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Acciaio mondiale: l’Italia rientra tra i primi dieci produttori

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Acciaio mondiale: l’Italia rientra tra i primi dieci produttori

(Fotogramma)
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L’Italia si prepara a ritornare a pieno titolo nella «top ten» dell’acciaio mondiale, in un contesto internazionale che vede, però, le economie emergenti continuare a erodere inesorabilmente posizioni nei confronti del blocco Usa-Giappone-Europa. Lo confermanole più recenti rilevazioni di Worldsteel (l’associazione che raggruppa i principali produttori nazionali di acciaio) relative ai primi otto mesi dell’anno in corso: il continente asiatico cuba oggi il 69% della produzione mondiale, contro il 10% della «vecchia» Europa.

La siderurgia tricolore si conferma in lento ma costante recupero: da gennaio ad agosto la produzione è cresciuta dell’1,7 per cento rispetto all’anno scorso. Il presidente di Federacciai, Antonio Gozzi, ha espresso nei giorni scorsi, a margine dell’assemblea dell’associazione, un sentiment positivo per il 2017, prevedendo di chiudere l’anno con una crescita dell’output sugli stessi livelli. «La congiuntura segue specularmente l’andamento dell’economia italiana - ha detto -: l’acciaio è un indicatore di ciclo». La ripartenza della produzione nazionale affonda le sue radici nel 2016, con una prima presa di respiro dopo quattro anni di continuo declino, sostenuta dalla ripresa delle esportazioni dirette verso l’Unione europea e dal miglioramento della posizione competitiva sul mercato interno, a seguito della minore pressione delle importazioni.

Un trend che prosegue anche nel 2017, grazie al «muro» di dazi eretto dall’Unione europea: sono 23 le misure (in via provvisoria o definitiva) adottate per le importazioni di acciaio in dumping, 15 riguardano la Cina. L’overcapacity di Pechino non accenna ad arrestarsi: ad agosto, secondo i dati Worldsteel, ha prodotto 74,6 milioni di tonnellate, l’8,7% in più rispetto allo stesso mese dell’anno scorso, per un output complessivo che supera 566 milioni di tonnellate (+5,6% sul 2016), vale a dire la metà della produzione mondiale.

Anche prescindendo dal Dragone, nella classifica dei primi dieci produttori mondiali la crescita è appannaggio soprattutto dei newcomers: continua a salire l’India, che tocca 66,5 milioni di tonnellate in otto mesi (+5,1%), a ridosso di un Giappone immobile; corre la Turchia, che cresce del 13,6% contro il 2,1% della Germania, insidiata al sesto posto della graduatoria; sale anche il Brasile, a un tasso del 9,3% nei primi otto mesi. L’Italia, come detto, si rinsalda al decimo posto, ma solo a causa della frenata dell’economia ucraina.

La crescita dell’Italia resta comunque a tassi «occidentali» e rischia di essere solo un’illusione se paragonata ala pressione competitiva globale: siderurgie come quella taiwanese (+7,3% in otto mesi, +6,8% ad agosto) o iraniana (+15,7% nel 2017) continuano a correre e il sorpassodefinitivo è solo questione di tempo. La successione nella leadership dei produttori è inevitabile: per le aziende europeee è inevitabile imboccare la strada della concentrazione (la stessa ThyssenKrupp, bandiera dell’acciaio tedesco, ha deciso di unire le forze con la succursale europea dell’Indiana Tata) e della specializzazione, privilegiando i prodotti a maggiore valore aggiunto rispetto alle commodities.

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