Un flusso di merci, in entrata e in uscita, pari a circa 42 milioni di tonnellate all’anno. Almeno la metà potrebbe viaggare sulla futura Torino-Lione. Lo studio, firmato dal Certet Bocconi su richiesta del Commissario di Governo per l’Alta velocità Paolo Foietta, è stato consegnato all’Osservatorio a fine luglio. Un documento visionato dal Sole 24 Ore, che riporta l’attenzione sull’interscambio di merci lungo l’arco alpino occidentale, tra Ventimiglia e il traforo del Monte Bianco, e sulle potenzialità della futura linea ferroviaria che collegherà, attraverso il tunnel di base, Torino a Lione.
Il tema non è nuovo, tutt’altro: ha tenuto banco in questi anni di dibattito sull’Alta velocità, accanto alle valutazioni sui costi dell’opera e sulla reale necessità di un nuovo traforo alpino. In questo caso il valore aggiunto sta nel fatto che i dati sono del 2015, dunque aggiornati ad una fase economica lontana dal picco della crisi del 2008-2009, e dunque potrebbero rappresentare una nuova base di riferimento per il dibattito sul futuro dell’opera, anche alla luce degli obiettivi che l’Europa si è data nel Libro Bianco dei Trasporti: trasferire entro il 2030 il 30% del traffico merci, oltre i 300 km, dalla strada al ferro, e il 50% entro il 2050.
Il dato a cui lo studio arriva è frutto di un’analisi dei flussi a 360 gradi: si parte dall’interscambio tra Italia Francia, Spagna e Portogallo, si sottrate ciò che viaggia via condotta, mare e aereo, e poi ciò che transita attraverso la Svizzera. Al risultato di questa prima elaborazione si aggiungono i traffici con i paesi dell’Est Europa in transito verso Francia, Portogallo e Spagna e la quota di traffici verso il Nord Europa, in particolare il Benelux e verso la Gran Bretagna. In totale, dunque, 42 milioni di tonnellate. Un indicatore che risulta coerente con quello emerso dal rapporto annuale curato dall’Osservatorio del traffico merci stradale e ferroviario nella regione alpina.
Due gli elementi chiave ribaditi nello studio, che comunque non avanza ipotesi di previsione sui traffici futuri: l’aumento dei volumi di merci in transito, con predominanza del traffico su gomma, e il recupero rispetto alla fase di crisi. In particolare, il transito di merci lungo l’arco alpino occidentale è aumentato del 3% rispetto al 2015, «con una crescita del 6% in un solo anno alla frontiera di Ventimiglia – rileva lo studio – e con un’ulteriore sbilanciamento modale a favore della gomma, che raggiunge il 92,3% del totale, concentrato per il 49,4% sulla direttrice costiera». Quest’ultimo aspetto è considerato una «evidente deviazione dalla rotta ottimale». Dal confronto tra la dinamica 2004-2007 dei traffici con quella 2014-2016, «sembra possibile – sottolinea l’esame del Certet – dare ragione, ex post, all’ipotesi assunta dagli estensori delle analisi di traffico denominata “decennio perduto”, secondo cui la crisi avrebbe prodotto la perdita della crescita di un decennio per proseguire poi lungo la direttrice precedente». Dunque i volumi sono tornati a quelli registrati nella fase precedente alla crisi.
Centrale dunque il ruolo del valico di Ventimiglia, che serve quasi la metà del traffico stradale, in buona parte trasferibile, nel medio periodo, su ferrovia. Questa la conclusione a cui giunge la riflessione curata dal Certet, nella convinzione che trasferire su ferro 20-25 milioni di tonnellate renda necessario un sistema efficiente, con un fattore di carico elevato e un numero di treni compreso tra i 125 e i 156 treni giorno.
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