A Gela va di moda il tedesco. È la lingua più richiesta dagli ex operai dell’indotto che sempre di più si rivolgono ai privati per studiare. E andarsene in Germania. In seconda battuta si accontentano anche dell’inglese. Negli ultimi anni, dicono fonti sindacali, 7mila persone sono andate via. Anche se non hanno completamente tagliato il loro legame con il paese: a vedere i dati Istat tra il 2012 e il 2016 la popolazione è addirittura aumentata di 115 unità arrivando a 75.827. La dura verità dei numeri contrapposta alle stime di chi ha visto molta gente andare via.
Certo ha inciso la chiusura della Raffineria dell’Eni. Ma è pur vero che il progetto di trasformazione avviato ha costretto il territorio a confrontarsi con un cambiamento radicale. Che qualcuno non riesce ad accettare. Nell’area industriale, che il sindaco Domenico Messinese stima in 15 milioni di metri quadrati, c’è un chiaro dualismo: da una parte l’Eni che sta portando avanti il progetto di trasformazione delle attività con la costruzione della Green Refinery; dall’altro un territorio in cerca d’autore e di una vocazione industriale che vada oltre l’Eni. Il tema è complicato, molto di più della burocratica definizione di “area di crisi complessa”.
Se ne parlerà oggi a Roma, al ministero per lo Sviluppo economico, nell’ambito di un incontro per fare il punto sull’attuazione del protocollo del novembre 2014 che ha certificato l’investimento di Eni da queste parti di 2,2 miliardi. Ma è quasi implicito che si discuta anche dell’altra faccia della medaglia, quella che riguarda la reindustrializzazione dell’intera area. Perché il punto, oggi, è proprio questo: avviare qui una nuova fase industriale utilizzando tutti gli strumenti a disposizione.
All’incontro romano Eni porterà in dote una serie di cose fatte: dalla firma del protocollo l’azienda ha investito in quest’area 471 milioni e sul fronte occupazionale, nel solo 2016, è stato registrato un impiego medio annuo di risorse dell’indotto di circa 1.400 unità (200 in più rispetto agli impegni presi). Nel 2017, dicono le previsioni, dovrebbe andare ancora meglio: i dati del primo trimestre mostrano che il livello di occupazione dell’indotto si è mantenuto su circa 1.300 addetti. Intanto Eni il 21 aprile ( a distanza di un anno dall’avvio della cosiddetta Fase 1 della riconversione) ha incassato la chiusura dell’iter autorizzativo Via-Aia con il parere positivo della commissione Via-Vas del ministero per l’Ambiente. È, si può dire, il punto d’avvio della cosiddetta Fase due della riconversione: i cantieri dovrebbero essere avviati entro maggio subito dopo il rilascio da parte del Comune di Gela del permesso a costruire.
Il nuovo approccio di Eni ha già dato risultati in termini di riorganizzazione di alcune imprese dell’indotto con la nascita di tre consorzi. «C’è la necessità di mettersi insieme - spiega Rosario Amarù, vicepresidente di Sicindustria - ed è quello che stiamo facendo: per lavorare a Gela certo ma anche per cogliere altre opportunità».
È il segno che qualcosa si muove, ma è ancora troppo poco. I sindacati, con una lettera inviata giusto ieri, pongono il tema di questa marcia a due velocità dell’area di Gela. «Vanno accelerate le procedure per la stipula dell’Accordo di programma per disciplinare gli interventi per la riqualificazione delle attività industriali - scrivono Ignazio Giudice (Cgil), Emanuele Gallo (Cisl) e Maurizio Castania (Uil) - . Così possono partire gli investimenti e si possono impiegare le risorse. Bisogna poi capire come devono effettuare la riqualificazione i lavoratori licenziati». Sono solo un paio di nodi da sciogliere in una situazione che marcia lentamente: intanto, dicono imprese e sindacati, non si hanno notizie di risorse appostate né da parte della Regione né da parte del governo.
Il punto resta quello dell’attrazione degli investimenti. Alla “chiamata” di Confindustria per insediamenti nelle aree lasciate libere dalla raffineria hanno risposto in 16. Quasi tutte aziende locali. Non si sa nulla, invece, del risultato della call di Invitalia scaduta il 15 marzo e lanciata con l’obiettivo, intanto, di definire i fabbisogni di sviluppo dell’area. Se ne saprà di più, forse, oggi. Non è, questo, un passaggio secondario: il sindaco vi attribuisce parecchia importanza anche ai fini del varo degli incentivi per chi vuole insediarsi a Gela. L’amministrazione ha lanciato qualche settimana fa il distretto dei biocarburanti e ieri a Roma ha presentato il progetto di un grande polo logistico internazionale collegato al porto (magari con l’istituzione di una Zona economica speciale): «Noi abbiamo in testa sette asset strategici. Ma c’è un piccolo problema - dice il sindaco - noi siamo andati avanti, lo Stato è andato avanti ma mancano le risorse della Regione. Per quanto riguarda ll’Accordo di programma ripeto: la struttura quadro è stata firmata».
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