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Il sequestro del Centro Olio in Basilicata, mette a rischio il futuro della…

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petrolio e appalti

Il sequestro del Centro Olio in Basilicata mette a rischio il futuro della raffineria di Taranto

Il sequestro, da parte della Magistratura, del Centro Olio di Viggiano, in Basilicata, potrebbe avere un impatto sulle attività della raffineria Eni di Taranto. Il 60% del greggio lavorato a Taranto proviene infatti dalla Val D’Agri attraverso l’oleodotto Monte Alpi. Si tratta di circa 80mila barili al giorno. Un flusso che si è interrotto da quando il Centro Olio è stato sequestrato.

Per il momento la raffineria non ha registrato particolari contraccolpi sia perché sta sfruttando le riserve, sia perché, spiegano i sindacalisti dei lavoratori chimici, ci sono comunque fasi di lavorazione nelle quali l’impianto di Taranto non viene alimentato dall’oleodotto ma è in marcia egualmente. A quanto pare, se il sequestro dovesse protrarsi, l’Eni avrebbe già individuato la soluzione per mandare avanti la raffineria pugliese: sostituire la quota di Viggiano con greggio di altra provenienza, aumentando così l’approvvigionamento esterno.

Con circa 450 dipendenti diretti, un indotto significativo tra imprese e autotrasportatori e una lavorazione che, dati 2014, è stata pari a 2,91 milioni di tonnellate, la raffineria di Taranto produce carburanti, gasolio e benzina, sia per l’automotive che per il riscaldamento, rifornendo un’area del Mezzogiorno molto ampia: parte di Campania, Puglia, Basilicata e Calabria. Quando lo stabilimento non ha potuto assicurare i normali rifornimenti di prodotto finito a causa dello sciopero del personale o per il blocco dei trasportatori, le conseguenze si sono subito avvertite e si è dovuti ricorrere a piani di emergenza. Questo per dire quanto l’Eni di Taranto assolva ad un ruolo importante. Ruolo destinato a crescere con la logistica di Tempa Rossa.

La raffineria di Taranto ha infatti messo a disposizione della joint Total, Shell e Mitsui le proprie aree per costruire due serbatoi di stoccaggio ed ampliare il pontile petroli, ma quest’investimento da 300 milioni, 24 mesi di lavori e una ricaduta di cantiere di 50 imprese e 300 occupati, non è mai partito. Sebbene il progetto abbia ottenuto diverse autorizzazioni negli anni e il Comune di Taranto abbia anche perso il giudizio davanti al Tar di Lecce, Comune e Regione Puglia mantengono la loro posizione contraria in quanto temono conseguenze ambientali. Né è valso il chiarimento dato da Total sin da metà 2014, ovvero che non vi sarà nessun incremento delle emissioni della raffineria rispetto ad oggi. E ora i sindacati temono che lo stallo di Tempa Rossa possa danneggiare le prospettive della stessa raffineria.

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