Porte aperte ai pannelli solari di produzione cinese. Il 31 agosto, infatti, la Commissione europea ha annunciato che non estenderà più le misure di anti-dumping e anti-sussidi contro i pannelli solari cinesi dopo la scadenza del 3 settembre. Dalla mezzanotte di lunedì, insomma, via libera all’ingresso nei confini dell’Unione a questo tipo di prodotto realizzato in Cina.
La Commissione ha affermato che tale decisione è stata presa dopo aver considerato gli interessi di produttori, utenti e importatori di pannelli solari della Ue; la decisione è, inoltre, anche favorevole a raggiungere i nuovi obiettivi della Ue in materia di energie rinnovabili. A ulteriore sostegno della decisione di porre fine alle misure antidumping, la Ue ha sottolineato come progressivamente i prezzi dei prodotti cinesi si siano allineati a quelli di mercato.
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Le misure erano in vigore dal 2013
Bruxelles ha prima imposto misure antidumping e antisovvenzioni per pannelli solari, wafer e celle cinesi nel 2013 e li ha
prorogati di 18 mesi a marzo dello scorso anno. L’introduzione era stata sollecitata alla Commissione sin dal 2012, nel pieno
degli effetti della grande crisi, dal gruppo di produttori europei Eu ProSun. Le motivazioni, legate sostanzialmente agli
effetti deleteri sul settore e sull’economia continentale dalle importazioni a basso costo e a un problema di concorrenza
sleale, erano state accolte.
Pro e contro all’interno della filiera produttiva europea
All’interno del settore europeo le posizioni non sono omogenee. Da un lato installatori e fornitori di servizi non vedono
male il ripristino delle normali condizioni di mercato. Dall’altro i produttori di pannelli, invece, temono un’invasione che
possa far scomparire del tutto il comparto. In particolare, le critiche più decise arrivano da Eu ProSun, il ragruppamento di categoria a livello europeo che paventa un’inondazione di importazioni a basso prezzo.
Eu ProSun sostiene che ci sarebbero le condizioni per una un’ulteriore estensione temporale delle misure antidumping da parte della Ue nei confronti della Cina e ha sottolineato che i produttori europei rischiano di essere devastati dalla fine delle misure. Contro questa decisione i produttori di pannelli - secondo quanto riporta la Reuters - non escludono una possibile sfida legale alla Corte di giustizia europea. Eu ProSun, in una nota, ha sottolineato che anni di calo dei prezzi non hanno portato alla crescita del mercato europeo.
D’altro canto, non da tutti la decisione Ue è vista come negativa. SolarPower Europe, il soggetto che rappresenta importatori e installatori, ha descritto la mossa come uno “spartiacque” per l’industria solare europea, in grado di rimuovere il più grande ostacolo alla crescita del settore.
Il delicato equilibrio dell’Unione
Presa tra due fuochi da parte del mondo economico e con una “crisi” politico commerciale con Pechino comunque da gestire,
muoversi per Bruxelles non è semplice. L’Unione europea ha dovuto affrontare un delicato equilibrio tra gli interessi dei
produttori continentali e quelli rappresentati da importatori e installatori che, in particolare, premono per una riduzione
del costo della generazione di energia solare. Sul fronte internazionale, inoltre, l’introduzione delle misure antidumping
nel 2013 aveva alzato la tensione con la Cina, arrivando a sfiorare una guerra commerciale.
L’apprezzamento di Pechino
Il ministero del commercio cinese ha accolto con favore la fine delle restrizioni, descrivendo la mossa come un «modello per
risolvere con successo le frizioni commerciali attraverso dialogo e consultazioni». La mossa, secondo Pechino, «riporterà
il commercio Ue-Cina del fotovoltaico a una normale condizione di mercato, fornirà un ambiente imprenditoriale più stabile
e prevedibile per la cooperazione tra le industrie delle due parti e realizzerà veramente un vantaggio reciproco per entrambe
le parti».
In our central #WEO17 scenario, natural gas overtakes coal in global capacity by 2030, while solar PV overtakes win… https://twitter.com/i/web/status/964507967533043713
– IEA(IEA)
La decisione e la guerra commerciale globale
I rapporti commerciali tra Unione europea e Cina non possono, ovviamente, prescindere dalle dinamiche globali e in questo
senso risentono inevitabilmente dalla guerra commerciale in atto tra gli Usa di Donald Trump e il colosso asiatico, a colpi
di dazi per un controvalore di centinaia di miliardi di dollari. Tra i prodotti presi di mira dalla Casa Bianca rientrano,
guarda caso, proprio i pannelli solari cinesi. E la Cina si trova a dover fare i conti anche con misure restrittive da parte
dell’India. Usa e India rappresentano per il comparto dei pannelli solari cinesi il secondo e terzo mercato di sbocco dopo
quello domestico: chiaro, quindi, che una normalizzazione dei rapporti con l’Europa e una riapertura dei flussi non possa
che essere vista con piacere nel Paese asiatico. Tanto più in considerazione dell’eccesso di capacità produttiva interna.
Cosa prevede la fine delle misure
I produttori cinesi sono stati autorizzati a vendere prodotti solari in Europa senza dazi, purché rispettino un prezzo minimo. Se i pannelli di produzione cinese saranno venduti a prezzi inferiori rispetto a quanto stabilito saranno soggetti a dazi
fino al 64,9 percento. La Commissione Ue, nel motivare la decisione di porre fine alle misure antidumping, ha dichiarato che
è nell’interesse generale della Ue nel suo insieme che le misure scadano, visto anche l’obiettivo strategico di aumentare
la sua offerta di energia rinnovabile. Le misure sono inoltre diminuite nel tempo, consentendo ai prezzi delle importazioni
di allinearsi con quelli del mercato mondiale.
La produzione mondiale
A livello di capacità degli impianti di energia solare, la Cina è ampiamente il primo Paese al mondo con oltre 131 Gw nel
2017, secondo i dati dell’Agenzia internazionale per l’energia (Aie), seguita dagli Stati Uniti (51 Gw), che negli ultimi
anni hanno conosciuto una forte crescita e superato il Giappone (49) e la Germania (42). L’Italia con 19,7 Gw è ancora in
quinta posizione ma è incalzata dall’India, che sta conoscendo un’esplosione del settore. Se si guardano i dati relativi alla
produzione di moduli fotovoltaici per Paese, la graduatoria è ancora più esplicita. la Cina ha una quota pari al 69% (dati
2016), Corea del Sud e Malesia hanno il 7% ciascuna di quota, Europa e Giappone il 4. Gli Stati Uniti sono fermi al 2 per
cento.
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