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Petrolio, l’accordo per congelare la produzione non convince i mercati: barile in ribasso

Stavolta non si tratta solo di voci. L’Arabia Saudita e la Russia hanno davvero trovato un accordo, anche se non per tagliare, ma solo per congelare la produzione di petrolio sui livelli (altissimi) di gennaio e solo con l’ormai nota condizione vincolante: ossia, che altri grandi fornitori di greggio si impegnino a fare lo stesso.

Le adesioni non mancano, ma è evidente che senza l’Iran l’intesa è priva di significato e che convincere Teheran - appena sollevata dalle sanzioni internazionali e intenta a recuperare le quote di mercato perdute - sarà tutt’altro che facile. Inoltre, anche nel caso remoto in cui tutti smettessero di aumentare la produzione, è probabile che non basterebbe a risolvere i problemi sul mercato del petrolio: secondo stime dell’Agenzia internazionale dell’energia c’è tuttora un eccesso di offerta di 2 milioni di barili al giorno e le scorte petrolifere nei Paesi Ocse hanno già superato il livello record di 3 miliardi di barili.

Il ministro saudita Ali Al Naimi ha suggerito che questo «è solo l’inizio di un processo che proseguirà nei prossimi mesi, in cui si deciderà se fare altri passi per stabilizzare il mercato» - tradotto: un taglio di produzione - ma il mercato non ha abboccato e per una volta ha regito in modo razionale. Il petrolio, che era arrivato a guadagnare quasi il 7% in mattinata, nel corso della seduta ha prima rallentato la corsa e poi invertito la rotta, per chiudere in ribasso: addirittura del 3,6% nel caso del Brent, a 32,18 $/barile, dell’1,4% nel caso del Wti (a 29,04 $).

L’intesa di ieri - finalmente non un’indiscrezione, ma una notizia annunciata con tutti i crismi dell’ufficialità - non è del tutto priva di significato: erano quindici anni che l’Opec non trovava alcuna forma di collaborazione con i produttori non Opec, salvo l’adesione a qualche blanda dichiarazione di principio. Inoltre Ryadh e Mosca hanno già trovato alleati importanti: con loro ci sono il Venezuela - che da mesi cercava di promuovere un accordo a difesa del prezzo del barile - e il Qatar, che ha ospitato a Doha i colloqui tra i ministri del Petrolio dei quattro Paesi.

Con un comunicato ufficiale anche il Kuwait, tradizionalmente schierato coi sauditi, ha dato la sua benedizione all’accordo, «purché ci sia un impegno dai principali produttori Opec e non Opec».

Alle stesse condizioni, hanno fatto sapere fonti governative, ci starebbe pure l’Iraq, che in gennaio ha spinto la sua produzione al record di 4,4 milioni di barili al giorno, dai 2,4 mbg del 2010. Addirittura Baghdad sarebbe pronta a tagliare l’output, aveva del resto affermato giorni fa il ministro del Petrolio Adel Abdul Mahdi.

Resta il problema dell’Iran, che dopo anni di sanzioni proprio questa settimana ha ripreso a esportare greggio in Europa. Il ministro Bijan Zanganeh ha ribadito ancora ieri, attraverso l’agenzia locale Shana, che Teheran «non rinuncerà alla sua quota di mercato» e che un’eventuale collaborazione a tagli o anche solo congelamenti dell’output arriverà solo quando sarà tornata ai livelli pre-sanzioni: in pratica un milione di barili al giorno in più rispetto agli attuali 2,9 mbg.

L’ennesimo, difficilissimo tentativo di mediazione sarà fatto oggi dal ministro venezuelano Eulogio Del Pino, che dopo aver rivendicato il successo delle trattative di Doha ha annunciato che si sposterà a Teheran per incontrare proprio Zanganeh e l’iracheno Mahdi.

Qualche reazione, nel frattempo, è arrivata anche dall’esterno dell’Opec. Dalla Russia, che in passato ha più volte tradito gli impegni presi con l’Opec, ha parlato il vicepremier Arkady Dvorkovich, sottolineando che per Mosca l’impegno a congelare l’output «non è stato molto difficile assumere», in quanto è prevedibile che la produzione non crescerà più dopo aver raggiunto in gennaio il record postsovietico di 10,88 mbg.

Si è invece tirato indietro l’Azerbaijan: «Non siamo un grande produttore, dunque non cambieremmo nulla tagliando o congelando l’output», ha detto alla Bloomberg il viceministro dell’Energia Natiq Abbasov. L’agenzia ha interpellato anche la Norvegia, ottenendo da un portavoce soltanto la conferma che Oslo ha «preso atto» degli accordi di ieri in Qatar.

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