Economia

Gozzi: «L’acciaio cresce, ma servono politiche…

  • Abbonati
  • Accedi
siderurgia

Gozzi: «L’acciaio cresce, ma servono politiche infrastrutturali»

La ripartenza della nuova Ilva, i nodi della ex Lucchini di Piombino, la necessità di contenere la concorrenza, spesso in dumping, dei Paesi emergenti (e in parallelo la minaccia della chiusura delle frontiere da parte degli Stati Uniti), insieme all’accusa (e le sanzioni) di cartello ai produttori nazionali di tondo per cemento armato. Sono numerosi i temi all’ordine del giorno dell’assemblea di Federacciai, in programma oggi nella sede del Sole 24 Ore, a Milano. Dopo anni di difficoltà, il settore sta conoscendo una parziale schiarita, complice la ripresa dei corsi delle materie prime: la produzione siderurgica nazionale nei primi sei mesi dell’anno ha recuperato l’1,5 per cento.

La congiuntura e le previsioni
Sono numerose, però, le ferite aperte. Il presidente di Federacciai, Antonio Gozzi, si prepara ad affrontare il suo ultimo anno di presidenza con un comparto in profonda trasformazione. «La congiuntura è positiva e segue specularmente l’andamento dell’economia italiana. L’acciaio è un indicatore di ciclo», ha detto il presidente di Federacciai prima dell’assemblea e degli interventi del presidente di ConfindustriaVincenzo Boccia, del sottosegretario alla Presidenza del consiglio Maria Elena Boschi, del presidente del Consiglio europeo Antonio Tajani. «L’anno – ha ribadito Gozzi – finirà con una crescita del’1,7-1,8 per cento».

Il trend dei comparti
All’interno di questo delta ci sono scostamenti tra settori che vanno molto bene, come i prodotti piani per automotive e meccanica, e altri che non crescono, come i prodotti lunghi per l’edilizia. «C’è necessità di smuovere questo settore con politiche infrastrutturali e un fiscal compact che consenta di finanziarle a debito, altrimenti si rischia una divaricazione, con settori che procedono lungo la strada della modernizzazione e altri che restano indietro perché non possono investire, questo è il contrario del principio della convergenza», ha sottolineato il presidente di Federacciai.

I nodi Ilva e Piombino
I due principali nodi industriali sul mercato italiano sono quelli dell’Ilva di Taranto e della ex Lucchini di Piombino. La situazione a Taranto per Gozzi è lineare: «Ilva ha trovato un acquirente, ora ci sono dei passaggi da affrontare nel più breve tempo possibile per tornare alla normalità produttiva». Diverso il quadro a Piombino, dove gli asset oggi sono di proprietà del gruppo algerino Cevital. «La situazione è più complicata – dice Gozzi –. Si sono persi due anni e mezzo, rincorrendo a un piano industriale insensato nella dimensione e nel livello del proponente, che sul fronte della siderurgica è un principiante. È un rischio che Federacciai aveva sottolineato a suo tempo, ma siamo stati accusati di disturbare la gara. Ora però lasciamo da parte le polemiche e concentriamoci sul futuro: si parla di interessi di Jsw, che è un grande produttore, ma visto che il progetto di Cevital è affondato bisognerebbe rispettare le regole del mercato e impegnarsi a una veloce asta competitiva per vedere se ci sono altri interessi».

La frenata del «tondo», tra export e Antitrust
Le esportazioni di tondo per cemento armato nell’ultimo anno hanno subito un brusco rallentamento a causa della lentezza del Governo algerino (il Nordafrica è uno dei principali mercati extraeuropei di sbocco della produzione nazionale) nel produrre licenze. Difficile ipotizzare una schiarita dello scenario. «I produttori – ha spiegato Gozzi – hanno continuato a fare egregiamente il loro mestiere, reagendo e continuando a produrre acciaio e vendendo su altri mercati, soprattutto europei».

Il settore ha subito nelle scorse settimane anche il contraccolpo delle sanzioni dell’Antitrust, che accusa tutti i produttori italiani di avere realizzato un cartello sul mercato. «È una vicenda paradossale – ha commentato Gozzi – non c’è alcun elemento consistente nell’accusa dell’Antitrust, ma si parla di un mercato astratto, di imprese astratte e di accordi che non esistono. Il mercato italiano è il più competitivo di tutta Europa: qui il tondo vale 50-70 euro a tonnellata, cioè meno rispetto al resto dell’Unione. Le aziende – ha concluso Gozzi – si difenderanno davanti a un giudice, sperando che esista un giudice che abbia voglia di approfondire questa materia».

Commercio mondiale e politiche antidumping
Altro tema che affligge il settore a livello mondiale è lo shortage di elettrodi, necessari per la produzione di acciaio da forno elettrico. «Questa situazione – spiega Gozzi – testimonia il disastro di un commercio internazionale non governato». L’Italia e altre nazioni devono dipendere dalle produzioni cinesi. «Avremmo dovuto capire la strategicità delle produzioni nazionali e difenderle», ha aggiunto Gozzi. Discorso simile per i refrattari (l’unico produttore italiano, Sanac, è in amministrazione straordinaria nell’ambito della procedura Ilva), ma in quel caso, secondo il presidente, la situazione sembra essere meno grave.

Difficile, invece, l’equilibrio globale legato alla difesa delle frontiere dalle importazioni di prodotti in dumping da pesi terzi. Una situazione che si salda al dibattito europeo sulla riforma delle politiche di difesa commerciale. «La Ue ha voluto cambiare sistema – spiega Gozzi –, ne ha concepito uno più cervellottico, scaricando l’onere della prova sui produttori e non su quelli che fanno dumping. Non c’è niente da inventare: basta adottare il modello Usa».

© Riproduzione riservata