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Il caso petrolio in Basilicata: il Tar dà ragione all’Eni

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Energia

Il caso petrolio in Basilicata: il Tar dà ragione all’Eni

Cadono ancora le diffide contro l’Eni sull’uso dei serbatoi di stoccaggio del greggio non dotati di doppio fondo nel Centro Olio Val d’Agri di Viggiano dopo lo sversamento di petrolio da uno di questi. Nel mese di febbraio scorso, infatti, fu rinvenuta la presenza di acqua contenente idrocarburi in un pozzetto collocato all’esterno del perimetro del Cova. Il Tar di Basilicata, riunitosi in camera di consiglio il 5 aprile (pubblicazione 26 aprile), ha accolto il ricorso della società petrolifera per l’annullamento delle diffide notificate dalla Regione Basilicata in merito alle misure di sicurezza da adottare nel Centro Olio.
Ma il Cova è stato ormai chiuso e la produzione petrolifera è stata bloccata da Eni in seguito alla delibera della giunta regionale lucana riunitasi in via straordinaria il 15 aprile.
I tavoli ministeriali
Dalle aule di giustizia la discussione si sposta ora sui tavoli ministeriali, interessati fin dall’inizio delle questioni relative al provvedimento regionale: dal ministero dello Sviluppo economico (incontro a Roma del 18 aprile) al ministero dell’Ambiente, presso il quale è attesa la riunione del tavolo tecnico a Roma il 4 maggio. Fin qui la sintesi, ma ripercorriamo le ultime vicende dopo la sospensione delle attività estrattive in Basilicata.

Obiettivo condiviso
Per la ripresa delle attività c’è un «obiettivo prioritario: il massimo grado di sicurezza ambientale del Centro Olio Val d’Agri, presupposto irrinunciabile per la sua riapertura, dopo la sospensione imposta dalla Ente regionale». C’è una «piena condivisione d’intenti» tra il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti e il governatore lucano, Marcello Pittella, che si sono incontrati a Roma, in vista del tavolo tecnico convocato per il 4 maggio, per fare il punto sulle misure di emergenza in atto dopo lo sversamento di greggio da uno dei serbatoi dell’impianto che ha indotto la Regione ad adottare la delibera di sospensione delle attività del Centro olio.
Le parti hanno condiviso la necessità che il tavolo affronti assieme «al tema dell’emergenza, ossia gli interventi immediati – e già in essere – per garantire la tutela dei luoghi e della salute dei cittadini, anche quello della caratterizzazione e bonifica delle aree e dell’innovazione tecnologica dell’impianto».
Ministero e Regione, per le rispettive competenze, hanno ribadito il loro impegno ad assicurare la necessaria collaborazione amministrativa e tecnico-scientifica. «Saremo celeri e inflessibili nel ripristinare le regole con Eni», ha ribadito il governatore lucano Marcello Pittella.
Il pronunciamento del Tar
Intanto, sono state pubblicate le motivazioni per cui il Tar della Basilicata ha accolto ricorso dell’Eni per l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia, delle diffide che la Regione gli aveva imposto relativamente all’uso di tre dei quattro serbatoi del Cova di Viggiano e che impedivano di esercire serbatoi privi di doppio fondo, imponendo di fatto l’uso di un solo serbatoio (l’unico ad esserne dotato). La società petrolifera rilevava che «il Cova per le sue caratteristiche impiantistiche, prevede l’utilizzo di non meno di due serbatoi quale condizione necessaria al suo corretto funzionamento».

Di qui il ricorso al Tar dell’Eni contro la Regione Basilicata per l’annullamento delle diffide, ritenendo che il provvedimento, che di fatto imponeva l’utilizzo di un solo serbatoio, comportasse il venir meno delle condizioni di sicurezza e di funzionalità indispensabili per una corretta gestione delle operazioni, producendo l’inevitabile conseguenza di un immediato fermo dell’intera attività del Centro Olio Val d’Agri. Uno stop che si è poi verificato comunque, sebbene il Tar con decreto monocratico già in un primo momento avesse accolto la domanda di adozioni di misure cautelari provvisorie, disponendo la sospensione dei provvedimenti impugnati (note della Regione Basilicata del 28 febbraio, del 14 marzo e del 22 marzo). Poi la camera di consiglio del 5 aprile 2017, il ricorso trattenuto in decisione e, infine, la pubblicazione del 26 aprile con le motivazioni in base alle quali è stato ritenuto fondato il ricorso.
Le motivazioni del tribunale amministrativo
Il ricorso è fondato perché coglie la violazione di quanto stabilito dall’art. 29-decies, nn.3 e 6 del dlgs n.152 del 2006. «Tale disposizione, infatti – si legge nelle motivazioni della sentenza del Tar – rimette alle agenzie regionali e provinciali la competenza all’accertamento dell’osservanza, da parte del gestore, delle condizioni dell’autorizzazione integrata ambientale, nonché alla proposizione delle misure da adottare in relazione al caso concreto. Nel caso di specie, diversamente, la Regione Basilicata ha direttamente esercitato il potere di cui all’art. 29-decies, n.9, lett. a), del dlgs n.152 del 2016, senza che negli atti impugnati risulti lo svolgimento di attività istruttorie, di accertamento o di proposta da parte dell’Arpab».

Il Tar evidenzia, tra l’altro, anche «il difetto di istruttoria e di motivazione dei provvedimenti impugnati». In particolare, sul serbatoio, senza doppio fondo, per il quale viene imposto il non utilizzo, «senza tuttavia indicare le attività istruttorie e valutative svolte al fine di verificare l’effettivo rischio di fuoriuscite di liquidi», la nota regionale del 22 marzo 2017, per il Tar, «si è limitata a richiamare “criticità (...) tali da ingenerare incertezze in merito all’integrità del serbatoio in questione”, senza dare conto alcuno degli accertamenti svolti dalla deducente». Di qui l’accoglimento del ricorso e l’annullamento degli atti impugnati.
L’impianto è fermo
Dopo la decisione della giunta regionale, pur in presenza della sospensiva favorevole del Tar di Basilicata, è la stessa Eni a decidere di bloccare l’attività del Centro olio, che è attualmente ancora fermo. Nell’impianto lavorano solo i tecnici addetti alla manutenzione, mentre i pozzi, dai quali si estrae il petrolio, sono stati chiusi. La conferma della sospensiva di fatto non cambia nulla sulla situazione attuale. Fonti vicine alla Regione Basilicata escludono a questo punto che la Regione intenda fare ricorso al Consiglio di Stato, forti del fatto che in ogni caso «il Cova non riaprirà in assenza dei doppi fondi ai serbatoi».
Lo stesso Amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi nell’incontro con il ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, il 18 aprile, nel comunicare «di aver avviato in via cautelativa e proattiva la procedura di sospensione delle attività del Cova», aveva ribadito che «la società sta realizzando il doppio fondo nei tre serbatoi esistenti che non ne sono ancora dotati, il primo dei quali sarà completato entro la fine di maggio».
A questo punto, in ogni caso, visti i tempi necessari per le procedure di riavvio del Cova, sarebbe inutile ripartire prima. E nulla ha aggiunto il parere del Tar di Basilicata. Se non la possibilità di ulteriori battaglie legali, ma per ora si attendono gli esiti dei tavoli tecnici.

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