In un’Europa che tra dieci anni non avrà alcun Paese tra le prime dieci economie al mondo, è scattata l’ora di cooperare più che competere, soprattutto se si avanza da anni sui mercati al ritmo di pochi punti percentuali, contendendosi la leadership per volumi e avanguardia tecnologica. È quanto sta accadendo a Italia e Germania nel settore delle macchine per il packaging, dove gareggiano testa a testa con un 18% ognuna della produzione complessiva e un quarto dell’export mondiale. Sia il made in Italy sia il made in Germany valgono infatti poco più di 6 miliardi di euro in termini fatturato (in un mercato globale che cuba 37 miliardi) e poco più di 5 miliardi di export (assieme fanno la metà dei 20 miliardi di interscambi mondiali). E sono alla pari anche per innovazione 4.0, nonostante la stazza doppia delle imprese tedesche rispetto alle nostre.
Dall’ennesimo confronto a Interpack - la fiera triennale più importante al mondo, chiusasi la scorsa settimana a Düsseldorf con il record di 2.865 società espositrici e 170.500 visitatori - i costruttori meccanici dei due versanti delle Alpi sono usciti per la prima volta con l’impegno formale a collaborare. Non solo la filiera del processing&packaging sta già integrando di fatto e in modo sempre più stabile operatori tedeschi e italiani su singole commesse per grossi clienti multinazionali (unendo le rispettive specializzazioni i cugini generano una forza tecnologica imbattibile), ma per arrivare a conquistare i mercati emergenti c’è un vantaggio reciproco nell’abbinare la dimensione monolitica tedesca (con alle spalle un sistema Paese forte e credibile che apre le porte dei governi locali) alla capillarità e flessibilità degli operatori italiani, abili e amabili venditori che soffrono però di individualismo e disorganizzazione. Motivazioni che sono alla base dell’alleanza su scala globale annunciata a Düsseldorf tra le due principali fiere europee del settore: la tedesca Interpack e l’italiana Ipack-Ima. «Stiamo portando avanti diverse acquisizioni di esposizioni specializzate in giro per il mondo e lavoreremo sempre più in sinergia con i colleghi italiani perché non ha senso lavorare l’uno contro l’altro, dobbiamo creare sinergie tra i nostri brand», ha dichiarato Bernd Jablonowski, global portfolio director processing&packaging di Messe Düsseldorf. Prevedendo la firma ufficiale sull’intesa con Ipack-Ima in poche settimane.
«Se nel 2000, quando sono entrato in azienda, l’innovazione progrediva ogni tre anni e si puntava su Interpack per presentare le nuove macchine, oggi non basta più. La velocità del cambiamento tecnologico ha dimezzato il time-to-market e l’alternanza, ogni anno e mezzo, tra Interpack e Ipack-Ima diventa strategica per tutta l’industria europea leader del confezionamento e imballaggio», rimarca Riccardo Cavanna, ad dell’omonimo gruppo novarese e presidente di Ipack-Ima. Fiera internazionale passata sotto il controllo di Ucima (la Confindustria italiana dei costruttori di macchine automatiche) che si prepara a debuttare a Fiera Milano il 29 maggio 2018in una vesta potenziata, alleata con altri quattro expo di settore, su 140mila mq di spazi e con 3.600 espositori.
«Le fiere sono ancora lo strumento cardine per promuovere le nostre imprese nel mondo, sia noi che i tedeschi dipendiamo per oltre l’80% dall’export, ma lo scenario che abbiamo davanti - sottolinea Enrico Aureli, presidente di Ucima - è di una crescita mondiale tutta concentrata tra Africa e Asia (con tassi del +5 -6% l’anno, contro il +2-3% in Europa), se escludiamo il mercato americano che è molto chiuso. Parliamo di Paesi lontani, dove i robot europei rappresentano una nicchia nell’alto di gamma, resi sempre più difficili dall’attuale incertezza del contesto geopolitico. In questo quadro per due co-leader vicini di casa è indubbio che convenga collaborare».
Indicatori settore | 2013 | 2014 | 2015 | 2016 |
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Fatturato totale | € 6.003 | € 6.221 | € 6.197 | € 6.431 |
Fatturato estero | € 4.989 | € 5.049 | € 5.003 | € 5.113 |
Occupati | 26.856 | 27.307 | 27.906 | - |
Aziende | 621 | 604 | 588 | - |
I segnali congiunturali che arrivano dall’industria domestica inducono intanto all’ottimismo. I dati diffusi ieri da Ucima fotografano un primo trimestre in crescita dell’11,8%, con un +6,5% sul mercato interno (e ordini a +9,9%) e un +12,8% per l’export. «Il piano Industry 4.0 sta aiutando la vendita di robot alla clientela italiana e i nostri investimenti in tecnologia. Questo significa incrementare qualità e competitività del made in Italy rispetto alla concorrenza internazionale e quindi salvaguardare la nostra leadership», conclude Aureli.
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