Finanza & Mercati

Da Marchini a Zonin, ecco i grandi soci di Pop Vicenza che hanno visto…

  • Abbonati
  • Accedi
IL DISSESTO DELLA BANCA

Da Marchini a Zonin, ecco i grandi soci di Pop Vicenza che hanno visto volatilizzare l’investimento

Nel dissesto della Popolare di Vicenza che ha visto andare in fumo oltre 6 miliardi di valore delle azioni nell'arco di poco più di 12 mesi, le vittime sono i 118 mila soci della banca guidata per oltre 20anni da Gianni Zonin e precipitata a piombo nell'ultimo anno.

Tra quella moltitudine di soci-clienti ci sono i forti investitori, quelli che avevano in portafoglio milioni di euro in azioni della banca collassata. E non sono pochi. Basti pensare che i soci rilevanti, secondo l'atto depositato in Camera di Commercio lo scorso 9 marzo di quest'anno, sono mille con quote decrescenti.

L'ultimo dei soci rilevanti, il millesimo aveva a marzo azioni della banca per 9.791 unità per un valore quando ancora l'azione era prezzata a 62,5 euro (non più tardi del marzo del 2015 e poco prima dell'avvio del disastro) di oltre 600mila euro. Bruciati in un colpo solo.

Cattolica Assicurazioni
Il primo azionista storico e istituzionale che ha un rapporto di partecipazione incrociata con la banca veneta è la Cattolica Assicurazioni che ha tuttora in pancia lo 0,89% del capitale della banca vicentina. Quei titoli (894.674 pezzi) valevano fino a un anno fa quasi 56 milioni di euro. Oggi con il valore del collocamento a 0,1 euro valgono quasi zero. Cattolica ha già dovuto svalutare pesantemente la sua quota nel bilancio del 2015. Tra le azioni della Vicenza, di Veneto Banca e della Cassa di risparmio di San Miniato in portafoglio al gruppo assicurativo, le svalutazioni operate nell'ultimo bilancio ammontano a 114 milioni. Una buona parte sono perdite legate appunto ai titoli della Vicenza.

Silvano Ravazzolo
Ma subito dietro a Cattolica ecco spuntare il primo socio non istituzionale: è Silvano Ravazzolo, 73 anni, imprenditore dell'abbigliamento con la sua Confrav che con il fratello Giancarlo detiene complessivamente l'1,5% del capitale della banca. Quasi 1,5 milioni di titoli che valevano fino a un anno fa un tesoretto di oltre 90 milioni di euro. Ora sono carta straccia. Interpellato nelle settimane scorse dal Corriere della Sera, Ravazzolo racconta amaro che i soldi con cui ha comprato le azioni venivano in buona parte dalla stessa banca. Erano finanziamenti ad hoc per sottoscrivere gli aumenti di capitale. Sembrerebbe uno dei tanti prestiti baciati, quei crediti a tasso accattivante concessi dalla banca a fronte però di un contestuale acquisto delle azioni. Prestiti contro titoli della banca che, come hanno appurato le indagini, sono ammontati complessivamente negli anni a circa un miliardo di euro. Una pratica disinvolta, svelata dalle ispezioni della Bce, per capitalizzare la banca attraverso l'emissione di prestiti. Si vedrà se Ravazzolo è uno di questi soggetti. Nella dichiarazione al Corriere sostiene di essersi rivolto a un legale in merito alla restituzione o meno dei soldi ricevuti dalla banca per comprare le azioni.

Alfio Marchini
Subito dietro i fratelli Ravazzolo spunta la Lujan, la società controllata dal candidato sindaco di Roma Alfio Marchini che a marzo del 2016 deteneva 521mila azioni della Vicenza (lo 0,52% del capitale) per un controvalore prima del crollo di 32 milioni di euro. Un falò milionario anche in questo caso. Ma secondo quanto ricostruito dagli ispettori di Banca d'Italia e dagli investigatori, il rapporto tra Marchini e la Vicenza era molto complesso, di fatto un rapporto di scambio. Marchini ha acquistato titoli della Popolare di Vicenza per oltre 30 milioni, ma nel contempo la società maltese Futura Funds con il suo fondo Optimum gestito da Alberto Matta ha sottoscritto un bond 2013-2018 da 30 milioni emesso dalla società quotata Imvest di cui Marchini è il primo azionista possedendo via Lujan e Astrim (le sue società) il 31,6% del capitale. Ma i fondi Optimum, il braccio operativo di Futura, avevano come unico sottoscrittore - come rivelato da Il Sole24 ore - la Popolare di Vicenza. In via indiretta quindi, secondo quanto ricostruito dalle indagini, quell'acquisto del bond Imvest è stato fatto con soldi messi nei fondi Optimum dalla stessa Vicenza. Non solo ma Futura Funds era fino a metà del 2015 il primo socio di Methorios, la merchant bank romana di cui Marchini tramite Lujan possiede il 14% del capitale.

Gli altri azionisti
Altri soci di grande peso e che vedono azzerato l'investimento nella banca guidata per 4 lustri da Gianni Zonin sono la Fondazione Marchese Roi (oltre 30 milioni in fumo), la famiglia Dalla Rovere (abbigliamento)che ha complessivamente in carico tra i due fratelli Ambrogio e Giuseppe lo 0,55% del capitale (558mila azioni per un controvalore di quasi 35 milioni); René Fernando Caovilla (18 milioni di euro ora azzerati). Spiccano poi i vari membri della famiglia degli acciaieri vicentini Ameduni: Massimo, Antonella; Michele; Maurizio Gresele Ameduni posseggono insieme poco più dell'1% del capitale, circa 60 milioni di euro di valore prima del crollo. Ma nel parterre de Roi della banca veneta ecco sbucare i grandi nomi delle istituzioni finanziarie: da Generali (0,7%); alla banca nipponica Nomura (0,39%)ad Allianz (0,29%); a Banca Ifis; con quote più basse ci sono anche la Popolare di Sondrio e la banca Valsabbina. Poi i costruttori immobiliari come il romano Parnasi che ha 112mila azioni della banca, la Silvano Toti e la Maltauro. Pacchetti da poche decine di migliaia di titoli, poca cosa si dirà, per soggetti dalla spalle larghe. Ma veder bruciato in poco più di 12 mesi l'intero capitale non li ha lasciati certo indifferenti. Non mancano gli imprenditori come la famiglia Mastrotto(concerie), la Zeta di Giuseppe Zigliotto (123mila azioni) ex membro del Cda in seguito dimessosi e la Riello. E anche le Cooperative (la Coop Nord est e il Consorzio agrario) e persino la Chiesa con la Diocesi di Vicenza che ha lo 0,02% del capitale. Nella rete della Vicenza c'era di tutto come si vede.

L’ex presidente Gianni Zonin
C'era anche l'ex dominus Gianni Zonin, sua moglie Silvana Zuffellato e i parenti delle due famiglie. Intestate a Gianni Zonin direttamente risultano 51.920 azioni (3,2 milioni di euro ai valori massimi toccati dal titolo); altre 50mila azioni sono in carico a Silvano Zonin e Maria Teresa Zonin. Poi la società inglese degli Zonin, la Vineyards, ne ha per 17mila. La casa vinicola di Zonin ne ha per 21mila. Alla moglie Silvana Zuffellato figurano 53mila azioni e altre 19mila azioni sono in carico alla società Badia sempre della moglie. Sommatele e la grande famiglia del patriarca Zonin di fatto possiede oltre 200mila titoli della banca. Sembrano tanti, valevano oltre 12 milioni di euro e ora anche l'ex dominus della Vicenza dovrà fare i conti con le perdite. A ben vedere per come l'ex presidente ha magnificato in ogni occasione pubblica e fino all'ultimo le sorti della sua banca, quell'esposizione pur importante non è certo la più rilevante. Ed è certo che qualche consolazione arriva dai ricchi emolumenti che ha percepito nel corso della sua lunga carriera al vertice dell'istituto, come l'ultimo stipendio annuale percepito l'anno scorso per un milione di euro. Ma quella perdita è anche mitigata dai generosi affidamenti bancari ricevuti per le sue molteplici attività extra-bancarie. Come si può leggere nel prospetto informativo della quotazione, Zonin direttamente e indirettamente per le sue società vinicole e agricole ha ricevuto nel triennio 2013-2015 crediti dalla sua banca per oltre 60 milioni di euro. Saranno crediti sicuramente in bonis che Zonin restituirà, ma nulla si sa del tasso applicato. Sarà stato generoso? Sarebbe bello saperlo. Prima o poi.

© Riproduzione riservata