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Dossier La Lombardia cresce ma a fatica

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    Dossier | N. 13 articoliIl barometro dell’economia

    La Lombardia cresce ma a fatica

    (Olycom)
    (Olycom)

    Novantanove virgola tre. La performance della produzione lombarda rispetto alla media nazionale è decisamente superiore, oltre 15 punti al di sopra dell’output italiano. Eppure, anche se per una manciata di decimali, il gap rispetto al 2005 ancora non si è chiuso. Per quanto la regione rappresenti l’area più dinamica del Paese, con una crescita del Pil stimata all’1% nel 2016 (stime Prometeia), miglior risultato insieme all’Emilia Romagna, il passo di crescita è ancora insufficiente per poter avvicinare le aree più dinamiche d’Europa, termine di paragone più naturale.

    Ponendo a 100 il dato del 2005 la Germania si trova infatti a quota 117, l’intera zona euro a 103. La regione fatica ancora a distaccarsi dai trend nazionali, pagando dazio ad una situazione non brillante oltreconfine e a una domanda interna ancora caratterizzata da variazioni positive troppo blande. Nella media dei primi tre trimestri dell’anno la produzione industriale avanza dell’1,3%, non troppo distante dalla media nazionale, con un preoccupante rallentamento di tutte le principali variabili proprio nel periodo più recente.

    L’INDUSTRIA DEL TERRITORIO
    (Fonte: Unioncamere Lombardia)

    Un passo di crescita evidentemente inadatto a rilanciare in modo sostenuto l’occupazione. Vero è che la quota di aziende che ricorre alla Cig è scesa all’11,4% (sfiorava il 30% nei tempi più bui della crisi, a inizio 2013), ma in termini di occupazione proprio nell’ultimo trimestre monitorato si presenta un saldo negativo tra nuovi ingressi e uscite, riproponendo un segno meno che non si vedeva in regione dalla fine del 2014. Per una regione storicamente vocata all’export, con il 40,3% delle vendite delle imprese legate al business oltreconfine, il rallentamento deciso del commercio internazionale nel 2016 non può essere certamente considerata una buona notizia e i primi effetti sono già visibili nei numeri globali. La regione nei primi nove mesi ha una performance leggermente inferiore rispetto alla media nazionale e il progresso (lo 0,4%) è solo una copia sbiadita di quanto realizzato nello stesso periodo dell’anno precedente: nella classifica Intesa Sanpaolo dei primi dieci distretti industriali per crescita assoluta dell’export, tra gennaio e settembre solo un’area lombarda (meccanica strumentale di Bergamo) risulta presente.

    Tra i settori, a sostenere la crescita è in particolare il rimbalzo della siderurgia, con un contributo positivo anche da meccanica, gomma-plastica e mezzi di trasporto. Soltanto due i settori negativi (alimentari e abbigliamento) mentre altrove si galleggia poco oltre lo zero. Un quadro globale di crescita limitata, che potrebbe migliorare il prossimo anno, anche se al momento le previsioni restano ancorate alla prudenza, con una stima (Prometeia) che vede il Pil 2017 crescere dell’1%, esattamente in liena con la performance 2016. Il calo dei fallimenti, ad esempio, (-5,4% tra gennaio e settembre) prosegue ma non con il vigore necessario a ristabilire in tempi brevi il livello pre-crisi.

    Alcuni indicatori, tuttavia, offrono qualche appiglio all’ottimismo, a cominciare dal credito. Dopo anni in caduta, con un gap di quasi 40 miliardi (12,3%) rispetto al periodo pre-crisi, lo stock di prestiti in regione pare infatti aver toccato il fondo, con un calo di appena lo 0,1% nel secondo trimestre, miglior risultato da fine 2011. I servizi, in particolare, tornano a crescere dopo 17 trimestri consecutivi in rosso mentre la frenata dell’industria (-1,2%) è comunque il miglior dato da inizio 2015. L’effetto della lunga recessione è visibile nella corsa delle sofferenze, quasi sestuplicate dal 2008 a 31,9 miliardi ma finalmente arginate nel proprio percorso di crescita: in rapporto agli impieghi, per la prima volta da inizio crisi, si osserva infatti una riduzione a quota 13,6%. In discesa, dal 3,7% di inizio 2014 al 3% odierno, è anche il tasso di nuovi ingressi in sofferenza, con valori ancora più bassi restringendo l’analisi alla sola industria. L’indice di rischiosità misurato da Cerved Group vede così infatti per la Lombardia rischi ridotti (fascia di sicurezza e di solvibilità) per quasi il 60% delle imprese, con una situazione di progressivo miglioramento in cui i downgrade 2016 sono inferiori rispetto agli upgrade.

    Dall’evoluzione del quadro internazionale potrebbero poi arrivare commesse aggiuntive sul fronte dell’export, se la stabilizzazione di Russia e Brasile dovesse infine concretizzarsi e se il dollaro, rimanendo vicino alla parità con l’euro, dovesse offrire margini aggiuntivi di competitività alle imprese. Vero punto di svolta sarà però l’effetto concreto del piano Industria 4.0 (si veda articolo in pagina): dal rilancio degli investimenti in Lombardia, prima regione manifatturiera del Paese, si capirà se l’obiettivo del Governo (dieci miliardi in più nel 2017) abbia in effetti qualche chance di successo.

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