Da un lato l’annuncio di Eni della «chiusura temporanea del Centro Olio» di Viggiano, con il contestuale «avvio alle procedure per il fermo dell’impianto», senza attendere la notifica della delibera della giunta della Regione Basilicata che, alla vigilia di Pasqua ha deciso di sospendere le attività in seguito alla presunta perdita di idrocarburi da uno dei serbatoi. La Regione, dal canto suo, ha comunicato che il fermo sarà di 90 giorni.
Dall’altro la notiza della chiusura delle indagini nell’ambito della cosiddetta “inchiesta petrolio” risalente allo scorso anno sulle estrazioni di petrolio in Val d’Agri, con il rinvio a giudizio disposto dal giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Potenza per 47 persone e 10 società, tra cui l’Eni.
L’incontro al Mise
La giornata che si era aperta con l’annuncio di Eni della chiusura del Cova, si conclude con la nota del ministero dello Sviluppo economico (Mise), chiamato in causa insieme al ministero dell’Ambiente, dalla Regione che aveva informato i ministri della sua decisione. Il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda ha incontrato l’amministratore delegato dell’Eni, Claudio Descalzi. Nell’incontro, Descalzi ha comunicato «di aver avviato in via cautelativa e proattiva la procedura di sospensione delle attività del Cova, in attesa di ricevere formalmente la comunicazione del provvedimento della Regione». La notifica è attesa per oggi.
L’ad dell’Eni ha confermato che «le prescrizioni emanate dalla Regione per la messa in sicurezza, consistenti nella disposizione di barriere idrauliche sul lato sud del Centro Olio ed esterne, sono state tutte adempiute. Inoltre la società sta realizzando il doppio fondo nei tre serbatoi esistenti che non ne sono ancora dotati, il primo dei quali sarà completato entro maggio».
I controlli
Gli uffici tecnici del ministero hanno ribadito di aver effettuato rilievi specifici, per accertare l’entità della contaminazione, individuarne l’origine e verificare le misure di messa in sicurezza e monitoraggio adottate. Attualmente, ribadisce il Mise, non sono emerse criticità circa la sicurezza dell’impianto. Ma le ispezioni proseguono e saranno effettuate anche questa settimana, fermo restando la competenza dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente (Arpab) sulle aree esterne al Cova. «Da quanto accertato sul posto e dalle informazioni fornite dalla Società è emerso che la dispersione degli idrocarburi liquidi è ascrivibile a una non perfetta tenuta del fondo di uno dei quattro serbatoi dedicati allo stoccaggio dell’olio, che è stato da tempo svuotato», dicono i tecnici.
La Regione
«Abbiamo agito perché preoccupati per l’ambiente e la salute dei cittadini – ha detto ieri in conferenza stampa il governatore Marcello Pittella – e agiremo in futuro con estremo rigore. Andremo avanti con la schiena dritta. In questi tre mesi – ha aggiunto – controlleremo gli interventi dell’Eni. Pensiamo che sia un tempo sufficiente per realizzare le prescrizioni che abbiamo indicato alla compagnia». È stata confermata, ha detto Pittella, una «contaminazione superiore a cinque volte quella prevista» in un’area all’esterno del Cova. La sospensione ha l’obiettivo di evitare l’estendersi della contaminazione e l’avvio di una bonifica che metta al sicuro la falda acquifera. Saranno intensificati i controlli sul fiume Agri e nella diga del Pertusillo.
Confindustria Basilicata
Occorre «equilibrio e lucidità» per il presidente di Confindustria Basilicata Pasquale Lorusso, apprezzando «il comportamento assunto da Eni che con la decisione di chiudere temporaneamente il Cova e di avviare le relative procedure di fermo dell’impianto, dimostra attenzione alle istanze delle istituzioni e del territorio». «Non nascondiamo – ha aggiunto – la nostra preoccupazione per le notizie che arrivano dalla Val d’Agri, in primis per il dato ambientale e, poi, per i risvolti economici ed occupazionali che inevitabilmente conseguiranno alla nuova sospensione delle attività del Centro Olio».
L’inchiesta petrolio
L’inchiesta dello scorso anno che aveva portato a sua volta alla chiusura temporanea del Cova è sfociata ieri nel rinvio a giudizio per 47 persone e 10 società, tra cui l’Eni. A disporlo il gup del Tribunale di Potenza. Il processo al via il 6 novembre vedrà tra gli imputati due ex responsabili del distretto meridionale dell’Eni, Ruggero Gheller ed Enrico Trovato, e altri dipendenti della compagnia petrolifera. Tra i rinviati a giudizio anche due ex direttori generali dell’Agenzia per l’ambiente della Basilicata, Aldo Schiassi e Raffaele Vita, alcuni ex dirigenti della Regione e l’ex sindaco di Corleto Perticara (Potenza), Rosaria Vicino (Pd). Prosciolti 8 imputati, tra cui il consigliere regionale Vincenzo Robortella (Pd), e il padre, Pasquale, a sua volta ex consigliere regionale del Pd. Assolti dal Gup, durante un processo con rito abbreviato, perché il fatto non sussiste due imprenditori campani, Pasquale Criscuolo e Francesca Vitolo, e uno lucano, Rocco Caruso.
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