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Questo articolo è stato pubblicato il 25 aprile 2014 alle ore 14:24.
L'ultima modifica è del 15 ottobre 2014 alle ore 14:21.

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AMMAN – All’inizio, nel 2011, l’obiettivo primario del risveglio arabo avrebbe dovuto essere quello di far avanzare il pluralismo e la democrazia - cause che erano state trascurate nel XX secolo al suo primo risveglio anti - coloniale. Ma, dopo tre anni di lotta, il processo è appena iniziato. Il secondo risveglio arabo riuscirà finalmente a raggiungere i suoi obiettivi?

La risposta dipende dal modello utilizzato dai paesi arabi, nella guida verso la transizione, tra i tre seguenti: un modello inclusivo, lungimirante, il cui obbiettivo è la costruzione del consenso; un approccio del tipo chi vince prende tutto che esclude ampie fasce della popolazione; o un approccio del tipo non ci si ferma davanti a niente focalizzato sulla sopravvivenza del regime. Questi modelli rispecchiano le enormi differenze tra le attuali circostanze e le prospettive future dei paesi arabi.

L’esempio più forte del modello inclusivo è la Tunisia, dove gli ex avversari hanno formato un governo di coalizione, senza interferenze militari. Naturalmente, il processo non è stato facile. Ma, dopo contrapposizioni molto aspre, i Tunisini hanno riconosciuto che la cooperazione era l’unica strada percorribile.

Nel mese di febbraio, la Tunisia ha adottato la più progressista del mondo arabo, che stabilisce l’uguaglianza tra uomini e donne, prevede l’alternanza pacifica al governo, e riconosce il diritto dei cittadini ad essere perfino senza fede religiosa - scelta senza precedenti nella regione, sostenuta sia dalle forze islamiche che da quelle laiche. L’esperienza della Tunisia incarna l’impegno per il pluralismo e la democrazia per il quale è sorto il secondo risveglio arabo.

Fortunatamente, la Tunisia non è la sola a seguire questo percorso. Sia lo Yemen che il Marocco hanno intrapreso un processo politico relativamente inclusivo, con lo Yemen che persegue un ed il Marocco che sta dando vita ad un governo di coalizione.

Ma questo modello non è riuscito ad attecchire in molti altri paesi. Si consideri l’Egitto, che ha perseguito il secondo tipo di approccio, quello escludente, per cui ogni parte crede di avere il monopolio della verità e quindi il diritto di ignorare o sopprimere i propri avversari. Gli Islamisti egiziani, guidati dai Fratelli Musulmani, quando sono stati al potere hanno adottato questa filosofia; le forze laiche che li hanno estromessi con il colpo di stato militare del luglio scorso ora perseguono lo stesso approccio.

In breve, la politica egiziana è diventata un gioco a somma zero - ed in effetti la somma è stata proprio pari a zero. Il paese rimane afflitto da minacce alla sicurezza, caos economico e instabilità politica - problemi di dimensioni tali che nessuna delle due controparti può risolverli da sola. Se i leader di entrambe le parti non iniziano a lavorare insieme, il risveglio dell’Egitto rimarrà un sogno lontano, con i cittadini che ne soffrono le conseguenze, sociali ed economiche.

Ma è il terzo approccio - esemplificato dalla Siria - quello più distruttivo. Il regime del presidente Bashar al -Assad non si fermerà davanti a niente per prevalere in quello che è diventato un gioco di sopravvivenza. Nel frattempo, l’opposizione rimane frammentata, lasciando un vuoto di sicurezza di cui si stanno approfittando i gruppi radicali - costituiti in gran parte da combattenti stranieri. L’esito ha significato una terribile guerra civile, che ha già portato ad almeno 150.000 morti e a milioni di persone costrette a fuggire dalle loro case, senza alcuna prospettiva di risoluzione.

Le forti differenze tra questi tre modelli e i loro risultati offrono una lezione chiara: l’inclusività è l’unica strada per la stabilità. Con il giusto approccio, ogni paese può riuscire a costruire un futuro migliore.

Naturalmente, il percorso seguito dal secondo risveglio arabo non è stato determinato interamente dai confini nazionali. In tutto il mondo arabo si sono attenuati tabù di lunga data. In particolare, le due forze che hanno a lungo dominato la scena politica –quella laica, spesso militari o governanti garantiti dai militari, e l’opposizione religiosa- hanno perso il loro status inattaccabile; oggi, sono sempre più soggette alle critiche che caratterizzano i sistemi democratici. In molti paesi arabi, è perfino accettabile essere liberali.

Ma, sebbene, negli ultimi tre anni, in molti paesi arabi siano crollati i rigidi sistemi sociali che ne hanno a lungo impedito il progresso, con il liberalismo che diventa una visione del mondo più accettabile, le esperienze dell’Egitto e della Siria dimostrano che gli obiettivi del secondo risveglio arabo non sono universalmente condivisi. Vecchie rivalità, preoccupazioni ideologiche, e abitudini improduttive continuano a bloccare gli sforzi per trovare soluzioni reali ai problemi socio-economici.

Le società arabe meritano di meglio. Come la Tunisia ha dimostrato, se abbracciano una politica pluralista e inclusiva avranno successo.

Marwan Muasher, ex ministro degli esteri e vice primo ministro della Giordania, è Vice Presidente Scientifico presso il Carnegie Endowment for International Peace. Il suo ultimo libro è The Second Arab Awakening and the Battle for Pluralism.

Copyright: Project Syndicate, 2014.

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