Se qualche sigla, come gli autonomi della Fabi, con slancio ha invitato a riprendere il dialogo - che non è la trattativa - sul contratto collettivo nazionale dei bancari e qualche altra, come la Uilca, frena e chiede che le energie vengano impiegate prima per chiudere una serie di partite ancora aperte - dal contratto delle Bcc fino ai cantieri previsti dal precedente rinnovo -, in attesa di vedere quando Abi e i sindacati torneranno a incontrarsi, una cosa certa c’è: i convitati al tavolo negoziale per il rinnovo del contratto dei bancari si restringono e da 7 (Fabi, First Cisl, Fisac Cgil, Uilca Uil, Unisin, Ugl credito e Sinfub), diventeranno 5 perché Ugl e Sinfub non raggiungono la soglia del 5%.
L’ultimo accordo, quello siglato il 31 marzo del 2015, ha messo il punto finale anche sul tema della rappresentanza e nel testo all’articolo 6, quello sugli assetti contrattuali, a proposito del primo livello, è stato messo nero su bianco che “a far tempo dalla fase di rinnovo del presente ccnl ... saranno ammesse alla contrattazione collettiva nazionale, ad ogni conseguente effetto, solo le organizzazioni sindacali firmatarie del presente ccnl che abbiano una rappresentatività superiore al 5% dei lavoratori iscritti”.
Ma ragioniamo su numeri e percentuali. Secondo l’ultimo rapporto Abi, i dipendenti degli istituti, che hanno conferito all’associazione il mandato di rappresentanza, sono circa 300mila. Di questi oltre 230mila sono iscritti ad un sindacato: una percentuale record del 76% che fa dei bancari la categoria più sindacalizzata tra i lavoratori italiani. Ma anche quella con il numero di sigle più alto. Fino a un paio di anni fa, prima della fusione tra il sindacato dei dirigenti, il Dircredito e la Fiba Cisl,le sigle erano ben 8. E se si spostano un po’ più indietro le lancette dell’orologio, le sigle erano 9. Va bene che la sala del tavolo verde di palazzo Altieri è davvero grande e accogliente, ma anno dopo anno è proseguito un percorso che ha semplificato le relazioni e portato ad avere sigle più forti e rappresentative.
C’è, per certo, un banchiere - o forse più di uno - che dice che il sindacato che si siede al tavolo negoziale deve avere una forte rappresentanza, visto che poi gli accordi si fanno, ma devono anche essere condivisi e approvati dai lavoratori. Secondo le ultime rilevazioni gli autonomi della Fabi, che dopo la fusione tra Dircredito e Fiba Cisl, avevano perso il primato, sono tornati ad essere il primo sindacato Abi con il 27,9% di iscritti, seguiti dalla First Cisl con il 27,8%, da Fisac Cgil con il 20,9%, dalla Uilca con l’11,7% e dall’Unisin con l’8,5%. Due sigle rimangono al di sotto del 5% e sono il Sinfub che ha l’1,9% e l’Ugl credito che ha l’1,3%. Pur essendoci nel settore forte considerazione e rispetto delle minoranze, sul tavolo nazionale alla riapertura del dialogo i convitati saranno due di meno. Non saranno invece di meno gli argomenti da discutere. L’agenda non c’è ancora ma mese dopo mese, anche grazie ad alcuni innovativi accordi di gruppo, al sempreverde tema degli esuberi, a quello di un grande contratto della finanza e a quello delle società per la gestione degli Npl, un dialogo continuo sembra farsi più urgente.
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