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Il cliente? Più prudente di prima

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Questo articolo è stato pubblicato il 14 dicembre 2010 alle ore 09:06.

Negli anni 90 erano giovani, rampanti, fiduciosi. Sempre a caccia del rendimento più alto, a ogni costo. Ed erano tanti: più di 700mila famiglie italiane alla fine del millennio. Oggi, dieci anni dopo, sono sospettosi e sfiduciati, disillusi e feriti nell'orgoglio come nel portafoglio. Sono invecchiati, senza che le nuove generazioni sostituissero le precedenti. E di famiglie ne restano 600mila, centomila in meno.

È questa l'evoluzione dei clienti private in Italia negli ultimi vent'anni, e non si può dire che la crisi non abbia lasciato il segno. «Parliamo dei baby boomer nati in Italia nel dopoguerra - spiega Massimo Arrighi, Partner financial institutions di A.T. Kearney, già amministratore delegato di Banca Fideuram -. Sono clienti senior che oggi hanno più di 50 anni di età e che hanno accumulato in molti casi la propria ricchezza personale durante gli anni del boom economico».

Secondo Arrighi, sul finire degli anni 90, il profilo medio del "paperone" italiano era molto diverso da quello attuale: «In quegli anni molti clienti private avevano un'età compresa tra i 40 e i 50 anni. Ed erano particolarmente attratti dai rendimenti di breve termine».
Il primo decennio del secolo, e la crisi degli anni passati in particolar modo, hanno fatto da spartiacque tra il prima e il dopo. «L'attitudine al rischio – osserva Arrighi – è cambiata in maniera drastica. La crisi ha portato a crolli imprevisti non soltanto dei titoli azionari, il che sarebbe stato forse più facilmente comprensibile, ma anche dei prodotti obbligazionari o delle polizze index linked con sottostanti strutturati. Così, oggi anche i clienti private chiedono prodotti semplici, trasparenti, anche a scapito dei rendimenti».

Nel frattempo, anche il numero totale dei clienti private italiani si è ridotto. Stando ai dati A.T. Kearney, su un totale di 600mila famiglie clienti del wealth management, 335mila circa hanno un patrimonio compreso tra 500mila euro e un milione, 250mila famiglie hanno tra uno e cinque milioni di euro, 15-20mila presentano una consistenza patrimoniale superiore ai cinque milioni di euro. «Nel 2006 – commenta Arrighi – le famiglie con meno di un milione di euro erano 450mila. Da allora, la fascia meno ricca ha risentito in misura maggiore della crisi con un calo del 30% circa, quella intermedia è aumentata in misura proporzionale, mentre la fascia più elevata si è mantenuta stabile. In altre parole, piove sul bagnato».

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Tags Correlati: Bruno Zanaboni | Inps | Italia | Massimo Arrighi | Previdenza complementare

 

Non tutti i cambiamenti, però, vengono per nuocere: «La maggiore prudenza dei clienti private fa sì che ci sia un rinnovato interesse per quelle forme di investimento che andranno a garantire un elevato livello di vita anche dopo l'età della pensione». In questo modo, l'Italia potrebbe coprire il gap con gli altri Paesi europei per quanto riguarda il ricorso alla previdenza complementare e ai piani individuali pensionistici.
Un tema tanto più importante se si considera che l'allungamento delle prospettive medie di vita, unitamente alla crisi economica che ha ridotto le possibilità di crescita economica per le nuove generazioni, fa sì che oltre il 75% dei "paperoni" abbia più di 50 anni e che la fascia senior sia destinata a diventare sempre più importante per il mercato private in Italia.

L'identikit del cliente private italiano, insomma, è quello di un uomo (nell'80% dei casi), con profilo di rischio prudente e più di 50 anni di età, con patrimonio medio inferiore agli 1,5 milioni di euro. Stando all'indagine Aipb sulla clientela private in Italia nel 2010, il 71% della ricchezza private italiana è concentrata in sole 5 regioni: Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, Piemonte e Lazio. Il controvalore complessivo del portafoglio delle famiglie private ammonta a circa 896 miliardi di euro a fine 2010, contro gli 891 miliardi pre-crisi.

Per scegliere la propria banca, i clienti valutano prevalentemente la professionalità del referente per gli investimenti (nel 52% dei casi). Bruno Zanaboni, segretario generale di Aipb, osserva però come «concetti sofisticati quale l'adeguatezza del servizio e la qualità delle informazioni fornite hanno oggi, rispetto al passato, i tassi di crescita maggiori nelle preferenze (rispettivamente, +35% e +22% sul 2009)».

La richiesta di prodotti più sicuri è evidente anche nelle scelte di diversificazione degli asset, come rileva anche Zanaboni: «Nel 2010 la crescita del 3,2% del patrimonio potenziale finanziario delle famiglie private è stata sostenuta prevalentemente da un bisogno di protezione che si riflette nel consistente aumento dei prodotti assicurativi in portafoglio», pari al +1,3% dal 17,3% del 2009 al 18,6% odierno sull'asset mix totale del portafoglio.

Differenze rilevanti, infine, tra le scelte di investimento a seconda che si tratti di clienti o meno di una banca private: «Quelli serviti da strutture specializzate si attendano un servizio di story telling su cui basare le proprie scelte di investimento, il che denota un'attitudine verso decisioni ponderate e con capacità valutativa di lungo periodo. Il fatto che i clienti non serviti preferiscano prodotti semplici e centrati solo sulla capacità di accumulo fa supporre che o si considerano meno preparati in campo finanziario, oppure hanno minore tempo e attenzione da dedicare alla gestione attiva e alla pianificazione finanziaria del proprio patrimonio», conclude Zanaboni.