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Mediaset, Vivendi è al 25,7%. Dal cda esposto…

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Mediaset, Vivendi è al 25,7%. Dal cda esposto all’Agcom

Il Natale di Piazza Affari trova sotto l’albero Mediaset: la Borsa sente odore di scalate, di battaglie come non se ne vedevano a tempo a suon di Opa e contro-Opa. Silvio Berlusconi messo all’angolo da Vincent Bolloré, il finanziere francese sempre più padrone dell’Italia (da Mediobanca, e quindi Generali, fino a Telecom Italia), che ieri ha arrotondato ancora: ha comprato un altro 5,7% e ora Vivendi è al 25,7% della principale televisione commerciale italiana (e al 26,7% dei diritti di voto).

Il titolo in borsa

Continua l’escalation dei francesi. La strategia della tensione: l’incessante stillicidio di acquisti mette sempre più pressione alla famiglia Berlusconi e stringe d’assedio l’ex premier che mai avrebbe immaginato un assalto al cuore del suo impero. Lui sfoggia tranquillità: «Vuole che alla mia età ci sia qualcosa che ancora mi preoccupi?» ha commentato ieri mentre era al Quirinale. E ora si trova costretto a dover mettere in piedi una frettolosa barricata a difesa della sua creatura. Musica per le orecchie di Piazza Affari: con un volo del 23,33%, un altro record dopo il balzo del 30% di 10 giorni fa, il colosso della tv italiana è risalito sopra la soglia dei 4 euro per azione (4,44% per precisione), un livello che non vedeva da novembre 2015: un anno fa.

Ma nel momento stesso in cui la speculazione, scommette su una scalata, la speculazione medesima smentisce questo scenario. Dopo la volata di ieri il prezzo per un take over è diventato troppo alto: a fine novembre Mediaset capitalizzava poco più di 2 miliardi; alla chiusura di ieri sera il valore era risalito a 5 miliardi. Ieri, tuttavia, a comprare è stata la stessa Vivendi che negli ultimi 10 giorni ha compiuto un vero e proprio raid sull’azienda. Comparso sulla scena a inizio dicembre, il gigante francese dei media ha costruito in poco più di una settimana una posizione di forza: detiene il 25% e vuole salire al 30%, a un soffio dalla soglia dell’Opa.

Ancora una volta gli scambi sono stati imponenti: è passato di mano il 10,2% del capitale sociale. Un altro 10% era passato di mano la settimana scorsa, quando Vivendi aveva fatto capolino nel capitale del Biscione. I trader sospettano che Bollorè abbia già in tasca il 30%, considerando il modus operandi dei francesi: a ogni annuncio ha fatto seguito l’acquisto di quote. E si interrogano se il finanziere bretone alla fine lancerà un’Opa sull’intero capitale. Del resto, come ha sottolineato nei giorni scorsi il ceo di Vivendi Arnaud de Puyfontaine, il gruppo francese ha i mezzi (2 miliardi di liquidità) per sferrare l’attacco finale a Mediaset. Anche senza Opa, Bollorè in ogni caso avrebbe in mano una minoranza di blocco, in grado di congelare Berlusconi su qualsiasi operazione straordinaria del Biscione.

Per ora le contromosse di Berlusconi sono limitate: la cassaforte Fininvest, che controlla tutto l’impero, ha le mani legate e non può blindare Mediaset comprando azioni: avendo raggiunto il 38,3% del capitale, non può arrotondare la propria quota senza incappare, anch’essa, nell’obbligo del lancio di un’Opa.
Bloccato sul fronte del capitale, il gruppo Berlusconi sta scatenando tutti i contrattacchi possibili sul fronte legale: dopo che la capogruppo Fininvest ha presentato una denuncia penale alla Procura di Milano e un’altra alla Consob, per chiedere il congelamento dei diritti di voto, ieri è stata la volta di Mediaset. PierSilvio Berlusconi ha fatto partire un esposto all’Agcom in cui si segnala all’Autorità «l’illegittimità della condotta di Vivendi, in violazione della disciplina di settore e, in particolare, dell’articolo 43, comma 11, del Tusmar». I francesi sono l’azionista di riferimento di Telecom Italia e, con il 25% di Mediaset, potrebbe costiture un ostacolo. Non solo: sarebbe una «violazione della legge Gasparri, per via del collegamento incrociato con Telecom» .

Con l’attacco ostile di Vivendi scatenato su Mediaset da parte di Vivendi, i manager del gruppo italiano lamentano inoltre che «si configura un rischio di paralisi delle attività di sviluppo industriale di Mediaset». Questo sarebbe l’effetto della partecipazione incrociata di Vivendi in Telecom e Mediaset, sopra il 10%. Il pacchetto comprato da Bollorè esula dagli accordi presi tra italiani e francesi, la scorsa primavera, quando Bollorè e Berlusconi avrebbero dovuto celebrare le nozze tra la traballante pay-tv Mediaset Premium e l’altrettanto traballante Tele+. Ma quell’accordo è saltato e in ogni caso non autorizzava i francesi a comprare.

Mediaset «contesta la fuorviante rappresentazione di Vivendi secondo cui il contratto dell’8 aprile prevede un acquisto da parte di Vivendi di una partecipazione nel capitale sociale di Mediaset. Il contratto, in realtà, prevede soltanto uno scambio concordato, bilanciato e paritario di partecipazioni di stretta minoranza (3,5% di Mediaset in Vivendi e viceversa), scambio funzionale unicamente alla realizzazione della partnership industriale stabilita nel contratto». A questo punto, però, la strategia sul contenzioso è destinata a cambiare: Mediaset non chiederebbe più il rispetto del contratto ai francesi, ma passerebbe subito alla richiesta danni quantificati in 1,5 miliardi.

Sulla contesa di mercato invece l’asso nella manica degli italiani potrebbe essere il flottante: dopo l’affondo di Vivendi, ne rimane in Borsa circa il 35%, un pacchetto tale da essere decisivo nello scontro. «Molti nostri soci vogliono difendere il principio di italianità del primo gruppo di comunicazioni italiano: per questo motivo sono abbastanza sereno» ha chiosato Berlusconi.

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