L'invito di Trump al premier italiano Conte ad andare avanti sul gasdotto Tap perché permette di diversificare le fonti di approvvigionamento e l'impegno assunto da Mattarella con il presidente dell'Azerbajian, Aliyev, a proposito del completamento del corridoio meridionale del gas, collocano sicuramente quest'infrastruttura energetica in una dimensione internazionale ma provocano anche un serio problema di tenuta ai Cinque Stelle, che il gasdotto Tap avversano da tempo, e aprono un fronte di crisi nel Governo giallo-verde.
GUARDA IL VIDEO / Odissea Tap, fra ricorsi legali e proteste
«Vorrei vederlo completato» raccomanda Trump e Conte nella sua visita a Washington. E il premier italiano, pur ammettendo
quelli che definisce «disagi delle comunità locali» - ma in realtà sono state proteste dure, spesso sfociate nella violenza
-, annuncia che incontrerà per un confronto i sindaci del Salento, l'area della Puglia dove il gasdotto è destinato ad arrivare
dopo aver attraversato Albania, Grecia e Mar Adriatico. «Il progetto Tap serve» evidenzia Aliyev a Mattarella. E il presidente
della Repubblica assicura: «C'è il comune impegno a portare a compimento il corridoio meridionale».
La battaglia dei Cinque Stelle
Con le assicurazioni di Mattarella e Conte ai rispettivi interlocutori sembrerebbe che il gasdotto abbia ormai, nel tratto
pugliese, la strada spianata. E invece non è proprio così, non è affatto tutto scontato, perché i Cinque Stelle, soprattutto
quelli pugliesi, dopo aver detto in campagna elettorale che il gasdotto sarebbe stato bloccato, tengono duro. E così accade
che dopo le parole di Mattarella e poco prima che intervenisse Conte, un ministro dell'attuale Governo, Barbara Lezzi, con
delega al Sud e parlamentare salentina, insista nel dire che il gasdotto «non è un genere di investimento che serve né al
Salento, né alla Puglia, né all'intera Italia. E Tap non avrà significativi vantaggi per l'Italia». Conte ha detto a Trump
che l'opera si farà e che andrà nel Salento per convincere gli oppositori? Lezzi non si scoraggia e rilancia: «Sono soddisfatta
dell'impegno assunto dal presidente perché le comunità che si appresta ad incontrare hanno tutte le informazioni che gli faranno
cambiare idea». Va aggiunto che il ministro, pochi giorni fa, è stato duramente contestato a Lecce dai No Tap, che temono
un cambio di rotta e parlano di «tradimento elettorale», e che sempre Lezzi ha avuto su Tap uno scontro con Emiliano, definendo
«una sceneggiata» l'aiuto chiesto dal governatore al pentastellato Di Battista.
Nel frattempo, in Regione Puglia, i Cinque Stelle continuano a dare battaglia sul gasdotto. L'ultima iniziativa è un emendamento
presentato in sede di assestamento di bilancio per effettuare «attività di monitoraggio per individuare la presenza di habitat
marini che possano giustificare la proposta di istituzione di un Sic nel tratto di mare antistante la costa di Melendugno»,
proprio dove arriverà il gasdotto segnando l'inizio del tratto italiano. Per i Cinque Stelle pugliesi, il monitoraggio in
questione, finanziato con 100mila euro, «potrebbe mettere in seria discussione la realizzazione del Tap vista la presenza
di un'area di circa 200 metri quadrati di Cymodocea nodosa in corrispondenza del punto di uscita del microtunnel». Ironizza
il Pd in Regione Puglia, che, mettendo in fila le diverse dichiarazioni (Conte, Lezzi, Cinque Stelle pugliesi), chiede allo
stesso M5S: ma ci siete o ci fate?
Non sarà facile uscirne per i Cinque Stelle ora che il nodo Tap si sta aggrovigliando. Se sino a ieri era uno scontro tra
Governo (prima Renzi, poi Gentiloni) e opposizione (i pentastellati), ma anche tra Governo ed Emiliano, governatore della
Regione Puglia, adesso è una partita internazionale con importanti interlocutori che invitano l'Italia a stare ai patti. C'è
oggettivamente un significativo cambio di contesto. Ma al di là della importante variazione di scenario, il Tap è da tempo
una storia tribolata, fatta di battaglie politiche, opposizione di piazza e scontri legali. I numeri dell'opera sono rilevanti:
10 miliardi di metri cubi di gas dall'Azerbajian, eventualmente raddoppiabili, 40 miliardi di dollari di investimento nel
corridoio meridionale del gas, 4,5 miliardi di euro nel tratto Turchia-Grecia-Albania, 400 milioni in Italia, un miliardo
e mezzo di finanziamento dalla Bei, altri 500 milioni dalla Bers.
Gli scontri con la Polizia, l'espianto degli ulivi
Era l’aprile del 2017 quando Tap, provvista di tutte le autorizzazioni, avviò l'espianto temporaneo dei primi 200 ulivi in
una delle aree interessate ai lavori. Un “trasloco” provvisorio doveva essere, mettendo gli ulivi in un'area protetta, seguendo
tutte le indicazioni e le prassi colturali e agricole. Ma fu un “trasloco” che richiese l'impiego di un vasto spiegamento
di forze di polizia perché il fronte No Tap provò in tutti i modi a bloccare il trasferimento degli alberi. Non solo: cominciano
più di un anno fa, e vanno avanti per mesi, innumerevoli episodi di intimidazione e di violenza verso Tap stessa, le imprese
appaltatrici e il personale del cantiere. La casistica degli episodi è ampia: recinzioni divelte, tentativi di incendio, mezzi
aziendali danneggiati, scritte minacciose, barricate stradali, muretti a secco di campagna distrutti per ricavarne pietre
da utilizzare negli scontri con le forze di polizia. Cresce così tanto la tensione a Melendugno, nel basso Salento, e diviene
evidente la necessità di approntare misure di ordine pubblico, che il prefetto di Lecce deve varare un'ordinanza che limita
la circolazione in una vasta area attorno al cantiere Tap, già di per sé molto vigilata. Dura un mese quest'ordinanza, ma
dà il segno di quale sia il clima in questo pezzo di Puglia.
Violenze, assalti, scontri. Ma anche battaglie legali tra Tar e Consiglio di Stato, perse però dagli oppositori del gasdotto,
ed una sponda importante come quella del governatore Emiliano. Contrario non all'opera ma all'approdo a Melendugno, che anni
fa, in fase di autorizzazione, fu ritenuto il meno impattante dal ministero dell'Ambiente. Negli ultimi anni Emiliano si è
messo di traverso. Da un lato vuole che Tap serva alla decarbonizzazione dell'Ilva, dirottando al siderurgico di Taranto il
gas che serve agli impianti perché non inquinino, ma dall'altro, chiedendo di cambiare approdo, pone inevitabilmente un allungamento
dei tempi di realizzazione del gasdotto. A parte il fatto che tutti i siti alternativi a Melendugno proposti da Emiliano -
l'ultimo é stato Brindisi - hanno incassato il no dei sindaci e delle comunità locali.
L'intervento della Magistratura
C'è anche la riapertura dell'inchiesta sull'assoggettamento o meno del gasdotto alla direttiva Seveso sui grandi rischi, inchiesta
dove sono indagati due manager di Tap, la stessa società e un alto dirigente del Mise. A febbraio scorso una prima indagine
fu archiviata. Ma due mesi più tardi lo stesso gip, Vergine, l'ha riaperta, accogliendo la richiesta di incidente probatorio
avanzata dalla Procura dopo l'esposto di otto sindaci e del comitato No Tap Salento. Nominati i periti, é in corso l'incidente
probatorio. Che dovrà valutare se, come ipotizzato nell'esposto, i progetti della Tap e di Snam Rete Gas per la connessione
alla rete nazionale, siano da considerarsi unitari piuttosto che distinti. Ipotesi che andrebbe a influire sulla quantità
di gas presente nel terminale di ricezione dell'infrastruttura che Tap indica in 48,6 tonnellate, rispetto a un limite per
l'applicabilità della direttiva Seveso sul pericolo di incidenti industriali rilevanti per la popolazione e per l'ambiente,
che è di 50 tonnellate.
Grecia e Albania in dirittura d’arrivo, Italia al rallentatore
Tutta questa battaglia sul tratto pugliese di Tap ha avuto sinora un effetto: mentre in Grecia e in Albania i lavori da tempo
sono in fase avanzatissima, in Puglia si va al rallentatore. Per il momento, tiene la previsione di arrivo del primo gas nel
2020, anche se, si ipotizza, forse non sarà nel primo trimestre. Tra Grecia e Albania il 95 per cento dei tubi sono stati già saldati e tirati sul terreno, dicono fonti Tap. Avanzata anche la costruzione delle opere complementari. In Puglia, invece, il pozzo di spinta è pronto.
A settembre si conta di far partire i lavori del microtunnel. Si attende l'arrivo della talpa meccanica che, in base al ruolino
di marcia ipotizzato, potrà scavare da 15 a 30 metri al giorno. Si conta di completare il microtunnel in 120 giorni. La società
Tap vuole poi chiedere il dissequestro del cluster cinque. Un tratto di un chilometro, inserito in un percorso di circa otto,
a sua volta frazionato in nove cluster. Sono gli otto chilometri di lavori a terra. Sul cluster cinque c'è un sequestro probatorio
perchè la Procura contesta violazioni paesaggistiche. In quest'area ci sono circa 450 ulivi, su un totale di 1870 dei nove
cluster, che, col nulla osta della Procura, sono stati espiantati e messi a dimora, in sicurezza, laddove sono stati reimpiantati
i circa 200 ulivi tolti l'anno scorso. Infine, Tap conta di cominciare a settembre la costruzione del terminale di ricezione,
per il quale ci sono tutte le autorizzazioni. Solo che prima bisognerà rimuovere gli ulivi presenti negli altri otto cluster.
Non tutti però: quelli ai bordi della pista di lavori saranno lasciati sul posto.
© Riproduzione riservata