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Catastrofi e calamità: un conto salato per l’economia italiana

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cultura del rischio

Catastrofi e calamità: un conto salato per l’economia italiana

Terremoti e dissesto idrogeologico: due calamità naturali con le quali tutta Italia si trova a dover fare i conti, si potrebbe dire da millenni, senza riuscire, almeno per ora, a mettere in campo pratiche omogenee e diffuse per limitarne i danni. Di solito il copione collaudato prevede un periodo di silenzio sull’argomento, seguito da picchi di notizie, polemiche, inchieste – sia giornalistiche che da parte della magistratura – annunci di piani nazionali, stima dei danni e delle risorse necessarie, decreti emergenziali in coincidenza con gli accadimenti: che si tratti di alluvioni, frane o terremoti. Poi l’attenzione generale comincia a diminuire fino a scemare del tutto. Fino alla calamità successiva.

Tutto questo almeno fino a oggi. Ora qualcosa sembra stia cambiando , soprattutto all’indomani dell’ultimo sisma in centro Italia e dei recenti dissesti idrogeologici. La questione tuttavia è aperta e sarà al centro del convegno in programma a Novara lunedì 8 maggio, dedicato proprio al “Rischio da calamità naturali. Possibili tutele per cittadini e imprese del territorio; aspetti tecnici, giudirici e assicurativi”. A organizzarlo Utilia.org (società di consulenza aziendale), con la collaborazione dell’Ordine degli avvocati di Novara, di Cineas (Consorzio universitario no profit che ha come obiettivo la diffusione e il consolidamento della cultura del rischio) e con il patrocinio del comune di Novara (occorre registrarsi gratuitamente a questo link , dove è consultabile anche il programma dettagliato).

In particolare sono impressionanti le cifre illustrate da Cineas: «Dal 1944 al 2012, lo Stato italiano ha speso una media di 3,5 miliardi di euro all’anno per i danni da calamità naturale (considerando complessivamente terremoti ed eventi alluvionali) – spiegano gli esperti del Consorzio – tra il 2010 e il 2012, la spesa media è stata di 7,1 miliardi di euro all’anno. La spesa per i fenomeni calamitosi di tipo idrogeologico è cresciuta del 190% (fonte: The natural catastrophe protection gap in Italy: time for action, pag.15, Tab. 5 ANCE/CRESME, Swiss Re Economic Research & Consulting)». Emerge, quindi, che le risorse pubbliche vengono impiegate, come dimostra anche un recente intervento del governo. Il problem vero sarebbe doverne impiegare di meno. A livello nazionale, come scriveva il Sole 24 Ore dell’8 marzo scorso, è entrato infatti nella fase operativa «il fondo rotativo progettazione per il contrasto al dissesto idrogeologico. Il ministero dell’Ambiente, in raccordo con la struttura di missione Italia Sicura, ha dato via libera al riparto dei 100 milioni di euro previsti dal collegato ambientale per tappare una delle falle del sistema: i tempi lunghi e la mancanza di risorse per la definizione degli elaborati, essenziali per andare in gara e poi in cantiere».

«La nostra iniziativa– spiega Fabio Barbieri di Utilia.org, la società di consulenza organizzatrice del convegno – si rivolge in particolare ad aziende e Pmi» che sono economicamente tra i principali soggetti colpiti, ma che «spesso a causa dell’assenza di risorse da destinare allo sviluppo di uffici legali e di risk management interni, tendono a sottostimare i danni alla produzione determinati da fenomeni naturali, purtroppo sempre più frequenti, quali “bombe d'acqua” e grandine, rigurgiti fognari, esondazioni, frane e smottamenti». Per rendere l’idea «le perdite economiche causate dagli eventi sismici del 2016, in Italia – fanno sapere da Cineas –, sono state di 6 miliardi di euro, di cui solo circa 188 milioni di euro assicurati». Per questo il Consorzio fondato dal Politecnico nel 1987 evidenzia che «una situazione come questa, in cui lo Stato è l’unico a prendersi in carico i costi di ricostruzione non è sostenibile».

Cineas ha svolto un importante ruolo di verifica sulla congruità delle pratiche di risarcimento in occasione del terremoto in Abruzzo del 2009. Cineas faceva parte della filiera istituita su Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri (OPCM n. 3803 del 15 agosto 2009) e composta inoltre da Fintecna e Reluis, ognuno con precisi ambiti di competenza. Alla fine del processo Cineas ha valutato 19.716 pratiche, per un totale di 3,1 miliardi di euro di contributi richiesti: «Di questa cifra sono stati considerati non ammissibili 413 milioni di euro, ovvero il 13,3% del totale».

Anche alla luce di questi dati, quindi, occorre spingere verso una maggiore cultura del rischio. Per Marta Buffoni, avvocato dell’Ordine di Novara, «la giurisprudenza che si sta sviluppando in materia dimostra che, nel panorama attuale di scarsa consapevolezza e cultura del rischio, la sinergia professionale, tra avvocati e periti tecnici, ad esempio, è una strada utile da percorrere per consentire di dare adeguata soddisfazione alle istanze di tutela dei danneggiati. Sviluppare collaborazioni virtuose tra professioni che approcciano il problema da punti di vista diversi, ma complementari ai fini del risarcimento, è utile ad affrontare il vuoto legislativo che da tempo è avvertito e si cerca di colmare con varie proposte di riforma, allo stato rimaste incompiute».

Una proposta per diffondere la cultura del rischio è quella promossa dal consorzio Cineas: un sistema misto pubblico-privato che preveda l’estensione delle coperture previste dalle polizze incendio già stipulate ai danni da calamità naturali. Questo, secondo il Cineas, «garantirebbe un aumento esponenziale delle garanzie per le calamità naturali: dall’1% attuale al 40% (è questa la percentuale di diffusione delle polizze incendio in Italia), in 12 mesi».

Non è un caso che il convegno sui rischi da calamità naturale e sulle catastrofi si svolga a Novara – i lavori si svolgeranno dalle 14 nell’aula magna dell’Università del Piemonte Orientale – dove ha sede il Crimedim, centro di ricerca che organizza, tra l’altro, uno dei due unici master europei di medicina delle catastrofi, coordinato da Francesco della Corte.

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