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Questo articolo è stato pubblicato il 15 ottobre 2014 alle ore 14:15.

NEW YORK – In una delle sue Karl Marx disse che la storia si ripete due volte, la prima come tragedia, la seconda come farsa. Ciò nonostante, quando ci guardiamo intorno oggi, non possiamo fare a meno di chiederci se la tragedia in corso sarà seguita da un’altra tragedia. Quest’anno si celebra il centenario dello scoppio della Prima Guerra Mondiale e siamo circondati da violenze a catena, ambiguità e cinismo, ovvero gli stessi fattori che hanno portato il mondo verso il disastro nel 1914. E le stesse regioni di allora sono coinvolte anche nello scenario attuale.

La Prima Guerra Mondiale iniziò con l’idea che i mezzi militari potessero risolvere le urgenti questioni sociali e politiche dell’Europa centrale. Un secolo prima, il teorico militare Carl von Clausewitz che la Guerra è una prosecuzione dei rapporti politici portati avanti con altri mezzi. Evidentemente, nel 1914 un numero sufficiente di politici si trovò d’accordo con questo principio.

Tuttavia, gli accadimenti della Prima Guerra Mondiale hanno dimostrato, tragicamente, che l’affermazione di Clausewitz non era corretta in relazione ai tempi moderni. La guerra nell’era industriale porta solo alla tragedia, al disastro e alla devastazione e non risolve alcun problema politico. La guerra non è una prosecuzione della politica, bensì del suo fallimento.

La Prima Guerra Mondiale ha portato al disfacimento di quattro imperi: la dinastia dell’impero prussiano (gli Hohenzollern), l’impero turco (gli Ottomani) e l’impero austro-ungarico (gli Asburgo). La guerra non ha poi solo causato milioni di morti, ma ha anche lasciato in eredità un contesto di rivoluzioni, bancarotta dello stato, protezionismo e crollo finanziario che hanno posto le basi per la salita al potere di Hitler, la Seconda Guerra Mondiale e la guerra fredda.

Ancora oggi ne stiamo pagando le conseguenze. Il territorio una volta appartenente all’Impero Ottomano, multietnico, multistato, multireligioso, è oggi nuovamente devastato da conflitti e guerre, dalla Libia al conflitto tra Palestina-Israele, dalla Siria all’Iraq. Nella regione dei Balcani, ancora politicamente frammentata, si continua a respirare un clima pesante con la Bosnia e l’Erzegovina incapaci di costituire un governo centrale efficace e con la Serbia ancora in difficoltà per i bombardamenti della NATO nel 1999 e il contenzioso sull’indipendenza del Kosovo sancita nel 2008.

Anche l’ex impero russo è in tumulto, quasi una reazione ritardata al crollo dell’Unione sovietica nel 1991, come si vede dall’attacco della Russia all’Ucraina e l’uso continuo della violenza in Georgia, Moldavia e in altre aree. Nella regione dell’Asia orientale le tensioni tra Cina e Giappone (che riecheggiano gli scontri del secolo scorso) rappresentano un pericolo crescente.

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