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Genova, l’allarme delle Pmi dopo il ponte: «Così noi…

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gli effetti del crollo sull’economia locale

Genova, l’allarme delle Pmi dopo il ponte: «Così noi non lavoriamo»

Aldo chiude la porta e si allontana mestamente, con il capo chino. «Tanto - ci spiega allargando le braccia - qui i clienti come ci arrivano?». La sua azienda di materiali edili, sette addetti, fondata nel 1956, è proprio ai margini della zona rossa, l’area evacuata e inaccessibile, dopo il crollo del viadotto Polcevera.
Nelle condizioni di Aldo sono purtroppo molte altre imprese, soprattutto realtà di minori dimensioni. Se infatti i danni diretti al sistema economico sono fortunatamente limitati, il tema vero è quello dell’utilizzo degli spazi. A Sda, ditta di distributori automatici poco distante è andata bene: può continuare a lavorare, grazie all’apertura da parte della protezione civile di una strada di collegamento che consente ai mezzi di transitare.

Decisamente sfortunato è invece Luca, che sconsolato guarda il proprio distributore di benzina, una decina di metri oltre la barriera di transenne di via Fillak. «Dalla scorsa settimana siamo bloccati - racconta - e quindi non possiamo incassare nulla: da duemila litri al giorno di carburante siamo passati a zero».

Le storie si moltiplicano, così come si allunga la lista delle aziende che segnalano difficoltà. Perché anche chi è al di fuori della zona rossa ma all’interno di una via chiusa perde inevitabilmente clienti. Crolla il lavoro per Luca, professione gommista, così come per il meccanico, Luigi. «Qui dovrebbero portarci le macchine da riparare con carri attrezzi e bisarche - spiega - ma se i vigili le bloccano in fondo alla strada questo è impossibile. Volkswagen mi ha chiamato e ci ha garantito che ci darà una mano. Meno male, perché qui ce la stiamo vedendo davvero brutta».

«Stavamo già pensando di trasferirci - racconta Pasquale, titolare di una pizzeria poco lontano - e questa volta credo proprio che lo faremo, nei giorni scorsi abbiamo identificato un locale nella zona di S.Quirico. Arrivare qui per i clienti è complicato e la vicenda credo sarà ancora lunga, non vedo soluzioni rapide».

A giorni sarà terminato il censimento coordinato dalla Regione con le associazioni di categoria, che ha lo scopo di allargare il perimetro anche a queste realtà, valutando i danni diretti ma anche indiretti per l’interaa struttura produttiva genovese e non solo. Considerando dunqe i mancati incassi, gli aggarvi per i costi di trasporto oppure di personale.

Dall’altra parte del torrente Polcevera, ad Ansaldo Energia, i problemi sono simili, solo moltiplicati per dimensioni. «Vede - ci spiega l’ad Giuseppe Zampini - stiamo cercando di chiedere lo sblocco di quest’area, perché altrimenti il flusso produttivo dovrà essere modificato».

Non un fatto banale, per chi deve movimentare oggetti da centinaia di tonnellate, componenti di centrali energetiche e turbine che seguono un percorso interno obbligato, dove le fondamenta per reggerli sono evidentemente inamovibili, così come difficilmente spostabili sono gli impianti di lavorazione.

Quel che resta del ponte è lì, sopra le nostre teste, una curva morbida che passa quasi verticalmente al di sopra di parte dell’impianto e della mensa. Pare in effetti quasi un miracolo che in 51 anni di vita nessun mezzo sia volato qui sotto, magari per una gomma forata o un semplice colpo di sonno.

Al momento 750 persone in Ansaldo Energia sono in ferie forzate ma quando rientreranno l’intera attività dovrà essere riorganizzata, a meno di riuscire ad ottenere un parziale via libera per accedere a queste aree. «Sembra poco, ma solo per consentire alle persone di spostarsi per mangiare dobbiamo prolungare la pausa di 20 minuti. Tenendo conto di tutti gli aggravi, gli extra-costi per noi sono nell’ordine degli 800mila euro al mese». La soluzione auspicata è quella di una ripresa dell’attività in attesa del nuovo stop in coincidenza dell’abbattimento del ponte, in modo da portare avanti nel frattempo le commesse in lavorazione. Riprendiamo la strada verso il mare. In linea d’aria una manciata di chilometri, ora trasformati quasi in viaggio.

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