Il risultato delle urne è stato netto: gli italiani hanno bocciato la riforma costituzionale. Il «no» ha raggiunto il 59,1% dei voti. Un risultato che, da un lato, ha indotto il premier Matteo Renzi a rassegnare le dimissioni; e, dall’altro, costituisce il cosiddetto scenario di «hard no». Cioè il peggiore tra quelli previsti dagli esperti. Il Sole 24 Ore ha chiesto ad alcuni esperti quali gli effetti di un simile contesto sugli asset finanziari. E, poi, le mosse sensate per gestire i propri risparmi in un simile contesto.
Evitare l’emotività
In primis l’invito è alla calma. Cioè: non bisogna cadere nell’ errore, studiato dalla finanza comportamentale, di operare sull’onda dell’emotività. «Le carte sono sul tavolo - spiega Raffaele Zenti, analista quantitativo di Advise Only -. E, però, non si sa ancora come verranno giocate. Tradotto: bisogna monitorare attentamente gli sviluppi della crisi di Governo ed essere pronti ad agire di conseguenza». «Chi voleva posizionarsi in funzione del Referendum - fa da eco Luca Barillaro, investitore di lungo corso a Piazza Affari - doveva farlo prima del voto. Agitarsi ora ha poco senso». Lo stand-by, tuttavia, deve essere “proattivo”. Vale a dire: deve monitorarsi ciò che accade. Non solo l’evoluzione politica e la prossima riunione della Bce (8 dicembre prossimo) ma anche l’andamento dell’aumento di capitale di Mps. La ricapitalizzione ha, volenti o nolenti, un alto valore segnaletico per l’intero settore bancario italiano. Se procede bene il pressing sul comparto finanziario potrebbe mollare la presa. Diversamente la speculazione tornerebbe alla carica. Con il che gli effetti, anche sugli altri listini europei, si farebbero sentire.
La possibile evoluzione negativa non è però da tutti condivisa. - «In generale - sottolinea Paul Brain, Head of Fixed Income di Newton Investment Management -, il risultato del referendum era anticipato dai mercati. Molti investitori internazionali erano già coperti tramite posizioni short contro questo tipo di movimenti».
Euro: sale la probabilità della parità con il dollaro
La moneta unica, dopo la pubblicazione dei risultati del Referendum, è un po’ scesa: ha toccato il minimo di 1,0509 ma poi è risalita. In generale la reazione è fin qui composta. Tuttavia gli esperti sottolineano un aspetto: per capire cosa realmente può accadere nel breve periodo bisogna aspettare il primo pomeriggio. Solamente quando ci saranno i mercati statunitensi aperti si potranno vedere i veri effetti della votazione italiana. In quel momento, infatti, arrivano gli ordini degli operatori statunitensi. I quali potrebbero spingere all’ingiù l’euro. Al di là della reazione di brevissimo periodo quali invece le prospettive più sul medio? «Qui - risponde Barillaro - le probabilità di vedere la parità con il biglietto verde sono aumentate». A ben vedere la dinamica dovrebbe essere già la conseguenza del differenziale di crescita e inflazione tra Europa e Stati Uniti. Tuttavia, l’incertezza che scaturisce dalle dimissioni di Renzi può accelerare l’evento. «È probabile che, anche per limitare l’impatto del voto sui titoli di Stato, la Bce ampli il Qe. Un evento che giocoforza ha un effetto deflattivo sulla moneta».
L’azionario: le società che esportano negli Usa
Lo scenario che si concretizzato è quello definito «Hard no» da Lyxor. Per la casa d’investimenti questo dovrebbe portare, nel medio periodo, ad un calo dei corsi azionari a Piazza Affari di circa il 10%. In particolare, i titoli bancari dovrebbero essere quelli che soffrono di più. Si tratta, a fronte della composta reazione di oggi da parte dei listini, di una previsione troppo pessimista? Lo si vedrà nei prossimi giorni. Ciò detto alcune considerazioni, rispetto ai diversi settori azionari, possono realizzarsi. «La prima regola -indica Guglielmo Manetti, vice presidente di Intermonte Advisory- è quella di agire con molta cautela e sempre diversificando tra le asset class. Al di là di ciò può esserci un’occasione per esporsi all’azionario europeo. In particolare sui settori esportatori verso gli Stati Uniti. In questo modo si può beneficiare dell’effetto mini-euro». Attenzione, invece, rispetto ai finanziari. È vero che i titoli bancari, soprattutto quelli italiani (il loro rapporto tra prezzo e patrimonio netto è sotto 0,4), quotano ad un valore slegato dai fondamentali. E, però, il mercato ha sempre “ragione”. Cioè: è rischioso sperare di comprare perchè si pensa che più in “giù i titoli non possano andare”.
Titoli di Stato: l’ombrello della Bce
Su questo fronte i sorvegliati speciali sono, ovviamente, i titoli di Stato italiani e, più in generale, dei Paesi periferici dell’Europa. Certo: è ben aperto l’ombrello protettivo della Bce. Tanto che oggi il differenziale “tiene”. E, tuttavia, gli esperti ne ipotizzano l’allargamento. Diversi operatori indicano che lo Spread potrebbe vedere il livello di 200 basis point. In generale, scrive UniCredit, «la pressione in vendita è probabile aumenti. Si tratta di una dinamica che dipende in larga parte» dal corso degli eventi e da come andranno le consultazione per la creazione di un nuovo Governo. «Lo scenario centrale - aggiunge UniCredit - rimane comunque quello che vede l’assegnazione dell’incarico ad un Esecutivo tecnico senza elezioni anticipate» . Al di là di ciò, in questa fase - è l’indicazione di diversi esperti -, per chi non è esposto a questa tipologia di asset il consiglio è rebus sic stantibus di non prendere posizione.
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