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La Bce decide sui fondi per salvare le banche greche. Pronto piano…

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VERTICE D’EMERGENZA

La Bce decide sui fondi per salvare le banche greche. Pronto piano anti-contagio

di Alessandro Merli
Il consiglio della Banca centrale europea riunito oggi si trova a fronteggiare contemporaneamente due problemi ugualmente spinosi: la continuazione della fornitura della liquidità di emergenza (Ela) alle banche greche e il contenimento del possibile contagio al resto dell’eurozona. Dopo che il premier greco Alexis Tsipras ha fatto saltare il banco della trattativa con i creditori internazionali annunciando un referendum, il presidente della Bce, Mario Draghi, finisce quindi per trovarsi dove voleva in ogni modo evitare di trovarsi, e cioè al centro della soluzione del caso Grecia senza che i leader politici europei abbiano preso una vera decisione.

Quello del contagio è potenzialmente il problema più imprevedibile ed esplosivo dal punto di vista sistemico e preoccupa maggiormente Francoforte. Ma la Bce ha a disposizione l’arma del Quantitative easing (Qe), avendo tra l’altro annunciato che avrebbe accelerato prima dell’estate gli acquisti di titoli pubblici dei Paesi membri. Vendite di debito dei Paesi periferici, come Italia, Spagna e Portogallo, alla riapertura dei mercati, fin da domani e nei giorni successivi, possono essere contrastate con acquisti, anche massicci, della Bce.

La continuazione dell’Ela, l’unico salvagente che ha tenuto a galla le banche greche negli ultimi mesi in assenza di altri finanziamenti e a fronte di massicce fughe dai depositi (l’Ela è aumentata dai 60 miliardi di euro dia febbraio, quando la Bce ha sospeso l’accesso ai normali finanziamenti, agli attuali 89 miliardi), diventa difficile da decretare, almeno alle attuali condizioni, dopo la fine del programma concordato fra Atene e i propri creditori. Quello attuale scade martedì 30 giugno. Il giorno in cui, inoltre, con ogni probabilità, la Grecia non rimborserà 1,6 miliardi dovuti al Fondo monetario, un elemento che non crea alcuna automaticità riguardo all’Ela, ma che aggrava i dubbi sulla tenuta del Paese e quindi delle sue banche. Per di più, le fughe dai depositi, come si è già visto ieri, rischiano di intensificarsi dopo l’annuncio di Tsipras venerdì notte e rendono impensabile che le banche greche restino aperte fino al referendum, il 5 luglio, senza alzare il tetto Ela.

La sospensione dell’Ela non è senza precedenti: è già stata applicata infatti nel caso di Cipro quando è venuto meno il programma economico. Allora si trattava però di una crisi circoscritta alle banche e soprattutto la controparte era un Governo molto più collaborativo di quello di Atene.

La liquidità di emergenza è fornita dalla Banca centrale greca, ma deve essere autorizzata dalla Bce. Negli ultimi tre giorni, il consiglio dell’istituto di Francoforte ha mantenuto invariato il tetto, nonostante resistenze fortissime all’interno del consiglio stesso sulla continuazione delle operazioni a fronte dello stallo nel negoziato fra Atene e i suoi creditori. Un aumento del tetto ora, per far fronte alle nuove fughe dai depositi, è pressoché impossibile da ipotizzare senza una perdita di credibilità della Bce in assenza di un programma. Il mantenimento del tetto attuale o la sospensione dell’Ela (che richiede una maggioranza dei due terzi) porterebbero a un identico risultato: che le banche si troverebbero a corto di liquidità nel giro di ore. Ma, se Draghi ha cercato finora di mantenersi al di fuori del gioco politico fra Atene e i Governi europei e probabilmente vorrebbe evitare di interferire con il risultato di un eventuale referendum, a questo punto può trovarsi di fronte a un percorso quasi obbligato, appunto una limitazione all’Ela, o sull’importo complessivo, o sulle condizioni (con restrizioni sullo scarto di garanzia o sul collaterale consegnabile). Nel giro di ore, potrebbe seguire l’adozione di limiti ai prelievi bancari e, forse, di controlli sui capitali. L’incontro di ieri sera con i rappresentanti greci mostra la volontà di Draghi di cercare di limitare i danni per le banche greche e per il sistema.

In teoria, per soccorrere i Paesi dell’eurozona in difficoltà, la Bce ha anche a disposizione il piano Omt, lanciato da Draghi nel 2012, dove aver dichiarato di essere disposto a fare «tutto il necessario» per salvaguardare l’integrità dell’eurozona. Il piano, finora mai applicato, prevede acquisti di titoli dei Paesi in crisi, ma richiede un accordo del Paese interessato con le autorità europee su un programma economico, proprio quello che manca a questo momento. E a questo punto, si concretizza anche un’altra possibilità che la Bce voleva evitare a ogni costo, e cioè che la Grecia non sia in grado di rimborsare all’istituto di Francoforte parte dei titoli del debito pubblico greco, che aveva acquistato, con il programma Smp, nella fase più acuta della crisi, fra il 2010 e il 2012. La prossima scadenza è il 20 luglio, quella successiva in agosto, per complessivi 6,7 miliardi di euro.

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