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Questo articolo è stato pubblicato il 16 giugno 2011 alle ore 12:13.

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Meglio un fondo italiano o uno estero? In teoria basterebbe dare un'occhiata a performance e costi e avere così due validi elementi per decidere. Ma c'è un altro aspetto da non tralasciare prima di scegliere: il grado di tutela legato all'investimento su un fondo piuttosto che su un altro. In sostanza il timore è che al di fuori dei confini nazionali, non ci sia la stessa attenzione che tradizionalmente le autorità di vigilanza italiane riservano al piccolo risparmiatore. Un'attenzione spesso reputata eccessiva, ma che è sempre stata una garanzia per la sicurezza del sottoscrittore.

L'imminente entrata in vigore della direttiva Ucits IV (debutterà il primo luglio) rende quindi ancora più attuale il tema della tutela del risparmio perché liberalizzerà il settore dei fondi comuni in Europa, riconoscendo ai prodotti dei 27 Paesi che compongono l'Unione il fatidico passaporto europeo. Una sorta di Schengen che permetterà la libera circolazione dei fondi comuni tra i Paesi membri. Non solo. Con la direttiva, oltre ad aumentare la gamma dell'offerta a disposizione del risparmiatore, si amplierà il raggio di azione delle società di gestione. Tanto per fare un esempio, una Sgr di diritto italiano a partire dal primo luglio prossimo potrà istituire un fondo di diritto estero e una società estera potrà fare altrettanto. Liberi tutti, quindi. Ma chi controlla i confini?

A livello comunitario ci sono le stesse regole di vigilanza, anche se poi saranno le singole authority a essere più o meno stringenti nell'applicazione dei controlli. Potrebbe dunque esserci una leva di marketing in più per conquistare sottoscrittori. E se in termini di rendimento e di costi i fondi italiani non brillano rispetto a quelli stranieri, dal punto di vista della sicurezza e della trasparenza, certamente sì. Quelli italiani finora sono stati gli unici a fornire su base mensile i dati di raccolta, di patrimonio e di portafoglio (all'estero non lo fa nessuno) e nel nostro Paese non è mai accaduto che qualche sottoscrittore sia stato raggirato o sia stato travolto da scandali finanziari.

Ora che crollano i confini, però, la possibilità di scelta aumenta, ma anche i rischi di incappare in qualche fondo inaffidabile. È quindi importante che il piccolo investitore sappia cosa può fare qualora avesse bisogno di essere tutelato con l'acquisto di un prodotto estero. In estrema sintesi si può semplificare dicendo che se ci sono problemi in sede di collocamento l'autorità competente è la Consob, mentre se qualcosa non torna nella natura del fondo o della Sgr, allora il giudice al quale rivolgersi è quello del Paese di origine del prodotto finanziario. Ecco quindi che la faccenda si complica un po', ma basta saperlo. Nella pagine seguenti vengono affrontate tutte le tematiche: dal ruolo delle authority, alla documentazione fino ai casi concreti.

Per schivare qualche furbo, ci sono quattro semplici consigli da seguire prima di acquistare un fondo alla luce della nuova direttiva: in primo luogo verificare la nazionalità del prodotto e quella della società di gestione; in seconda battuta appurare la disponibilità della documentazione d'offerta in lingua italiana (con la Ucits IV non sarà più obbligatorio tradurre il prospetto informativo e i documenti del fondo estero in italiano, essendo sufficiente fornire in lingua italiana il documento con le informazioni chiave per gli investitori - Kiid che è assai sintetico); infine privilegiare quei collocatori che associno all'offerta una significativa attività di consulenza e puntare sui marchi noti di Sgr estere che già da tempo lavorano in Italia.
Al di là della Ucits IV, i fondi esteri sono comunque una realtà consolidata nel panorama del risparmio gestito italiano (tanto per avere un'idea, gestiscono quasi il 60% dell'intero settore). Una crescita resa possibile anche dalla tendenza ad aprire filiali oltrefrontiera da parte degli stessi gruppi italiani. Per tre ragioni: iter autorizzativi più rapidi per la creazione di una Sgr, fisco più leggero per le società e necessità di creare prodotti competitivi con quelli esteri a causa della differente tassazione dei fondi italiani rispetto a quelli di diritto estero (i primi tassati sul maturato, i secondi sul realizzato). Differenza che a partire dal primo luglio, però, non ci sarà più perché il decreto legge Milleproroghe, definitivamente convertito a fine febbraio, ha eliminato la disparità di trattamento, inserendo anche nel nostro ordinamento la tassazione sul realizzato. Adesso si gioca davvero tutti sullo stesso piano.

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