Economia

Dossier I distretti spingono la Toscana

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    Dossier | N. 13 articoliIl barometro dell’economia

    I distretti spingono la Toscana

    La Toscana? È come una macchina che ha ridotto la cilindrata ma che deve trasportare lo stesso numero di persone. L’unico modo per riprendere la marcia, e riavviare una fase di sviluppo che generi occupazione, è spingere gli investimenti». Sull’analisi di Stefano Casini Benvenuti, direttore dell’Irpet (Istituto regionale di programmazione economica), in Toscana ormai concordano tutti, dalle istituzioni alle aziende ai sindacati.

    Il problema, semmai, è come riuscire a centrare un obiettivo che, anno dopo anno, si presenta sempre più difficile (anche) per la scarsità di risorse pubbliche e per la complessità (e durata) delle procedure, che stanno bloccando investimenti strategici come la stazione fiorentina dell’Alta velocità, l’autostrada Tirrenica, l’ampliamento del porto di Livorno, la nuova pista dell’aeroporto di Firenze o il termovalorizzatore della piana fiorentina. Non va meglio sul fronte privato, con il 60% del campione di imprese industriali toscane con oltre 20 addetti intervistate da Bankitalia Firenze che risponde di prevedere investimenti “stabili”, senza alcuna accelerazione.

    La fotografia di una regione frenata - che potrebbe camminare a una velocità superiore ma non ci riesce per ostacoli e vischiosità “interni” oltre che per le (tante) incertezze dello scenario internazionale - è dunque destinata ad accompagnare la Toscana anche nel 2017.

    La crescita del Pil, dicono le stime, proseguirà su livelli moderati, vicini a quelli italiani: +1% la previsione Irpet, +0,7% quella di Ires-Cgil Toscana. Si tratterà, dunque, di un consolidamento del risultato 2016 (che dovrebbe chiudersi intorno a +0,9/+1% secondo Irpet, +0,7% secondo Ires-Cgil), che allontana definitivamente le nubi più nere, ma non rasserena del tutto l’orizzonte economico. Anche perché nel 2016 si è cominciata a sentire la frenata dell’export, unico motore di traino e di attenuazione della caduta nella lunga fase di crisi (tra il 2008 e il 2015 la Toscana ha incrementato le vendite all’estero in valore del 25%, arrivando a 33 miliardi di euro): il terzo trimestre si è chiuso con esportazioni in calo dello 0,5%, penalizzate dai Paesi extraeuropei (-2,6%). «L’impressione è che la Toscana sia andata un po’ meglio della media italiana negli anni passati, ma che ora sia rientrata nel gruppone con le altre regioni», spiega Guglielmo Barone, responsabile dell’ufficio studi di Bankitalia Firenze.

    Il sistema industriale toscano può ancora contare sulle buone performance di distretti come quello lucchese della carta, quello fiorentino della pelletteria di lusso, quello del marmo di Carrara, e di settori in salute come la (fondamentale) meccanica, la farmaceutica, l’agroalimentare. Ma ora ha bisogno di un salto sul fronte dell’innovazione, che la Regione promette di favorire: «La Toscana non è certo indietro nell’attivazione dei bandi europei - spiega l’assessore alle Attività produttive, Stefano Ciuoffo - ma nei prossimi mesi vogliamo accelerare l’utilizzo delle risorse mirate su Industria 4.0 e sull’innovazione. Dobbiamo spingere la ripresa puntando a essere efficienti e utilizzando al meglio le minori risorse che abbiamo».

    In effetti l’approvazione, prima di Natale, del bilancio regionale 2017, condizionato da 210 milioni di tagli statali, ha messo in mostra tutte le difficoltà nel pianificare politiche di sostegno all’economia, amplificate dal ritardo nel varo del Piano regionale di sviluppo (Prs), destinato a tracciare la rotta della legislatura che si chiude nel 2020 attraverso la definizione di azioni e risorse.

    «Il vero nodo della Toscana è quello delle infrastrutture - aggiunge Ciuoffo - perché le infrastrutture sono un volano dell’economia che produce elementi virtuosi. Da questo punto di vista nel 2017 dovrebbero concludersi i lavori della seconda linea tranviaria di Firenze e dovrebbero partire i lavori della terza corsia della A11 tra Pistoia e Firenze. Se a questo aggiungiamo i segnali di ripartenza dell’export verso la Russia, i vantaggi che arrivano dalla svalutazione dell’euro e le aspettative di ulteriori buoni risultati sul turismo, che confermano l’attrattività della Toscana, possiamo farcela a ripartire». Anche se poi, aggiunge l’assessore, «è chiaro che per decollare servono anche buoni mercati e buoni governi».

    Resta il problema delle diverse velocità dei territori, con Firenze e l’area metropolitana che marciano, il sud della Toscana che cammina e la costa che arranca, minata dalla crisi di Livorno, Piombino e Massa Carrara ancora alle prese con la “burocrazia” finalizzata al rilancio economico e con l’incertezza di alcuni progetti come quello Aferpi-ex Lucchini; così come resta il problema delle diverse velocità delle aziende, con la forbice sempre più ampia tra chi va male e chi va bene. «Il processo di selezione è ancora in corso - spiega Fabio Giovagnoli, presidente di Ires Toscana - e porterà a un cambiamento strutturale dell’apparato produttivo toscano. Abbiamo aziende più solide, ma altre sono già uscite dal mercato anche se in alcuni casi avevano marchi affermati su cui contare». Dalla Teseco di Pisa alla Braccialini di Scandicci alla Cantarelli di Arezzo (tutte e tre all’asta), fino ai trasferimenti annunciati di buona parte dei dipendenti Ericsson di Pisa, dell’intero centro direzionale Unahotels (70 persone) di Calenzano, della sede storica di Emilio Pucci a Firenze, la Toscana sta perdendo pezzi pregiati del sistema produttivo.

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