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Croazia batte Italia con il rigassificatore di Veglia

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Energia

Croazia batte Italia con il rigassificatore di Veglia

(Agf)
(Agf)

Sui rigassificatori la Croazia batte l’Italia. Mentre Trieste ha perso il progetto di costruire un terminale a Zaule, bocciato da motivi ambientali e bloccato dall’opposizione dei vicini di casa cioè sloveni e (guardacaso) croati, il Governo di Zagabria ha ottenuto due co-finanziamenti europei cospicui, 102 milioni, per costruire nell’Alto Adriatico un rigassificatore sull’isola di Veglia (in croato Krk), nel golfo del Carnaro a un passo da Fiume (Rijeka), da Buccari e dall’Istria. L’obiettivo croato è uscire dalla servitù del monopolio russo nel metano.

Ancora: altri 40,5 milioni di finanziamento sono stati garantiti dal Bruxelles per la realizzazione del progetto croato-sloveno di miglioramento del sistema di trasporto dell’energia elettrica in alta tensione denominato Sincro Grid.
In tutto, nei mesi scorsi la Commissione Ue ha approvato 18 progetti energetici europei per 444 milioni finanziati dal fondo europeo Connecting Europe Facility, fra i quali l’unico progetto che coinvolge in qualche misura l’Italia riguarda un piccolo finanziamento per studi archeologici lungo il tratto greco del gasdotto internazionale Tap che arriverà in Puglia.

Non basta. La Croazia sta studiando un grande metanodotto per collegarsi alla parte balcanica del gasdotto Tap, opera contestata in Puglia dai comitati nimby: il progetto che Zagabria ha concordato con Albania, Montenegro e Bosnia prevede una condotta lunga più di 500 chilometri e del costo stimato sui 620 milioni che allacciandosi al Tap in Albania porti fino a Spalato il metano dell’Azerbaigian.

Il rigassificatore è un impianto al quale approdano le navi metaniere cariche di metano liquido, chiamato anche Gnl (Gas naturale liquefatto) o Lng (Liquified natural gas). Il metano non è sotto pressione, come nelle bombole: invece è alla normale pressione atmosferica ma è raffreddato poiché a 162 gradi sotto zero questo idrocarburo condensa e dallo stato gassoso diventa liquido. Trasparente come acqua in una vasca. Viceversa, quando supera la temperatura di -162° il metano comincia prima a frizzare e poi a bollire il suo vapore come acqua sul fuoco, tornando allo stato di gas.
Le navi metaniere sono non bombole bensì immensi thermos galleggianti, le cui cisterne sono coibentate per tenere freddissimo e liquido il metano.
Le metaniere caricano il Gnl dagli impianti liquefattori (colossali superfrigoriferi che sono stati costruiti vicino ai giacimenti, per esempio in Algeria, in Qatar, a Trinidad) e poi arrivate a destinazione ai rigassificatori scaricano questo liquido freddissimo in serbatoi (anche questi non sono bombole in pressione bensì contenitori termici) dal quale il liquido viene riscaldato con acqua per essere vaporizzato e immesso della rete del gas.

L’impianto dalmata dovrebbe avere la capacità di rigassificare 6 miliardi di metri cubi di metano l’anno ed è stato progettato dalla Lng Hrvatska a Castelmuschio (Omišalj) al posto di un vecchio deposito di carburanti. Molti gli investitori internazionali interessati al progetto tra i quali indirettamente, per via di alcune partecipazioni, anche l’italiana Cassa Depositi e Prestiti e la società gasiera spagnola Enagas. Il progetto ha più di una dozzina d’anni ma ha avuto un’accelerazione e dall’ideazione è passato alla raccolta dei fondi quando l’Italia ha abbandonato l’altro progetto, quello concorrente di Trieste.
Il terminale di Veglia dovrebbe entrare in funzione nel 2019 e finora ha ricevuto quasi due terzi dei finanziamenti necessari, stimati in 363 milioni. Una prima tranche è rappresentata dallo stanziamento di 101,4 milioni del Governo di Zagabria, cui ha risposto la Commissione Ue con un pari finanziamento del 50%, cioè altri 101,4 milioni (più 747mila euro per la progettazione del rigassificatore su nave galleggiante).

Il progetto italiano di Trieste ha una storia remota: una prima idea fu della Snam per Monfalcone (Gorizia), dove nel ’96 un referendum fra i cittadini bocciò l’investimento con il primo grande caso italiano di “sindrome nimby”. Mentre l’Edison realizzava al largo di Porto Levante insieme con ExxonMobil e Qatar Petroleum il terminale del delta del Po, una dozzina di anni fa la catalana Gas Natural prendeva spunto dal progetto Snam a Monfalcone e, spostandone la collocazione, proponeva un rigassificatore a Trieste Zaule, a pochi chilometri da Capodistria e dalla Slovenia. Tutti o quasi erano contro il progetto, a cominciare dall’opposizione della Regione. Ma si opposero soprattutto i vicini di casa, cioè la Slovenia e la Croazia. E anche quel progetto è sfumato, come tanti altri progetti proposti anni fa e mai realizzati: a San Ferdinando di fronte a Gioia Tauro in Calabria, a Porto Empedocle (Agrigento), nel polo industriale siracusano di Priolo, in Adriatico Falconara (Ancona) e Monfalcone, Rosignano in Toscana, Taranto, Lamezia Terme, Corigliano Calabro, e infine un investimento bloccato che aveva suscitato anche proteste internazionali con l’Inghilterra per la British Gas a Brindisi.

Oggi l’Italia ha tre rigassificatori: quello più vecchio e piccolo, della Snam, a Panigaglia nel golfo della Spezia, poi quello molto utilizzato al largo del delta del Po e infine il poco utilizzato terminale Olt di fronte alla rada di Livorno.
Tra i temi in programma la prossima settimana a Napoli per la Conferenza nazionale Gnl c’è il fatto che il mercato italiano e internazionale del metano liquido pare essersi ristretto rispetto alle prospettive che lasciava intuire una decina d’anni fa.

Oggi i grandi impianti di rigassificazione come quelli pensati in Italia e in Croazia arrivano a termine soprattutto quando nascono con contratti di fornitura del metano garantiti per decenni, mentre gli investitori puntano soprattutto a piccolissimi impianti di rigassificazione direttamente presso i punti di consumo, oppure a navi metaniere che rigassificano il metano liquido mentre sono in navigazione per consegnarlo già allo stato gassoso.

Dal punto di vista dell’utilizzo, invece, le prospettive del Gnl sono molto ampie per esempio per alimentare i motori delle grandi navi o le flotte di camion, e si stanno costruendo distributori di metano liquido anche nei porti e interporti italiani, come il distributore di Gnl realizzato l’altra settimana da Autamarocchi a Padova per i trasporti stradali su lunga distanza e come sta facendo l’acqua minerale Sant’Anna di Vinadio che usa i camion alimentati a gas liquefatto.

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