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Telecom, Elliott chiede la revoca di 6 consiglieri in quota Vivendi

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De Puyfontaine pronto a discutere un nuovo piano

Telecom, Elliott chiede la revoca di 6 consiglieri in quota Vivendi

Il fondo Elliott dovrebbe comunicare oggi alla Consob il superamento nel capitale di Telecom almeno della prima soglia informativa del 3%. Ma il 2,5% necessario per poter chiedere l’integrazione dell’ordine del giorno all’assemblea del 24 aprile era già in suo possesso. Questa prerogativa sarebbe stata esercitata già ieri per la revoca dei sei consiglieri più vicini a Vivendi. Non solo dei cinque - sui 15 componenti del board - che non hanno il requisito di indipendenza, ma anche la revoca di Félicité Herzog la cui indipendenza è stata messa in dubbio da un pregresso rapporto di consulenza col gruppo Bollorè (che ha il controllo di fatto di Vivendi con quasi il 30% dei diritti di voto), sebbene il requisito sia stato riasseverato, per tutti e dieci gli amministratori indipendenti, nel consiglio Telecom dello scorso 6 marzo.

LA REDDITIVITÀ DI TIM
Dettaglio dell'Ebitda e dell'incidenza % del margine sui ricavi, ripartiti per settore operativo. Dati in milioni di euro e peso in percentuale (Fonte: Tim)

Fino alla tarda serata di ieri, comunque, non era stata pubblicata sul sito della società la richiesta di integrazione dei punti da discutere in assemblea, e non è stato quindi possibile verificare se il fondo attivista di Paul Singer abbia comunicato i nomi dei candidati per la sostituzione degli amministratori di cui chiede la revoca. E che, appunto, dovrebbero essere il presidente Arnaud de Puyfontaine (che è anche ceo di Vivendi), l’ad Amos Genish, il vice-presidente Giuseppe Recchi, e gli altri due manager di Vivendi - il cfo Hervé Phlippe e il capo del legale Frédéric Crepin - che siedono tra i cinque non indipendenti del board. Alla definizione della lista, a quanto risulta, si stava lavorando ancora nella tarda serata di ieri.

Il colpo di scena, nel frattempo, è arrivato da Parigi. De Puyfontaine, ha riferito il portavoce ufficiale di Vivendi, sarebbe disponibile a sospendere le sue deleghe esecutive in Telecom (al presidente rispondono comunicazione, public affairs e la segreteria del board) almeno nel prossimo periodo di dibattito sulle strategie del gruppo, secondo quanto riferisce la Reuters. Vivendi, aggiunge il portavoce, «sostiene il piano industriale dell’ad Amos Genish, finalizzato a creare valore nel medio e lungo periodo», ma è disposta «se necessario, a valutare strategie alternative che portino a un rialzo del prezzo delle azioni nel breve termine». Anche il gruppo che fa capo a Vincent Bolloré - è il messaggio che viene trasmesso - è insoddisfatto dell’andamento del titolo, visto che la partecipazione del 23,94% è in carico al valore unitario di 1,07 euro per azione. Sibillina l’ultima considerazione riferita dal portavoce secondo la quale Elliott «è conosciuto per il suo approccio finanziario focalizzato sul breve termine che, in questo caso, porterebbe molto probabilmente allo smantellamento di Tim».

Da parte sua, Genish sta cercando - secondo quanto filtra dal road-show per la presentazione del piano - di assicurarsi l’appoggio dei fondi per evitare la revoca. Conta possibile visto che, se non si andrà ai supplementari con la decadenza del consiglio, il 24 aprile la revoca sarà votata nome per nome direttamente dall’assemblea senza passare dal meccanismo del voto di lista. Su Genish sarebbe piovuta però la tegola del breve interim come chief infrastructures officer, che sovrintende Sparkle, asset dichiarato strategico ai fini di sicurezza e difesa nazionale dal primo decreto governativo di esercizio del golden power, cosa che gli sarebbe stata formalmente contestata.

Intanto si è mossa anche l’Agcom con due provvedimenti emessi il primo marzo, ma pubblicati solo ieri su sito dell’Authority. Il primo è una diffida a Tim (e agli altri operatori, si veda altro articolo a pagina 15) perchè elimini «gli effetti dell’illegittima anticipazione della decorrenza delle fatture», con riferimento alla “bolletta a 28 giorni” per la telefonia mobile, imponendo in sostanza una forma di compensazione per i clienti retail che potrebbe costare all’azienda qualcosa come 200 milioni. Il secondo provvedimento è un’«ingiunzione» per il «mancato raggiungimento degli obiettivi di qualità del servizio universale per l’anno 2016». In questo caso è più pesante il segnale della sanzione, limitata a 58mila euro. Nessun commento a riguardo da parte della società, contattata via mail.

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