Questa settimana i casi Fca e Volkswagen insegnano due cose. La prima è che gli shock sono stati assorbiti. L'industria dell'auto ha trovato una sua stabilizzazione. La seconda è che, adesso, può dedicarsi alla prossima costruzione di un nuovo meccano, in grado di misurarsi con le due sfide strutturali: la ricerca di un punto di equilibrio nella gestione dei capitali e lo scenario dirompente della guida autonoma e del nuovo paradigma dell'elettrico. Ed entrambe le sfide strutturali si possono affrontare in un solo modo: nella versione maggiore con una nuova stagione di fusioni o acquisizioni di interi gruppi oppure, nella versione minore, con operazioni compiute su pezzi di gruppi: società o divisioni o marchi. Prendiamo, appunto, Fca e Volkswagen.
Fca ha presentato ad Amsterdam venerdì i risultati del bilancio 2017 e illustrerà, il 1 giugno, il prossimo piano industriale. Venerdì in Volkswagen il nuovo amministratore delegato Herbert Diess ha delineato il cambio di rotta nella strategia del gruppo tedesco. Fca nasce da condizioni prefallimentari – la Fiat del 2004, l'anno dell'arrivo di Sergio Marchionne – e da un vero e proprio fallimento, incarnato dalla Chrysler del 2009, ridotta a un rottame dopo le gestioni Daimler e Cerberus nel contesto del crollo dell'auto americana. Volkswagen, in condizioni prefallimentari, ha rischiato di finire, con il dieselgate del 2015.
Fca ha compiuto la lunga traversata del deserto del risanamento di Fiat, della rifondazione di Chrysler e della costituzione di un nuovo aggregato, diventando – secondo le parole di Marchionne – «un costruttore d'auto degno di rispetto». Volkswagen ha compiuto la sua breve – fulminea, ma pericolosissima – traversata nel deserto del dieselgate, che avrebbe potuto farla morire. Adesso, ritrovati un equilibrio strategico e una coesione industriale e finanziaria – costruita da zero per Fca e recuperata da Volkswagen in due anni, lo spazio di un mattino in una industria dai tempi lunghissimi come l'auto – è possibile per questi due gruppi operare sul proprio profilo strutturale.
Le scelte sul profilo strutturale vanno tenute distinte – per quanto ad esse collegate – da altre due questioni: chi è il capoazienda – e sappiamo che Marchionne l'anno prossimo lascerà e che Diess si è appena insediato – e quali sono gli interessi degli azionisti, con gli Agnelli-Elkann da tempo impegnati ad avere un portafoglio di investimenti diversificato e meno sbilanciato sull'automobile e gli azionisti di Volkswagen – il Land della Bassa Sassonia, i sindacati e le famiglie Porsche e Piëch – in perenne ricerca di una ricomposizione armoniosa, secondo la dinamica tedesca. Il profilo strutturale è, appunto, in via di rimodulazione.
Per quanto riguarda Fca sono noti i progetti – periodicamente accarezzati e poi rimessi nel cassetto – di scorporo di Alfa Romeo e di Maserati, procede quello relativo alla componentistica di Magneti Marelli e viene ventilato da più parti quello di Jeep, il vero baricentro del gruppo.
Volkswagen, venerdì, ha annunciato una radicale metamorfosi: non più un gruppo integrato e coeso, ma un gruppo pronto a dare via a nuove divisioni, a societarizzazioni e a scorpori. Il tutto in coerenza con la creazione di valore, il mantra centrale della lingua franca del capitalismo internazionale.
La creazione di valore non può prescindere da due fattori. Il primo è appunto costituito dai ciclopici investimenti necessari per affrontare il duplice paradigma dell'auto elettrica o ibrida e della guida autonoma. Il secondo è rappresentato dall'inefficienza reddituale – più che finanziaria - dell'industria dell'auto: oltre ai ciclopici investimenti nell'auto elettrica e nella guida autonoma e oltre alla magnitudo finanziaria del costo industriale di base degli impianti, va considerato che la concorrenza fra case automobilistiche ha portato alla duplicazione degli investimenti – le case automobilistiche puntano tantissimi soldi sugli stessi numeri della roulette dei prodotti e delle tecnologie - e che il prezzo della concorrenza sul mercato finale tende a crescere moltissimo. Nell'industria, quando si vuole vendere qualcosa o quando si vuole aggregarlo a qualche cosa d'altro si fa così: lo si rende autonomo, gli si conferisce una identità – che può anche soltanto essere sostanziale e manageriale, non giuridica e societaria – e lo si fa ballare sempre più con le proprie gambe e con una propria musica. A quel punto si è pronti, per una nuova gara di ballo. E, vedendo quello che è capitato questa settimana in casa Volkswagen e quello che sta capitando da diverso tempo in casa Fca, l'industria dell'auto è pronta proprio a questo: una nuova gara di ballo.
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