Recuperare competitività e rafforzare il comparto con maggiore integrazione dell’intera filiera e massima attenzione all’origine del pomodoro, grazie anche al recente decreto di cui a giorni è attesa la pubblicazione in Gazzetta. La ricetta, anzi il programma concreto esposto da Anicav, (Associazione nazionale Industriali conserve alimentari vegetali) nel giorno dell’Assemblea annuale, celebrata con la manifestazione annuale “Il Filo Rosso del Pomodoro. Italiano dalla nascita”.
Un’assemblea dal valore speciale, poiché il 2017 è stato l’anno in cui sono confluite in Anicav le imprese che erano iscritte ad Aipa, l’associazione che raccoglieva la maggior parte delle imprese di trasformazione del pomodoro del Centro Nord. Cosicchè, nell’anno dell’unificazione nel comparto, l’Anicav si rafforza e si conferma l’associazione più grande d’Europa (con 115 imprese con 2,9 miliardi di fatturato, 4 milioni di tonnellate di pomodoro su un totale di 5,2). Rappresentante di un Paese che è il terzo trasformatore mondiale di pomodoro dopo gli Usa ed è poco distante dalla Cina.
Il comparto e la congiuntura
L’Italia, con 5,26 milioni di tonnellate di prodotto trasformato, nel 2017 ha incrementato le quantità dopo la flessione del 2016: oggi rappresenta il 14% della produzione mondiale e il 47% di quella europea, con un fatturato totale di oltre 3 miliardi in totale. L’analisi congiunturale, nel periodo tra settembre 2016 e lo stesso mese di quest’anno, evidenzia però ancora un calo dei consumi interni e _ dato più preoccupante _ dopo le buone performance delle esportazioni negli anni scorsi, nei primi otto mesi dell’anno, se ne registra un calo sia in volume (-6%), che in valore (-7,1%). Dato condizionato da una importante contrazione dei volumi verso l’Europa (-7,9%), in particolare verso la Germania ( -18,2%), e da una rilevante riduzione delle esportazioni di concentrato verso l’Africa (-19,8%). Segnali positivi vengono, invece, per tutti i derivati del pomodoro, dal mercato Usa con una crescita sia in valore (+12,1%) che in volume (+9,9%). Insomma, i dati parlano chiaro: sui mercati europei più importanti, l’Italia perde quote, danneggiata _ dicono gli imprenditori in sala _ soprattutto da Paesi, tra cui la Spagna che, grazie anche a investimenti in tecnologie _ spesso anche della parte agricola _, migliorano la redditività. La forte competizione, insomma, impone alle imprese italiane del pomodoro di correre ai ripari.
Etichetta d’origine obbligatoria
«Sono convinto _ dice il presidente di Anicav, e ad di La Doria, Antonio Ferraioli _ che una carta importante da giocare sia l’etichettatura d’origine obbligatoria dei derivati del pomodoro per garantire la massima trasparenza sul Paese o l’area di provenienza della materia prima e su quello in cui è trasformata. Provvedimento proposto da Anicav e recepito dai ministri Martina e Calenda e oggi oggetto di un decreto che sta per essere pubblicato». Il settore sente forte, insomma, la necessità di difendere le produzioni da polemiche che mettono in discussione la provenienza e la qualità dei prodotti. «Come la storia sul pomodoro cinese – precisa Ferraioli – una leggenda: il pomodoro va lavorato entro poche ore dal raccolto, pertanto deve essere prodotto in loco. È vero importiamo concentrato di pomodoro per supplire alla carenza di produzione italiana, ma questo viene rilavorato e destinato prevalentemente al mercato africano che lo richiede. Non potrebbe essere portato sulla tavola degli italiani poiché c'è una legge che lo vieta». In realtà si narra _ ne parla anche
Colomba Mongiello, della Commissione Agricoltura _ di grandi quantità di concentrato scaricate dalle navi nei porti di Manfredonia di Salerno e di navi che ripartono dopo la rilavorazione.
Etichetta anche in Europa
Ma sull’ etichetta di origine i produttori dell’oro rosso già puntanto a un passo in avanti: «Una regolamentazione nazionale – precisa Ferraioli – se non raccordata con una norma comunitaria, può avere efficacia solo sul territorio italiano, come sta già avvenendo per la passata di pomodoro. Perciò abbiamo assunto una netta posizione all’interno della Tomato Europe, l’Associazione europea dei trasformatori di pomodoro, con la proposta di indicare, a livello europeo, obbligatoriamente in etichetta l’origine della materia prima utilizzando le diciture “Ue” o “non Ue”».
Tutela dell’origine italiana, sicurezza, eticità a 360 gradi, per Anicav sono i pilastri su cui rafforzare il prodotto italiano. Opinione confermata da Francesco Mutti, ad di Mutti spa, azienda brand leader in Italia. «Perdiamo valore se siamo disattenti al territorio – dice l’industriale di Parma – se siamo disattenti al lavoro regolare, alle persone e alla qualità. Si punta troppo spesso e solo a lavorare su microrisparmi. Non serve pensare ancora al prezzo basso, piuttosto bisogna valorizzare il prodotto. Quindi perseguire la legalità e creare un sistema Paese efficiente».
Integrazione di filiera
Se gli obiettivi sono chiari e condivisi, nei fatti il comparto registra, soprattutto nel Mezzogiorno, una scarsa integrazione. Dopo un esperimento fallito per la creazione del Distretto del Centro Sud, oggi si punta alla istituzione di un Organismo Interprofessionale nell’area centro meridionale sul modello di quello del Nord. In altre parole, quel che serve, per Anicav, è la forte integrazione dell'intera filiera che tenga insieme la parte industriale, quella agricola e anche la grande distribuzione.
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