«Mi creda, il segreto dell’innovazione è avere idee. Originali e valide. Sarà banale, ma senza idee potremmo investire anche il 95% del fatturato in ricerca e non servirebbe a molto». Franco Caimi ha una certa voce in capitolo: l’azienda che guida assieme ai fratelli, fondata dal padre nel 1949, realizza arredi e soluzioni per l’ufficio e il contract e, nonostante le dimensioni contenute (circa 15 milioni di fatturato), è ben nota tra gli addetti ai lavori proprio per i suoi prodotti ad alto contenuto innovativo, riconosciuto anche da numerosi premi internazionali ricevuti negli ultimi quattro anni, soprattutto grazie all’invenzione della tecnologia «Snowsound», che ha dato vita a pannelli e pareti fonoassorbenti applicabili anche ad alcuni arredi.
«Il design industriale è questo — dice ancora Caimi. — Realizzare oggetti semplici capaci però di rispondere ai bisogni delle persone».
E per far comprendere meglio questo concetto racconta l’aneddoto del padre, Renato, che per primo brevettò, nel 1952, la “schiscetta”, o meglio il contenitore a chiusura stagna che permise agli italiani di portare il pasto al lavoro in condizioni di sicurezza igienico-ambientale. «Una rivoluzione alimentare — spiega Caimi — nata a bordo di un tram milanese, una mattina, mentre mio padre si recava al lavoro. Il mezzo frenò bruscamente e molti oggetti contenuti nella rete sopra le teste dei passeggeri si rovesciarono, compreso il pentolino in cui mio padre portava il suo pranzo».
Costretto al digiuno per l’intera giornata, e con gli abiti sporchi di cibo, Renato ebbe l’intuizione che cambiò le abitudini alimentari degli italiani.
Fin qui il “genio italico” su cui, per decenni, si sono fondati il primato e la fama internazionale del design italiano.
Oggi però tutto questo non basta. «Servono investimenti in ricerca e sviluppo, da un lato, e nell’innovazione dei processi produttivi dall’altro — ricorda il presidente di FederlegnoArredo, Emanuele Orsini. — È l’unica via che le nostre imprese hanno per restare competitive di fronte alla concorrenza internazionale».
La stessa Caimi Brevetti, che negli anni ha mutato la sua specializzazione in mobili per ufficio e contract, ne è testimonianza: «Ogni anno depositiamo decine di brevetti — spiega l’ad — e investiamo circa il 5,5% del fatturato in ricerca e sviluppo, ovvero sperimentazioni di nuovi materiali, prove di laboratorio, ma anche ricerca pura, con l’aiuto di aziende e centri esterni».
Il team interno di ricerca, il Caimi-Lab, è composto da tecnici, ingegneri e designer, ma viene integrato di volta in volta con tutte le professionalità necessarie, compresi medici, filosofi e psicologi, che hanno avuto un ruolo importante nella progettazione e sperimentazione dei prodotti legati al suono.
L’azienda brianzola è un esempio virtuoso, ma tutto il settore del legno-arredo, assicura Orsini, sta dimostrando una forte propensione a innovare, che è poi la leva grazie alla quale è riuscito a risollevarsi dalla crisi e ritrovare la crescita, da tre anni a questa parte, superando i 40 miliardi di fatturato. Lo dimostra ancor più una ricerca realizzata dalla stessa federazione tra i suoi soci, dalla quale emerge che il 37% delle aziende ha investito in R&S nel 2017 e il 29% dichiara di voler investire anche nel 2018, per un totale di circa 40 milioni di euro di investimenti annui (lo 0,8% del fatturato complessivo della filiera).
Ancora più elevata (49%) è la quota delle imprese che l’anno scorso hanno realizzato investimenti per rendere più efficiente la produzione, per un importo complessivo di 160 milioni di euro. «Se uniamo i due dati, viene fuori che oltre il 4% delle nostre aziende investe in innovazione. Sono numeri importanti – commenta Orsini. — Dimostrano che il settore sta investendo e intende continuare a farlo. Questo significa che le aziende sono sane finanziariamente e hanno ritrovato la fiducia». Ma, soprattutto, «investire e innovare significa crescere».
Interessante è notare che gli investimenti non riguardano soltanto le imprese grandi: secondo lo studio di Fla sono le piccole aziende (fino a 20 milioni di fatturato) ad avere la quota più alta di investimenti in R&S sul fatturato (1,4%), seguite dalle medie (0,7%). Sul fronte produttivo, invece, quasi tutte le aziende che hanno realizzato investimenti (circa l’85%) hanno fatto ricorso agli incentivi governativi del pacchetto Industria 4.0, usufruendo di iper e superammortamento, mentre circa la metà ha utilizzato la misura del credito d’imposta.
«Industria 4.0 ha funzionato benissimo», dice ancora Orsini, sottolineando una particolarità che emerge dallo studio: si nota una sorta di complementarietà tra i settori che investono maggiormente in R&S e quelli che investono di più in produzione: il comparto illuminazione, ad esempio, è il primo per impegno sul fronte ricerca, con il 3% del fatturato investito, ma nel secondo caso spende appena lo 0,3%.
Viceversa, il sistema pannelli dedica solo lo 0,3% a R&S, ma il 7,6% a nuovi impianti e macchinari. «È come se ci fossero due momenti — conferma il presidente. — Prima rinnovo le linee produttive e poi mi dedico alla ricerca sul prodotto».
In particolare, come accennato, il settore illuminazione, con il 3%, investe in ricerca molto più della media degli altri comparti (il secondo in “classifica” è il sistema arredo con l’1,4%). «C’è una parte di ricerca sulle forme e i materiali, ovviamente — accenna il presidente di Assoluce, Stefano Bordone — ma la maggior parte degli investimenti è destinata all’utilizzo sapiente delle nuove tecnologie, led e digitali, che hanno rivoluzionato il nostro comparto».
In particolare, si tratta di rendere compatibili gli apparecchi o i sistemi di illuminazione, vecchi e nuovi, con «questo desiderio di controllo che le tecnologie rendono possibile», sintetizza Bordone: «Occorre ingegnerizzare tutto il processo, dalla progettazione dell’impianto al prodotto finito».
© Riproduzione riservata