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Antidumping, imprese europee contro la riforma di Bruxelles

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Antidumping, imprese europee contro la riforma di Bruxelles

(Marka)
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Insufficiente e pericolosa». Perchè non spiega su quali basi giuridiche si potranno costruire i dazi “di domani”, lega il dumping a «significative distorsioni di mercato» (quel che è significativo per uno può non esserlo per un altro). E soprattutto ribalta l’onere della prova dai produttori cinesi all’industria Ue. Così Aegis Europe (la “voce” che raggruppa 28 associazioni manifatturiere europee – dall’acciaio alla carta, dalla ceramica alle calzature – per un fatturato di oltre 500 miliardi di euro), mette in fila tutto quello che – ritiene – non funzioni nella proposta di Bruxelles sulla nuova metodologia antidumping.

E ieri a Milano, assieme a Federacciai, Associazione europea della ceramica, Centroal, Assocalzaturifici e Produttori di biciclette, ha chiesto modifiche prtofonde e sostanziali.

Un tentativo di modernizzazione che si accavalla all’esigenza politica di quella parte della Ue che non vuole ostacolare l’entrata della Cina nel Wto il prossimo 11 dicembre (dopo 15 anni di transizione, nonostante non soddisfi ancora i criteri di un’economia di mercato). E che riflette la dicotomia europea tra Paesi manifatturieri che il dumping sleale lo subiscono e gli importatori che i container “Made in China” li sdoganano nei porti dell’Atlantico.

Nella proposta della Commissione, infatti, non vi è alcun riferimento esplicito al protocollo di adesione della Cina al Wto. Non sono più vincolanti i 5 criteri (gli Usa se ne sono dati 6) utilizzati per definire un’economia di mercato. Ma soprattutto, si equipara in linea di principio la Cina a qualsiasi altro partner internazionale, salvo dimostrare l’esistenza di “significative distorsioni di mercato”.

Ma farlo, potrebbe essere più lungo e oneroso. «E senza basi giuridiche certe e dossier inappuntabili – spiega Matteo Scarparo (Assocalzaturifici)– il rischio è che la Cina intraprenda contenziosi al Wto e li vinca, facendoci a pezzi ». «A rischio – gli fa eco Mauro Cibaldi (produttori di alluminio) – solo nel mio settore sono 400mila posti di lavoro».

Le importazioni nella Ue di piastrelle dalla Cina
Importazioni in Unione Europea di piastrelle di ceramica cinesi. In mln di mq e var. % sull'anno precedente. (*) Variazione % su I trimestre 2015 (Fonte: Eurostat)

Attualmente, in circostanze normali, il dazio viene calcolato mettendo a confronto il prezzo di esportazione con il prezzo di produzione o il prezzo di vendita nel Paese esportatore (o in uno “analogo”). In futuro, il calcolo del dumping dovrebbe essere costruito sulla base di un “paniere” di prezzi e costi di produzione elaborati a livello mondiale. Ma su quali e quanti criteri, quanto peseranno e come saranno elaborati c’è opacità. La “bussola” dovrebbe essere un report della Commissione (presumibilmente un atto non legislativo)che lascia a Bruxelles totale discrezionalità.

Ma tra gli aspetti più scottanti – per Aegis – c’è l’inversione dell’onere della prova. Che fino ad oggi (e anche in futuro secondo il protocollo di adesione della Cina al Wto) era a carico dei produttori cinesi, mentre – secondo la proposta della Commissione – passa in capo all’industria Ue che, nella fase di denuncia, dovrà provare l’esistenza di distorsioni facendo riferimento a una serie di elementi internazionali difficile da provare.

«Oggi – spiega Moreno Fioravanti, dei produttori Ue di biciclette – è facile. Una bici in Cina franco fabbrica costa la metà di una fatta in Bangladesh. Basta farsi fare preventivi. Bastano settimane. Domani reperire dati per provare sovvenzioni statali ricevute, triangolazioni con Paesi terzi potrebbe richiedere mesi o anni».

E ancora, i dazi anti-subsidy. «È molto difficile – ha detto Andrea Ligabue (Ceramica)– provare che uno Stato rimborsa interamente, acqua, energia, spese in ricerca alle proprie imprese».

«Il Parlamento europeo – ha concluso l’europarlamentare Alessia Mosca, membro della Commissione commercio internazionale – sta facendo una battaglia forte, lamentando che ci sono stati 15 anni di tempo per riflettere mentre ora la Commisione arriva a ridosso della scadenza dell’adesione della Cina. Lavoreremo affinchè non ci sia un indebolimento del sistema di tutela». «Non vogliamo nè protezionismo nè muri – ha concluso Flavio Bregant, direttore generale di Fedseracciai – ma un’equa competizione.

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