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Italia terzo creditore di Atene: esposta tra 40 e 65 miliardi di euro

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debiti e crediti

Italia terzo creditore di Atene: esposta tra 40 e 65 miliardi di euro

Lo Stato italiano è il terzo principale paese europeo creditore “official” della Grecia, con un’esposizione in termini di prestiti bilaterali, quota nei fondi salva-stati Efsf/Esm e nel capitale Bce che oscilla - a seconda dei calcoli - tra i 40 e i 65 miliardi ed è superata soltanto da quella di Germania e Francia.

Questo calcolo funziona però fino a quando l’esposizione verso la Grecia viene circoscritta al credito istituzionale e ripartita formalmente e tecnicamente tra gli Stati dell’Eurozona sulla base dei rispettivi Pil e popolazione.

L’Italia però diventa il paese europeo più esposto al rischio di un default della Grecia o di Grexit, quando l’esposizione viene misurata in altri termini, in base al debito pubblico e al rischio contagio: l’acuirsi della crisi greca aumenta l’avversione al rischio e fa salire i rendimenti dei titoli di Stato italiani mentre allo stesso tempo la fuga verso la qualità fa crescere i prezzi dei titoli di stato tedeschi e francesi, abbattendo il costo del servizio del debito pubblico in quei paesi.

Se la Grexit dovesse aumentare la curva dei rendimenti dei titoli di stato italiani di due punti percentuali in maniera permanente, nei primi due anni il costo del servizio del debito pubblico potrebbe salire di 10 miliardi solo per l’Italia: nessun altro paese membro dell’Eurozona finirebbe per pagare un costo così elevato. E Germania e Francia, come tutti i paesi “core” potenziali membri dell’Eurozona più forte nel caso di un’Europa a due velocità, potrebbero trarre addirittura un vantaggio dall’uscita della Grecia, forse almeno inizialmente. Ma si tratta di terra incognita, inesplorata.

L’esposizione più diretta resta dunque quella collegata agli aiuti accordati alla Grecia prima con prestiti bilaterali, poi con i fondi salva-stati, con il Securities markets programme tramite il quale agli inizi della crisi la Bce ha acquistato titoli di stato greci, e infine con la liquidità standard (34 miliardi) data alle banche greche dall’Eurosistema e la liquidità d’emergenza tramite Ela concessa dalla sola banca centrale greca.

I prestiti bilaterali erogati da Roma ad Atene nel 2010-2011 ammontano a 10 miliardi.

L’Italia vanta il terzo Pil dell’Eurozona, parametro principale assieme alla popolazione sul quale fanno perno formalmente le ripartizioni dei rischi all'interno dell’are euro. L’Italia dunque sottoscrive il capitale della Bce, tramite la Banca d'Italia, per una quota pari al 12,3%, contro il 18% della Germania e il 14,2% della Francia: se dopo un default della Grecia sui 19,8 miliardi di titoli di stato acquistati con il Smp la Bce dovesse ritrovarsi un buco in bilancio, l’Italia sarebbe chiamata a partecipare pro quota alla ricapitalizzazione della Bce.

La quota (capital key) italiana diventa il 17,7917%, pari a un versamento di 14,2 miliardi, in riferimento al capitale paid-in del meccanismo di stabilità Esm, per ora non coinvolto con il piano di aiuti alla Grecia. Stessa percentuale per calcolare la quota italiana sui prestiti erogati alla Grecia dall’Efsf, totale sceso a 130,9 miliardi dopo la restituzione di 10,9 miliardi dedicati alla ricapitalizzazione delle banche greche.

Se la Grecia o le banche greche non dovessero ripagare i loro debiti, il calcolo dell’esposizione italiana diventerebbe molto più difficile.

La banca centrale greca si prende comunque tutte le perdite eventuali sugli 89 miliardi concessi con l’Ela (l’ipotesi è che la vendita dei titoli dati a garanzia non dia proventi sufficienti per ripagare il mancato rimborso). Il passo successivo è vedere se la banca centrale stessa resta solvente (se il suo capitale può assorbire le perdite). L’eventuale ricapitalizzazione ricadrebbe sul singolo stato greco, ma se anche lo stato fosse in default, il buco greco potrebbe danneggiare tutto l’Eurosistema delle banche centrali dell’Eurozona.

Infine eventuali perdite sul bilancio Bce si ripartirebbero in proporzione alla chiave capitale e una eventuale ricapitalizzazione della Bce sarebbe in capo alle banche centrali nazionali che ne sono i proprietari/azionisti.

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