Economia

Rifiuti speciali in aumento. Riutilizzato e riciclato il 65%

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Rifiuti speciali in aumento. Riutilizzato e riciclato il 65%

Rifiuti industriali: l’Italia produce 135,1 milioni di tonnellate l’anno di rifiuti speciali, con una crescita del 2% rilevata nel 2016 da un nuovo Rapporto dell’Ispra. La maggior parte di questi scarti prodotti dalle attività economiche e lavorative sono calcinacci dell’edilizia; inoltre la maggior parte dei rifiuti speciali viene riutilizzata in nuovi processi produttivi, creando un caso virtuoso di economia circolare. Tutto bene, quindi? No. Il riutilizzo va migliorato e reso più competitivo soprattutto nel confronto con gli altri Paesi europei, con i quali scambiamo troppa immondizia: ne piazziamo tantissima all’estero, soprattutto ceneri di centrali elettriche e di inceneritori e amianto.

Il Rapporto rifiuti speciali dell’Ispra
L’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca dell’ambiente) ha appena pubblicato la nuova edizione del Rapporto rifiuti speciali, coordinato da una delle persone più esperte del settore, Rosanna Laraia. Il documento si basa sui dati 2016.
La dizione “rifiuti speciali” è un vizio antico di decenni, quando fu deciso di chiamare in questo modo (“speciali”) tutti gli scarti delle attività economiche, produttive e industriali. Si tratta cioè di rifiuti che in qualche caso sono davvero speciali ma che nella stragrande maggioranza sono rifiuti normalissimi e innocuissimi: i calcinacci del muratore, gli imballi di plastica dei supermercati, la carta dai cestini degli uffici.
La definizione dei rifiuti speciali poi diventa più attenta nelle due grandi categorie di “speciali non pericolosi” (che sono appunto gli scarti normali e più abbondanti) e “speciali pericolosi”.
Quelli non pericolosi, cioè del tutto innocui e non distinguibili dalla normale spazzatura, sono il 93% dei rifiuti speciali.
Tra l’altro attorno a queste definizioni è in corso da anni una battaglia punitiva di chi vorrebbe paralizzare l’intero settore produttivo classificando come pericoloso qualsiasi rifiuto.

I numeri: aumentano i rifiuti pericolosi
Nel 2016, la produzione nazionale di rifiuti speciali si attesta a circa 135,1 milioni di tonnellate, con una crescita del 2%, corrispondente a circa 2,7 milioni di tonnellate. I rifiuti, compresa la spazzatura domestica, sono un indicatore importante degli andamenti di produzione e consumo, a maggior ragione per quelli delle attività economiche.
Cresce di oltre 2,1 milioni tonnellate la produzione totale di rifiuti speciali non pericolosi (+1,7%).
Sebbene con numeri assai più piccoli, aumentano di più i rifiuti pericolosi, che nel 2016 hanno fatto registrare un incremento del 5,6%, corrispondente in termini quantitativi a quasi 512mila tonnellate.

Quali rifiuti: calcinacci
Nel 2016 il maggior contributo alla produzione complessiva dei rifiuti speciali è dato dal settore delle costruzioni e demolizioni, che con oltre 54,8 milioni di tonnellate concorre al 40,6% del totale dei rifiuti speciali prodotti.
Parrà uno scherzo, ma un altro settore che produce gradi quantità di rifiuti speciali è il settore del trattamento dei rifiuti: dopo la selezione e il ricupero dei materiali riutilizzabili, ciò che rimane sono rifiuti speciali, i quali contribuiscono per il 27,2% (36,7 milioni di tonnellate) del comparto dei rifiuti speciali.
Il 20,7% è rappresentata dall’insieme delle attività manifatturiere (quasi 28 milioni di tonnellate).

I rifiuti innocui e quelli pericolosi
Per quanto riguarda i rifiuti non pericolosi, che sono il 93% di tutti i rifiuti speciali, secondo i dati dell’Ispra la maggiore quantità arriva dal settore delle costruzioni e demolizioni (43,4% del totale prodotto, corrispondente a quasi 54,4 milioni di tonnellate), seguito dalle attività di trattamento di rifiuti e attività di risanamento (26,9%) e da quelle manifatturiere (19,4%).
Il settore manifatturiero produce il 38,3% del totale dei rifiuti speciali pericolosi, corrispondente a quasi 3,7 milioni di tonnellate. Il 30,9% dei pericolosi deriva dalle attività di trattamento rifiuti e attività di risanamento, che generano quasi 3 milioni di tonnellate di rifiuti pericolosi, mentre il 19,8% è attribuibile al settore dei servizi, del commercio e dei trasporti, con 1,9 milioni di tonnellate, di cui circa 1,3 milioni di tonnellate da veicoli fuori uso.
Un dettaglio sui rifiuti pericolosi del settore manifatturiero, cioè dall’industria classica: nel 2016 il 46,6% (oltre 1,7 milioni di tonnellate) del quantitativo di rifiuti pericolosi complessivamente prodotto dal settore manifatturiero, è prodotto dai comparti della fabbricazione di coke e prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio, e della fabbricazione di prodotti chimici e farmaceutici, di articoli in gomma e plastica.

Lombardia e Veneto in testa
La produzione dei rifiuti speciali si concentra in Alta Italia, con quasi 77,8 milioni di tonnellate, pari al 57,6% del totale. La produzione del Centro è 25,3 milioni di tonnellate (18,7%) e il Mezzogiorno produce oltre 32 milioni di
tonnellate (23,7%).
Tra le regioni spiccano la Lombardia (29,4 milioni di tonnellate di rifiuti speciali, 21,8%), il Veneto (14,6 milioni di tonnellate, 10,8%) e l’Emilia-Romagna (13,7 milioni di tonnellate, 10,1%). Nel Centro-Sud è rilevante la Puglia (quasi 9,5 milioni di tonnellate pari al 7% del totale nazionale).

Il ricupero e il riciclo
Il recupero di materia è la forma predominante per gestire i rifiuti delle attività industriali ed economiche, con il 65% (91,8 milioni di tonnellate).
Seguono con il 13,3% (18,8 milioni di tonnellate) le altre operazioni di smaltimento di cui 12,1 milioni di tonnellate finiscono in discarica.
Residuali, con rispettivamente l'1,5% e lo 0,9%, le quantità avviate al recupero di energia (2 milioni di tonnellate) e all'incenerimento (1,2 milioni di tonnellate). Il ricupero e la riutilizzazione sono più frequenti per i rifiuti non pericolosi (67,7%).
Nella gestione e nello smaltimento, i rifiuti speciali pericolosi (9,3 milioni di tonnellate) sono raramente riutilizzati e vengono soprattutto smaltiti (6,5 milioni di tonnellate) soprattutto tramite il trattamento chimico fisico (3,6 milioni di tonnellate, il 56% del totale dei rifiuti pericolosi smaltiti). In discarica vanno 1,3 milioni di tonnellate di rifiuti speciali pericolosi (13,9%). Per il ricupero di materia (2,4 milioni di tonnellate, il 25,8% del totale gestito) l’operazione più diffusa è il riciclo di metalli o composti metallici.

Il riutilizzo come combustibili
Nel 2016, gli impianti produttivi che utilizzano rifiuti speciali come fonte di energia sono 372, di questi 300 utilizzano una quantità di rifiuti superiore a 100 tonnellate l’anno, mentre i restanti 72 recuperano piccoli quantitativi di rifiuti esclusivamente per il recupero di energia funzionale al proprio ciclo produttivo. Il quantitativo complessivo di rifiuti speciali, non pericolosi e pericolosi, destinato a recupero energetico è pari a circa 2,1 milioni di tonnellate; rispetto all'anno 2015 si registra una lieve flessione di circa 18mila tonnellate (-0,9%).
I rifiuti non pericolosi, circa 2 milioni di tonnellate (95% del totale), fanno registrare, rispetto all'anno 2015, una flessione, pari all'1,2%. I rifiuti pericolosi, poco più di 103mila tonnellate (5% del totale), mostrano, invece, un aumento del 5,9%. In particolare, in Lombardia sono state destinate al recupero energetico oltre 544mila tonnellate (26,3% del totale), cui segue l'Emilia Romagna con oltre 287mila tonnellate (13,9%), il Piemonte con 209mila tonnellate (10,1%), il
Veneto con 191mila tonnellate (9,3%), l'Umbria con quasi 183mila tonnellate (8,8%), il Friuli Venezia Giulia con oltre 140mila tonnellate (6,8%) e la Liguria con quasi 96mila tonnellate (4,6%).
Ma che rifiuti si bruciano per ricavarne energia? Le tipologie più rappresentative di rifiuti non pericolosi utilizzati come fonte di energia sono costituite dai rifiuti della lavorazione del legno, carta e affini, con un quantitativo di 783mila tonnellate (39,9%), il biogas, con circa 711mila tonnellate (36,2%), e i rifiuti
prodotti dal trattamento meccanico di rifiuti, con quasi 206mila tonnellate (10,5%).

L’export (e l’import) di rifiuti
Non tutti i rifiuti speciali prodotti in Italia vengono gestiti in Italia. Treni e camion carichi di scarti vanno verso l’estero. Secondo il rapporto Ispra, la quantità totale di rifiuti speciali esportata nel 2016 è pari a 3,1 milioni di tonnellate, di cui il 67,4% (2,1 milioni di tonnellate) è costituito da rifiuti non pericolosi e il restante 32,6% (1 milione di tonnellate) da rifiuti pericolosi. I maggiori quantitativi sono destinati alla Germania (850mila tonnellate) e sono prevalentemente rifiuti pericolosi (636mila tonnellate) prodotti dalle operazioni di costruzione e demolizione (313mila tonnellate) come l’amianto e da impianti di trattamento dei rifiuti (289mila tonnellate).
Tra i rifiuti non pericolosi, il quantitativo maggiormente esportato, pari al 43,2% del totale dei rifiuti non pericolosi, è costituito da ceneri leggere di carbone, gessi e polveri da desolforazione dei fumi di inceneritori e centrali (587mila).
Un po’ di rifiuti speciali vengono anche importati: nel 2016 si è trattato di 5,8 milioni di tonnellate, quasi tutti non pericolosi, caratterizzati dall’approvvigionamento di rottame tedesco da riciclare in Italia come materia prima della metallurgia. Altri fornitori di metalli da riciclare sono Austria e Ungheria.

I fanghi dei depuratori
Per avere fiumi puliti e acque depurate bisogna produrre rifiuti: i fanghi. Più sporcizia viene tolta dall’acqua per ottenere un fiume limpido e cristallino, e più fango viene prodotto dal depuratore. Un problema approfondito anche dagli studi condotti dalla facoltà di Agraria della Cattolica di Piacenza che, insieme con le esperienze delle imprese del settore, ha cercato di individuare soluzioni per il ricupero di questi materiali come pregiato concime per l’agricoltura.
Stando al rapporto Ispra nel 2016 in Italia sono stati prodotti circa 3,2 milioni di tonnellate di fanghi derivanti dal trattamento acque reflue urbane, che rispetto al 2015 registrano un incremento del +3,7%. Sono cresciuti soprattutto i fanghi prodotti dai depuratori in Puglia, Emilia Romagna e Campania. La Lombardia e l’Emilia Romagna, con più di 452mila e 431mila tonnellate, sono le regioni con il maggiore quantitativo prodotto, seguiti dal Veneto e dal Lazio.
Le operazioni di smaltimento dei fanghi (70,8%) sono prevalenti rispetto a quelle di recupero, e vengono gettati soprattutto in discarica (258mila tonnellate).

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