasione di aumentare il valore delle esportazioni di beni e servizi. Ha una buona posizione per diventare, ad esempio, il fulcro regionale per la lavorazione dei prodotti alimentari per tutta l’Europa e non solo. I tassi salariali della regione sono ancora talmente bassi che le salsicce prodotte in Polonia e vendute a Berlino costano circa il 40% in meno di quelle fatte ad Amburgo.
La regione esporta già beni ad alta intensità di conoscenze come le automobili e i prodotti aerospaziali. Potrebbe spostarsi in aree ancor più sofisticate con altri investimenti in istruzione e un ulteriore miglioramento dei distretti industriali come (Valle aeronautica) nel Sud-est della Polonia.
Una promettente opportunità risiede nei servizi ad alta intensità di conoscenze. Con la Polonia in testa, la regione sta diventando un luogo sempre più importante per i processi di outsourcing e offshoring. Il settore outsourcing sta crescendo una velocità due volte superiore a quella dell’India.
Ma potrebbe esserci un margine di crescita ancor più ampio, considerati i due trend in Asia: i crescenti costi salariali e il crescente timore tra i clienti di outsourcing in Occidente sulle persistenti questioni culturali e linguistiche.
L’Europa centrale e orientale è ben collocata per beneficiare di questi trend, date le sue forti competenze linguistiche e la familiarità culturale con i clienti europei e nordamericani. La regione è altresì molto più vicina, per fusi orari, ai clienti europei e americani di quanto non lo siano le aziende in Asia.