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Al via Sanremo. Sul palco dell’Ariston la sfida è tra case…

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musica e business

Al via Sanremo. Sul palco dell’Ariston la sfida è tra case discografiche

Partiti. La settimana più nazionalpopolare dell’anno, capace di tenere incollati davanti al piccolo schermo ben oltre i 12 milioni di spettatori, ha preso il via con la 68ª edizione del Festival di Sanremo. In mattinata si saprà se il “piatto” dello share della prima puntata piange o ride, ma il confronto con l’exlpoit del 2017 non sarà agevole: 50,6% l’anno scorso con 11,345 milioni di spettatori di media. Ossia metà degli italiani davanti alla tv sintonizzati sul Festival.
Una manna per le casse di mamma Rai che quest’anno, stando alle valutazioni del direttore di Rai 1 Angelo Teodoli, dovrebbe raggiungere un risultato positivo fra i 9 e i 9,5 milioni. Se non altro, la raccolta a quota 25 milioni, favorita anche del main sponsor unico che per il secondo anno sarà Tim, mette l’operazione al sicuro.

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Dopo le due edizioni «rivoluzionarie» di Fabio Fazio e le tre all’insegna della «restaurazione» firmate da Carlo Conti, Sanremo tenta un difficile equilibrio tra novità e conservazione, scommettendo sul “dittatore artistico” Claudio Baglioni, cantautore del roster di Sony Music Italy. Proprio nelle mani della major musicale giapponese sta stretto il Sanremo delle case discografiche, con otto artisti iscritti alla sezione Big e uno alle Nuove proposte. Molto più contenuto il contributo degli altri grandi player di settore Warner e Universal, rappresentati rispettivamente da tre artisti. Poi c’è Bmg che l’anno scorso, con Francesco Gabbani, ha indovinato il glorioso tormentone “Occidentali’s Karma” e quest’anno punta su Red Canzian solista. E ci sono gli indipendenti, da Sugar a Carosello Records, ciascuno con un proprio portabandiera.

Ma torniamo a Sony: sotto le sue insegne c’è per esempio l’apostolo della world music napoletana Enzo Avitabile e ci sono gli ex Pooh Roby Facchinetti e Riccardo Fogli, il crooner Mario Biondi, la reunion dei Decibel di Enrico Ruggeri, l’habitué sanremese Fabrizio Moro, signore di oggi e di ieri come Noemi e Ornella Vanoni, Ron e il giovane Lorenzo Baglioni. La presenza massiccia in Riviera della major giapponese «non è un fenomeno nuovissimo», secondo il presidente Andrea Rosi. «Nel Dna di Sony c’è la vecchia Rca e c’è anche un pezzo di Ricordi, c’è insomma la grande tradizione della musica popolare italiana che a Sanremo si esalta». Il Festival «è sempre stata una vetrina fondamentale per presentare nuovi progetti. È indubbio che nel corso degli anni il peso sul mercato è andato diminuendo, ma questo per una mutazione del mercato. A livello televisivo il festival mantiene performance di assoluto rilievo».

Solo tre artisti in gara per Universal Music Italia, costola tricolore del gruppo controllato dalla francese Vivendi: Max Gazzè, Nina Zilli e lo Stato Sociale. Disinteresse? «Se volessimo ragionare di numeri – risponde il ceo Alessandro Massara – dovremmo dire che Sanremo è irrilevante per i bilanci di Universal in Italia. Il music business si identifica con i consumi musicali dei giovani: era così quando i giovani ascoltavano Beatles, è così oggi con il fenomeno urban. Noi stiamo lavorando molto su questo segmento ed episodi come l’exploit di Sfera Ebbasta ci danno ragione». Ciò nonostante Universal non rinuncia a Sanremo: «Siamo una grande multinazionale, – continua Massara – facciamo tutto e facciamo anche Sanremo che resta una vetrina televisiva importante. Certo, il tema dell’innovazione della formula e dell’equilibrio tra l’offerta sanremese tradizionale e le contemporanee resta da esplorare».

Anche per Warner Music partecipazione a Sanremo piuttosto ridotta: sul palco dell’Ariston saliranno Annalisa, Renzo Rubino e Mudimbi per la categoria Giovani. «Al Festival – spiega il presidente Marco Alboni – c’è un pezzo che vince e ce ne sono altri che arrivano piazzati. La bravura, per una casa discografica, sta nel capitalizzare in chiave commerciale il posizionamento di un artista. Noi da un po’ di anni a questa parte preferiamo concentrarci magari su meno nomi e seguirli bene».

E qual è il punto di vista degli indipendenti? «Quando racconto ai miei colleghi che lavorano in altri mercati che noi abbiamo una cinque giorni in cui decine di milioni di italiani sono davanti al televisore a guardare musica, posso assicurare che ci invidiano», dice Filippo Sugar, alla guida dell’etichetta che a Sanremo è presente quest’anno fra i big con Giovanni Caccamo. «Credo - conclude - che Sanremo sia da difendere e sostenere, come opportunità soprattutto per aziende indipendenti di poter dare visibilità importante a un loro progetto».

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