Economia

Agricoltori in piazza: «Lo Stato ci deve mezzo miliardo»

  • Abbonati
  • Accedi
fondi pubblici

Agricoltori in piazza: «Lo Stato ci deve mezzo miliardo»

Sono arrivati stamattina in via Venti Settembre, i delegati dei 62 consorzi di difesa degli agricoltori italiani. Ed è qui, sul marciapiede davanti al Ministero delle Politiche agricole, che svolgeranno la loro assemblea annuale, per protestare contro la mancata erogazione dei contributi pubblici a chi si assicura contro le calamità naturali.

All’appello manca ben mezzo miliardo, sostiene l’Asnacodi, l’associazione nazionale che riunisce tutti i consorzi di difesa: contributi previsti per il 2015, il 2016 e il 2017 e mai arrivati nelle tasche degli agricoltori.

Con il Ministero il contenzioso è anche sulle cifre: agli esperti di via Venti Settembre - si legge in un comunicato - risulterebbero versati 177 dei 400 milioni dovuti per il 2015 e il 2016, mentre il ritardo sui 170 milioni dovuti per il 2017 sarebbe colpa degli agricoltori, che non hanno caricato i certificati di polizza sul sistema informatico che poi calcola i rimborsi.

L’Asnacodi però è convinta dei propri numeri: «Ci devono ancora liquidare 84 milioni per il 2015, 192 per il 2016 e 226 per il 2017 - ribadisce battagliera la direttrice Paola Grossi - i soldi sappiamo che ci sono, il problema è tutto burocratico».

Come funziona il meccanismo dei rimborsi? Fino al 2014 i contributi - a copertura del 65% dell’ammontare di ogni polizza - arrivano dallo Stato: i consorzi anticipano i soldi alle compagnie assicurative e pochi mesi dopo incassano i premi dagli agricoltori, non appena questi ultimi ricevono i fondi pubblici. In materia di assicurazioni nell’agricoltura, il modello Italia è un unicum che tutta l’Europa ci invidia: le polizze non vengono contrattate dai singoli contadini, ma collettivamente dai consorzi di difesa degli agricoltori, che spuntano condizioni più favorevoli e fanno anche da anticipatari delle quote. Talmente brava, l’Italia, che alla fine fa scuola e dal 2015 i contributi salgono al 70% e diventano parte integrante del Fondo per lo sviluppo rurale, il cosiddetto secondo pilastro della Pac. Insomma, da fondi statali diventano fondi europei. Per il 2015-2021, la somma stanziata per i contributi è di 1,5 miliardi.

È qui, però, che cominciano gli intoppi: «La gestione del Fondo rurale- spiega Paola Grossi - è di per sè parecchio più burocratica. Su questo, si sono andati ad innestare i guai della piattaforma Sian, il Sistema informativo agricolo nazionale». Non solo i gestori del sistema sono entrati in crisi, «si è anche aggiunto il carico da 90 del procedimento di fusione tra i Comuni». Quando due amministrazioni si uniscono, i mappali cambiano, e non corrispondono più a quelli indicati sui certificati di polizza. Ecco perché non sono stati inseriti nel sistema, come accusa il Ministero: semplicemente, perché i dati non corrispondono.

Oggi in Italia un agricoltore su dieci si assicura contro le calamità naturali, con parecchie differenza a livello regionale: in Trentino si arriva al 95% delle imprese assicurate, al Sud si contano sulle dita di una mano. I dati provvisori per il 2017 dicono che la produzione agricola assicurata ammonta a circa 7 miliardi di euro.

Il rischio, se i contributi non verranno versati, è un pericoloso effetto domino su tutto il sistema: «Finora - spiega Paola Grossi - le banche hanno sempre anticipato ai consorzi di difesa l’equivalente per pagare i premi alle assicurazioni, con la certezza che avremmo restituito le cifre». Ma la pazienza delle banche non sarà infinita. «Eppoi gli agricoltori cominciano a non rinnovare le polizze, soprattutto quelli meno a rischio calamità: con il risultato che le compagnie alzeranno di molto i premi, visto che ad assicurarsi resteranno solo le imprese agricole delle aree più soggette ai cambiamenti climatici».

Insomma, se il ministero non sblocca i contributi ci perdono tutti. Ministero compreso: «Allo Stato - ricorda Paola Grossi - gli aiuti agli agricoltori post-calamità costano il quadruplo rispetto ai contributi alle assicurazioni». La stessa cosa vale per gli agricoltori: l’anno scorso, a fronte di 400 milioni di premi pagati, hanno incassato 500 milioni di risarcimenti. A calamità avvenuta, invece, ritorna solo il 10% del danno.

© Riproduzione riservata