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Questo articolo è stato pubblicato il 06 febbraio 2013 alle ore 06:43.

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La ricerca scientifica e tecnologica è l'obiettivo primario. Ma subito dopo viene la volontà di applicare invenzioni e brevetti all'industria. Puntando anche sulla creazione di start-up. Caratteristiche che rendono l'Iit, l'Istituto italiano di tecnologia di Genova, un centro di particolare interesse nel campo del technology transfer. A sottolinearlo è Roberto Cingolani, direttore scientifico della struttura. «Ciò che noi facciamo – afferma – può essere uno dei volani di un distretto industriale. Del resto, l'istituto dipende dal Mef (ministero dell'Economia e finanza, ndr) e non dal Miur (Istruzione, università e ricerca, ndr). Non è un caso: il motivo è che deve guardare molto al sistema produttivo. Nel ventunesimo secolo, peraltro, non è pensabile fare ricerca tecnologica senza avere un occhio di riguardo a quello che ci si può fare dopo».

Istituito da Mef e Miur e operativo dalla fine del 2005, l'Iit è una fondazione che ha sede a Genova (a Morego) e conta su una rete nazionale di dieci centri creati in sinergia con istituzioni scientifiche e accademiche del Paese, a Torino, Milano, Trento, Parma, Roma, Pisa, Napoli, Lecce. Complessivamente Nell'Iit lavorano 1.140 persone, provenienti da 38 Paesi di quasi tutti i continenti, con un'età media di 34 anni. Il 41% dei ricercatori proviene dall'estero: per il 24% sono stranieri e per il 17% italiani rientrati. Gli studenti di dottorato in formazione nei laboratori di Iit sono circa 300. La produzione dell'istituto vanta quasi 3mila pubblicazioni e 104 invenzioni da cui scaturiscono 169 brevetti. Nella sede di Genova, in particolare, collaborano dipartimenti di robotica (all'interno dei quali è stato realizzato, tra l'altro, il robot umanoide iCub), dipartimenti orientati alle scienze della vita e facility di nanochimica, nanofisica e nanostrutture. Il piano scientifico, varato per il periodo 2012-2014, disegna un percorso di sviluppo degli studi che va dalla chimica, con la quale si costruiscono materiali nuovi, per salire fino ad organismi complessi e umani. Secondo il principio che ciascuna entità prototipo, dall'anticorpo all'uomo, ha un suo equivalente artificiale, che viene sintetizzato o assemblato grazie alla sinergia di differenti tecnologie.

«Perché un centro come il nostro diventi un volano importante – prosegue Cingolani – ci vogliono anni. Il Mit (Massachusetts institute of technology) lo è diventato per percentuale di Pil importante, ma è lì da ben 150 anni. È anche vero, però, che, quando il meccanismo si innesta, poi la crescita avviene con una curva esponenziale. In ogni caso, dal momento in cui tu hai uno scienziato che sviluppa un'idea interessante, per arrivare alla sua pubblicazione passano circa 24 mesi. Poi ci vogliono altri 12 mesi perché venga presa in considerazione. E anche per i brevetti si ragiona in termini di anni. Noi siamo partiti nel 2005 ma è dal 2009 che stiamo marciando a pieno regime. Quella che abbiamo oggi è la first generation dei risultati, che oggettivamente sono molto buoni, visto che contiamo 169 brevetti».

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