È fatta, dopo mesi. È stato chiuso nel primo pomeriggio di oggi l’accordo tra Parlamento, Consiglio e Commissione Ue sul nuovo sistema di calcolo dei dazi antidumping che si applicherà anche per la Cina. Lo ha annunciato la presidenza estone dell’Ue, che ha condotto i negoziati. L’intesa trovata non carica nessun ulteriore onere della prova sulle imprese europee, come richiesto dall’Europarlamento, e mantiene l’attuale livello di dazi sulle importazioni. «Dobbiamo proteggere gli interessi dell’industria europea», ha dichiarato il ministro estone Urve Palo.
La nuova metodologia
La nuova metodologia di calcolo dei dazi antidumping non distingue più tra Paese ad “economia di mercato” e non. Ovvero, si elimina la “lista nera'”dei Paesi non a economia di mercato (aggirando, di fatto, il problema della concessione alla Cina di tale status, dopo che sono scaduti i 15 anni dall’avvio del protocollo diadesione e che, nonostante questo periodo, Pechino non soddisfi appieno tutte le condizioni che erano state poste). Questo prevedeche, quindi, la Commissione pubblichi rapporti specifici su settori economici o Paesi per mettere in luce tali distorsioni.
Si introduce, quindi, l’uso di costi e prezzi di produzione dei Paesi terzi per determinare se c’è il dumping quando questi sono estremamente distorti, e si utilizzeranno quelli “domestici” solo se questi intendono fissare un tetto «positivo» sotto cui non si può scendere. Vanno inoltre considerate le distorsioni sia dirette che indirette: le distorsioni (micro) di prezzi e costi o specifiche del settore e quelle macro (legate a sussidi agli investimenti, alla ricerca e ai costi). Infine, nella valutazione delle distorsioni, la Commissione Ue – come aveva chiesto l’Europarlamento – dovrà anche tener conto del rispetto dei criteri ambientali e dei diritti del lavoro in linea con gli standard dell’Ilo.
Anche industria e sindacati europei potranno segnalare alla Commissione Ue distorsioni, ma questo dovrà avvenire in linea con «la necessità di evitare oneri ulteriori per l’industria».
È l’annosa questione dell’onere della prova, che nella formulazione iniziale era stata spostata in capo ai produttori europei anzichè – come è nella normativa vigente in capo agli esportatori e produttori cinesi. La nuova formulazione “neutrale” non menziona obblighi per singoli Paesi ma consente, davanti a forti distorsioni dimercato conclamate, di adottare contromisure (prezzi di Paesi terzi simili) che, al massimo, è proprio la controparte – in fase di contraddittorio – ad aver tutto l’interesse a vedersi rimuovere.
Le reazionidella politica
In conferenza stampa, sia la commissaria al Commercio, Cecilia Malmstroem che il relatore europarlamentare Cicu hanno ribadito che l’accordo «non prevede un onere aggiuntivo a carico dell’industria europea per provare la distorsione di mercato da parte dell’esportatore».
«Il rapporto della Commissione – ha sottolineato il negoziatore per l’Europarlamento, Salvatore Cicu – non costituisce una prova ma contiene elementi di prova cui la nostra industria farà riferimento nel momento in cui attiva la procedura antidumping, poi nel corso della procedura ci sarà un contraddittorio e chi ha interesse a provare che non c'e' una distorsione di mercato lo farà».
Mentre la commissaria al Commercio ha promesso che «faremo molto presto a redigere i rapporti. La legislazione dovrebbe entrare in vigore entro fine anno. La relazione dettagliata della Commissione che descriverà la situazione specifica dei singoli paesi esportatori si concentrerà sulle “distorsioni significative” dei prezzi e dei costi, indicando chiaramente anche il significato di tali distorsioni».
Per il ministro dello Sviluuppo economico, Carlo Calenda, l’accordo raggiunto è «l’atto finale di un lungo e difficile percorso che ha visto l’Italia impegnata in prima linea nella difesa degli interessi della nostra industria e dei
nostri cittadini». Mentre per Alessia Mosca, coordinatrice del Gruppo dei Socialisti e Democratici in commissione Commercio Internazionale «Il testo su cui si è raggiunto un accordo non è il migliore possibile, ma abbiamo inserito una definizione ampia di “dumping”, che incorpora anche le distorsioni nelle retribuzioni e anche l’inserimento del concetto di “dumping ambientale”».
La reazione delle imprese
«Si tratta di uno dei dossier più delicati e controversi» ha commentato Lisa Ferrarini, vicepresidente di Confindustria per l’Europa, parlando dell’accordo appena raggiunto sulla riforma dei dazi. «Quasi un anno fa _ ha proseguito Ferrarini – siamo partiti in salita con una proposta della Commissione Ue che con pochi segni di penna avrebbe regalato lo status di economia di mercato alla Cina, mettendo fuori mercato interi settori produttivi. Questo tentativo è stato sventato grazie a un buon gioco di squadra» . Il risultato finale – conclude Ferrarini – «rispecchia gli interessi divergenti che caratterizzano l’Europa. Non tutte le nostre richieste sono state accolte, ma fino a che il mercato cinese continuerà ad essere distorto, non si potranno usare i prezzi e costi interni per calcolare il dumping e la Commissione si è impegnata a non imporre ulteriori oneri sulle imprese. Confindustria non abbasserà la guardia e vigileremo caso per caso affinché gli impegni vengano rispettati ed attuati».
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