Sorrisi e sciabolate. Non c’è solo il braccio di ferro sul deficit. Anche il riordino delle misure di difesa commerciale – come i dazi antidumping, il “made in China” sleale e sottocosto – e lo status di “economia di mercato” alla Cina dividono Roma e Bruxelles. Con l’Italia che dice no e chiede maglie più strette e l’Europa che cerca di mediare tra le sue due anime, quella dei Paesi importatori e quella dei produttori.
Ieri a Milano per un convegno su globalizzazione e politica commerciale, il commissario Ue al Commercio internazionale, Cecilia Malmström ha respinto ogni critica: «La riforma antidumping che abbiamo resa nota la settimana scorsa – ha affermato – è un buon compromesso e per la Commissione Ue non ci sono margini di modifica».
La Cina, ha precisato Malmström, «non è un’economia di mercato, non lo sarà domani e non lo sarà neppure entro la fine dell’anno. Le misure antidumping in vigore sono già oltre 40 e ci tutelano. Noi vogliamo riformarle per renderle più moderne ed efficaci, abbiamo ampliato i criteri per arrivare a dazi più “severi”. Ora tocca a Consiglio e Parlamento Ue. Per la Commissione Ue il testo è quello diffuso».
Ma sul punto, il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, nel dialogo con Malmström, ha espresso la totale bocciatura dell’Italia. «La proposta della Commissione sull’antidumping, così come è, – ha sottolineato Calenda – è inaccettabile, debole e complessa. I presupposti giuridici sono contestabili e i cinesi possono facilmente portarci davanti al Wto. Faremo battaglia in Consiglio Ue e in Parlamento Ue – ha concluso Calenda – perchè non passi così come siamo nettamente contrari al riconoscimento de facto dello status di economia di mercato alla Cina quando soddisfa forse solo 1 dei 5 criteri che la stessa Ue si era data».
“«La proposta della Commissione sull’antidumping Calenda è inaccettabile, debole e complessa. I presupposti giuridici sono contestabili ”
Carlo Calenda, ministro allo Sviluppo Economico
Tutto il comparto manifatturiero europeo (non solo italiano) è a dir poco scettico. Perché, per evitare di rifiutare lo status di “economia di mercato” alla Cina, rispettando però gli “obblighi legali” presi in sede di Wto nel 2001, l’Esecutivo Ue ha aggirato il problema. Ha proposto di eliminare del tutto la “black list” dei Paesi che non sono economie di mercato e ha promesso di rafforzare – per tutti e senza discriminazioni – i dazi anti-dumping, che avranno regole diverse per settore e che terranno conto anche dei prezzi internazionali e delle eventuali sovvenzioni indebite dietro a certi “prezzi stracciati”. Per i produttori, tutto ciò, nella pratica, diventerà più costoso, lungo e farraginoso. I sussidi, ad esempio, sono molto difficili da dimostrare. Oltre al fatto che “l’onere della prova” passa dai produttori cinesi in capo a quelli europei.
Ma non si è parlato solo di “politiche difensive” ieri. La grande incognita è come si muoverà ora il principale partner commerciale della Ue, cioè gli Stati Uniti. «Sui rapporti commerciali bisogna vedere cosa farà Trump – ha detto Malmström –. Ha detto diverse cose non positive sul commercio internazionale, ma sul Ttip (il trattato Usa-Ue in corso di diofficilissima negoziazione, ndr) non si è mai pronunciato».
Tuttavia, se ora il Ttip può dirsi «congelato», secondo Malmström resta fattibile sul medio periodo: «Penso sia una buona idea facilitare il commercio tra due delle più grandi economie mondiali. Richiederà il suo tempo. Non sappiamo ancora quanto».
«Gli scenari su Trump non si sanno – ha aggiunto Calenda – . Nel suo team ci sono personalità favorevoli al commercio internazionale». Il ministro ha poi definito «senza senso» l’ipotesi di rifiutare i negoziati con gli Stati Uniti, un partner che vale, solo per l’Italia, quasi 40 miliardi di export. Il Ttip – ha precisato Calenda – va negoziato e concluso quando ci sono le condizioni, ma non sedersi neppure a trattare è assurdo. Gli Usa, da soli, valgono 3 volte tanto quanto valeva il rapporto con la Russia prima delle sanzioni».
Infine, al netto delle schermaglie sul “prosecco”, Calenda ha rimarcato «la necessità che il Regno Unito avvii le procedure per uscire dalla Ue, anche per non continuare a tenere i parnter Ue in un impasse e in un quadro di inc ertezza». Mentre il commissario Malmström ha glissato diplomaticamente: «Restiamo in attesa che Londra faccia il primo passo».
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