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La crisi industriale affonda i traffici del porto di Taranto

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La crisi industriale affonda i traffici del porto di Taranto

Si riversano anche sul porto le difficoltà che segnano le grandi attività industriali a Taranto: siderurgia e raffinazione petrolifera. Con l’Ilva che viaggia con un basso numero di giri rispetto alle sue potenzialità, si comprimono infatti traffico generale e sbarchi soprattutto. Nel 2017, rivelano i dati ultimi dell’Autorità di sistema portuale del Mar Ionio, c’è stato un calo generale del 12,2 per cento. Un nuovo segno negativo dopo il -19 del 2015 mentre nel 2016 c’è stato +9,3.

Nel dettaglio, comparando 2016 e 2017, si è passati da 24,668 milioni di tonnellate a 21,648 milioni di tonnellate. Arretrano tutti i comparti rilevati ad eccezione del traffico passeggeri, che per la prima volta vede 8.546 transiti in considerazione del fatto che, dal 2017, il porto di Taranto è anche sede di approdo degli itinerari della compagnia Thomson Cruises. Pesante, inoltre, il dato relativo al traffico ro-ro su cui pure lo scalo aveva puntato: -90,1% da un anno all’altro. Cala anche il movimento delle navi: -13,3% dicono le statistiche. Il che, in numeri assoluti, vuol dire che si è passati dalle 2.262 del 2016 alle 1.962 dell’anno scorso.
Il traffico delle rinfuse, ovvero le materie prime siderurgiche e i prodotti petroliferi, è sceso del 17,2 per cento. Nel dettaglio, -17,1 per le rinfuse liquide e -17,4 per le solide. Il calo del porto si è riflesso più sugli sbarchi, che fanno registrare -17,9%, da 15,359 milioni di tonnellate a 12,616 milioni di tonnellate, che sugli imbarchi, diminuiti anch’essi ma solo del 3%, tant’è che rimangono attorno ai 9 milioni di tonnellate. In un bilancio generale così pesante, oltre al debutto del traffico passeggeri per l’avvento delle crociere, si segnala un discreto miglioramento del traffico delle merci varie il cui totale registra +5,8%, da 5,398 milioni di tonnellate a 5,711 milioni di tonnellate. Tuttavia, gli indicatori positivi sono pochissimi rispetto a tutti gli altri che presentano invece un pesante segno meno. E si registra lo zero per i container, attività dismessa da quando, primi del 2015, Evergreen ha abbandonato lo scalo e messo in liquidazione la società concessionaria del molo polisettoriale, Taranto container terminal.

E adesso? Anche se i numeri del 2017 sono negativi, la situazione del porto non è compromessa. Nell’ultimo anno, infatti, sono stati completati due interventi importanti ai fini del rilancio e del riposizionamento competitivo dello scalo. Si tratta dell’ammodernamento di altri 600 metri del molo polisettoriale e dell’inaugurazione della strada dei moli. Nel primo caso, la più importante banchina è ora completamente ammodernata, collaudata e funzionale per nuovi operatori; nel secondo, invece, si tratta di un’infrastuttura a servizio della piattaforma logistica. E gli operatori? Dallo scorso 22 gennaio l’Autorità di sistema portuale ha pubblicato le domande avanzate da Southgate Europe Terminal e South Marine Gate. Sono due realtà formate prevalentemente da operatori locali che intendono utilizzare il molo polisettoriale dopo l’ammodernamento. La prima ha chiesto 600 metri di banchina e 50.773 metri quadrati di area retrostante per la movimentazione di merce containerizzata; la seconda, invece, si candida per 800 metri di banchina e 447.853 metri quadrati di area retrostante per attività di logistica ed import ed export di merci. Dal prossimo 7 marzo, fine della pubblicazione, se saranno arrivate più domande, sarà fatta una valutazione comparativa e poi l’istruttoria su quella o su quelle prescelte. Negli ambienti portuali, intanto, continua a girare l’ipotesi che ci sia anche un terzo, importante operatore interessato a Taranto. Oltretutto all’insediamento di nuove attività si lega anche la rioccupazione del personale ex Taranto container terminal (circa 500 unità), oggi in carico alla nuova Agenzia per il lavoro portuale. Infine, una boccata d’ossigeno al porto potrebbe arrivare con la movimentazione dell’acciaio che serve alla copertura dei parchi minerali dell’Ilva il cui cantiere è stato avviato l’1 febbraio. Sono 60mila tonnellate che fornirà lo stabilimento siderurgico di Taranto ma che Cimolai - la società scelta per la copertura - dovrà trasportare negli stabilimenti del Friuli per la lavorazione e poi riportare a Taranto per il montaggio.

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