Il panino più caro? Si mangia a Milano. Nel capoluogo lombardo occorrono ben 7 euro per consumare questo pasto veloce – magari in piedi e sgomitando con altredecine e decine di avventori che frequentano uno degli 8.548 bar attivi in città. Un po’ caro, se confrontato non solo con i panini che si consumano a Terni (1,60 euro), ma anche con il prezzo medio nazionale, ovvero 3,10 euro. Ma i milanesi possono consolarsi – finito il panino – con un buon caffè a “soli”1,10 euro, un costo in linea con quello di quasi tutti i capoluoghi del Nord Italia e inferiore all’euro e trenta centesimi che devono spendere gli abitanti di Bolzano.
L’ultimo Rapporto Fipe sulla ristorazione in Italia contiene una miniera di dati sulle abitudini degli italiani nei loro pasti fuori casa, e sul costo che questo vero e proprio “sport nazionale” (siamo il terzo Paese in Europa per consumi al bar e ristorante) ha sul loro portafogli. Va detto innanzitutto che, mentre negli anni della crisi la spesa per alimenti in casa è andata riducendosi (-10,5% tra il 2007 e il 2016), quella per mangiare fuori è aumentata di 2,4 miliardi, raggiungendo l’anno scorso quota 83 miliardi (+3% sul 2016). Sono oltre 5 milioni gli italiani che ogni giorno fanno colazione al bar e 13 milioni quelli che pranzano abitualmente fuori casa.
Un piacere, o una necessità, per il quale i nostri connazionali sono disposti anche a spendere cifre tutt’altro che trascurabili. Con differenze far territori e città che – in qualche caso – suscitano un po’ di sorpresa. Se infatti non è difficile immaginare che il costo medio di un pasto in pizzeria a Roma si attesi in media sui 20 euro (media trilussiana che comprende i locali attorno alle attrazioni turistiche e quelli delle periferie più fatoscenti), a Venezia sui 16,50 e a Milano attorno ai 15,50 – più difficile è capire perché un cappuccino a Palermo (dove il suddetto pasto in pizzeria costa “appena” 10 euro) costi ben 1,80, contro l’euro e 20 di Roma.
Questione, evidentemente, di punti di vista: in alcune vittà il cappuccino viene visto come uno sfizio di nicchia, in altre è una bevanda diffusa e abituale quanto il caffè (che costa appena 10 centesimi in meno). Di un vero lusso – per i lquale sono disposti a spendere nen 2 euro – si tratta per gli abitanti di Bolzano e Parma, dove in compenso un panino costa appne 4 euro e 4,50 euro.
Tutto sommato, mescolando le carte, si possono far quadrare i conti.
E il caffè? La bevanda irrinunciabile per gli italiani ha oscillazioni di prezzo meno evidenti (con costi «sotto controllo», rileva Fipe) ma, considerando le ingenti quantità di cui ne fanno uso gli italiani, non irrilevanti per l’economia di una famiglia o di un singolo: la tazzina meno cara (90 centesimi) è tra Scilla e Cariddi (o quasi), con gli 80 centesimi di Messina e Catanzaro. Mentre l’espresso più costoso si beve a Bolzano dove, come detto, costa 1,30 euro.
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