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Rifiuti, maggioranza divisa sulla norma azzoppa-riciclo. A rischio…

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Rifiuti, maggioranza divisa sulla norma azzoppa-riciclo. A rischio il ricupero

(Fotogramma)
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Posizioni contrapposte nella maggioranza in Senato attorno alle regole “end of waste” sul riciclo. E torna a galla la norma azzoppa-riciclo che era stata soppressa la settimana scorsa; se dovesse essere approvata, potrebbe saltare — per una legge dello Stato — il riciclo di quei rifiuti che tornano prodotti.
Allarmatissime le imprese, preoccupatissime le associazioni ambientaliste, e oggi pomeriggio contro gli ostacoli normativi al riciclo è intervenuta anche la Confindustria .
L’industria del ricupero dei materiali, quel 65% di scarti industriali che viene rigenerato e torna alla vita come nuovo prodotto, quell’obiettivo europeo di riciclo indicato dall’Europa per l’immondizia delle famiglie, ebbene tutto ciò è messo a rischio da un emendamento nato negli uffici del ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, e sponsorizzato da diversi parlamentari della maggioranza Cinquestelle di governo. Ma all’altra componente della maggioranza, la Lega, quel testo non piace.

In Europa i materiali che cessano di essere rifiuti sono beni che devono poter essere venduti nel mercato. L’Italia si accinge a fare il contrario.
Eliminata la settimana scorsa dal decreto Semplificazioni perché paralizzante e perché creatrice di complicazioni burocratiche insuperabili, torna a galla sotto forma di emendamento la norma che intende paralizzare tutto il sistema del riciclo e ricupero.

La norma proposta si basa su una legge del 1988 quando il riciclo era una rarità, quando il presidente del consiglio era Giovanni Goria, quando Alessandro Natta fu sostituito da Achille Occhetto alla guida del Pci, quando Michail Gorbaciov divenne segretario del Pcus dell’Urss, quando George Bush (padre) fu eletto al posto di Ronald Reagan e quando il gettone del telefono costava 200 lire.

L’emendamento è stato pensato all’interno del ministero dell’Ambiente sulla base di istanze di area Cinquestelle ed è stato firmato dai senatori Moronese, Nugnes, La Mura, L’Abbate, Mantero, Ortolani, Quarto, Gallicchio. C’è l’assenso politico del ministro dell’Ambiente Sergio Costa.

Contro di esso è stato controproposto un emendamento di area Lega di posizione opposta, cioè pochissime righe di semplificazione, firmato da Briziarelli, Arrigoni, Zuliani, Cantù, Rvolta, Ferrero, Solinas. C’è l’assenso politico della sottosegretaria all’Ambiente Vannia Gava.

Costi e arruolamenti
Mentre sparisce il Sistri, il sistema di tracciabilità dei rifiuti; mentre il sistema del riciclo sta entrando in crisi soffocato dalla mancanza degli impianti di riutilizzo a causa delle opposizioni dei comitati locali del no; mentre vanno a fuoco impianti di trattamento e di selezione dei rifiuti e Roma rientra in crisi, nel frattempo il testo ammazza-riciclo è tornato a galla come emendamento alla Legge di Bilancio.

Obietteranno gli esperti di legislazione: questa che paralizzerà il riciclo è una norma “ordinamentale”, non può entrare in una legge finanziaria.
È presto detto: per poter essere applicata, la legge ha bisogno di assunzioni di personale esperto, e per assumere personale esperto il ministero dell’Ambiente ha bisogno di finanziamenti, e l’emendamento così individua uno stanziamento di 200mila euro l’anno per tre anni con cui ripagare il lavoro.

I rischi per il riciclo
Facendo carta straccia delle regole europee che semplificano le regole ”end of waste”, l’emendamento pone talmente tanti vincoli alle attività di ricupero in modo tale da rallentare e forse impedire ai materiali riutilizzabili di uscire dal regime dei rifiuti e di rientrare in quello dei prodotti.
Anche l’associazione ecologista Legambiente ha protestato contro questa norma azzoppa-riciclo.

Il pasticcio in Consiglio dei ministri
Dal decreto Semplificazioni approvato la settimana scorsa erano state tolte le disposizioni più volte annunciate dal ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, sulle autorizzazioni degli impianti di riciclo. Si tratta di “end of waste” (in inglese, fine del rifiuto), quella norma europea secondo la quale un rifiuto, se segue criteri precisi, quando viene riutilizzato in un nuovo ciclo produttivo perde lo status di rifiuto e diventa prodotto.
Oggi l’Italia ha normative specifiche per meno di un pugno di prodotti, come per esempio gli pneumatici usati. Tutto il resto che viene riciclato resta rifiuto in aeternum, e alle norme del rifiuto resta vincolato.
La norma “end of waste” concepita dal ministero era stata tolta dal decreto Semplificazioni perché in questa versione non avrebbe semplificato nulla, anzi a il testo proposto era al contrario una complicazione.
L’approccio dell’articolato era infatti quello punitivo, cartaceo e burocratico la cui applicazione non avrebbe aggiunto alcuna tutela ambientale e al contrario avrebbe creato spazi per i furbetti del rifiuto. Il testo proposto era contestato perfino dai tecnici di rifiuti dello stesso ministero dell’Ambiente.

L’emendamento torna a galla
Cancellata dal decreto Semplificazioni, la norma “end of waste” ora ritornata in pista (con firma dei senatori Moronese, Nugnes, La Mura, L’Abbate, Mantero, Ortolani, Quarto, Gallicchio) rinvia il riciclo in attesa che arrivi in futuro un altro decreto che contenga criteri generali di applicazione diversi da quelli europei già recepiti in Italia. Inoltre, per ogni singolo materiale da riciclare bisognerà emanare un decreto dall’iter infinito (concertazione, intese con le Regioni, pareri dell’Ispra, la verifica del Consiglio di Stato, notifica della regola tecnica alla Ue, approvazione della Corte di conti, nulla-osta del dipartimento Affari giuridici legislativi di Palazzo Chigi).
Le autorizzazioni nuove o vecchie agli impianti sarebbero bloccate in attesa che vengano emanati il decreto futuro con i criteri generali e poi i singoli decreti applicativi in un futuro posteriore.
Il fondamento è un decreto «adottato ai sensi dell’art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400 entro nove mesi dall’entrata in vigore della presente legge», cioè dovrà essere emanato un decreto ministeriale con il quale (così dice quella legge di 30 anni fa) «possono essere adottati regolamenti nelle materie di competenza del Ministro o di autorità sottordinate al ministro, quando la legge espressamente conferisca tale potere».
Nel frattempo le autorizzazioni per nuove attività di riciclo non previste dalle norme vecchie resterebbero ferme in attesa del decreto del Ministero dell'Ambiente sui criteri generali.
Il testo proposto ha dimenticato che esiste l’articolo 6 della nuova direttiva, la quale modifica la direttiva precedente 2008/98/ce.
Che cosa dice la direttiva? Gli Stati membri — dice la norma europea — adottano misure appropriate per garantire che i rifiuti sottoposti a un’operazione di riciclaggio o di recupero di altro tipo cessino di essere considerati tali se soddisfanno le seguenti condizioni
• la sostanza o l’oggetto è comunemente destinato a essere utilizzato per scopi specifici;
• esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto;
• la sostanza o l’oggetto soddisfà i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti;
• l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana.
Inoltre la direttiva prevede già i criteri dettagliati.

Dai pannolini alla crisi
Il problema era nato in febbraio con l’innovativo impianto con cui a Spresiano (Treviso) la Fater e l’azienda di servizi ambientali Contarina riescono a riciclare i pannolini igienici, uno dei problemi più “esplosivi” nella gestione dei rifiuti. L'impianto è oggetto di studio internazionale e modello invidiato nel mondo.
La società Contarina aveva chiesto alla Regione del Veneto un'autorizzazione all'impianto in cui la Regione, al termine della sua istruttoria attenta e complessa con cui rilasciava il permesso all'attività, stabilisse anche i criteri end of waste.
La Regione del Veneto ha risposto a Contarina che no, non le è permesso stabilire i criteri secondo i quali un materiale esce dalle regole dei rifiuti per entrare in quelle dei prodotti, e la Regione non può farlo perché non esiste alcun regolamento europeo né alcun decreto nazionale cui riferirsi.
Contarina è andata al Tar Veneto, il quale ha dato ragione alla società trevisana e ha dato torto alla Regione del Veneto: il Veneto (ha detto il Tar) deve decidere che cosa è rifiuto e che cosa è prodotto.
La sentenza del Tar è passata all’esame del Consiglio di Stato, il quale in febbraio ha ribaltato il parere del Tar e ha dato ragione al Veneto: la competenza per stabilire i criteri end of waste spetta solo al ministero dell'Ambiente o al legislatore comunitario, non a un’autorità competente al rilascio di un’autorizzazione come nel caso di una Regione.
La sentenza ha messo nel panico tutto il mondo del riciclo, che ora si sta fermando.
Difatti le Regioni, pur non condividendo la pronuncia del Consiglio di Stato, non rilasciano o rinnovano le autorizzazioni caso per caso per le attività di recupero e riciclo dei rifiuti.

Ecco l’emendamento azzoppa-riciclo
Firmatari i senatori Moronese, Nugnes, La Mura, L’Abbate, Mantero, Ortolani, Quarto, Gallicchio.
AS 981
Emendamento all'art. 1
Dopo il comma 431, aggiungere i seguenti:
«431-bis. “All'articolo 184-ter del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, dopo il comma 5 sono aggiunti i seguenti commi:
“5-bis. Per ciascuna tipologia di rifiuto, fino alla data di entrata in vigore del relativo decreto di cui al comma 2, e comunque nel rispetto dei criteri generali dettati con il decreto di cui al comma 5-ter, i criteri specifici di cui al comma 1 possono essere stabiliti per il singolo caso, nel rispetto delle condizioni indicate nel comma 1, tramite autorizzazioni rilasciate ai sensi degli articoli 208, 209 e 211 e delle disposizioni contenute nel titolo III-bis della parte seconda del presente decreto.
5-ter. Con decreto adottato ai sensi dell'art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400 entro nove mesi dall'entrata in vigore della presente legge, previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Provincie autonome di Trento e Bolzano, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare individua i criteri generali, concernenti un elenco di rifiuti con indicazione dei relativi codici EER ai fini del rilascio delle autorizzazioni di cui al comma 5-bis, con particolare riferimento alle verifiche sui rifiuti in ingresso nell'impianto in cui si svolgono tali operazioni ed ai controlli da effettuare sugli oggetti e sulle sostanze che ne costituiscono il risultato.
431-ter. Fino all'entrata in vigore del decreto di cui all'art. 184-ter, comma 5-ter, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, le Autorità competenti al rilascio delle autorizzazioni di cui agli articoli 208, 209 e 211 e di quelle di cui al Titolo III-bis della parte seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, verificano, sulla base delle risultanze dell'attività di controllo del Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente di cui alla legge 28 giugno 2016, n. 132, la conformità delle autorizzazioni già rilasciate, alla data di entrata in vigore della presente legge, alle condizioni di cui all'articolo 184-ter, comma 1, del medesimo decreto legislativo. A tali fini, si considerano non conformi le autorizzazioni in contrasto con le caratteristiche delle materie prime o dei prodotti ottenuti di cui alle norme tecniche generali per il recupero di materia dai rifiuti non pericolosi, di cui all'Allegato 1, Suballegato 1, del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 5 febbraio 1998, e con quelle relative al recupero di materia dai rifiuti pericolosi, di cui all'Allegato 1, Suballegato 1, del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 12 giugno 2002, n. 161, nonché con le disposizioni del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 17 novembre 2005, n. 269. Qualora le autorizzazioni rilasciate a norma degli articoli 208, 209 e 211 e del Titolo III bis della Parte Seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, riguardino attività di recupero non contemplate nei sopra citati decreti, ovvero le caratteristiche delle sostanze o dei prodotti ottenuti non siano conformi a quelle previste nei sopra citati decreti, la verifica di conformità è effettuata in relazione alle linee guida emanate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare da adottare, previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, entro tre mesi dall'entrata in vigore della presente legge.
In caso di accertata difformità, le Autorità competenti richiedono al titolare dell'autorizzazione di effettuare le modifiche, le integrazioni o gli adeguamenti necessari, entro un termine non inferiore a 60 giorni. Ove la difformità sia tale da non consentire alcun adeguamento, ovvero in caso di mancata ottemperanza alle richieste di cui al precedente periodo, le Autorità competenti provvedono alla revoca dell'autorizzazione.
Il procedimento di riesame non costituisce motivo autonomo di sospensione dell'efficacia dell'autorizzazione.
431-quater. Al fine di rendere le autorizzazioni di cui ai commi 431-ter conformi al decreto di cui all'articolo 184-ter, comma 5-ter, del decreto legislativo n. 152 del 2006, entro 6 mesi dall'entrata in vigore del decreto stesso i titolari delle autorizzazioni presentano alle Autorità competenti apposita istanza di aggiornamento.
431-quinquies. Al fine di rendere le autorizzazioni di cui al comma 431-ter conformi al decreto di cui all'articolo 184-ter, comma 2, del decreto legislativo n. 152 del 2006, relativo alla singola tipologia di rifiuto, entro 120 giorni dall'entrata in vigore del relativo decreto i titolari delle autorizzazioni presentano alle Autorità competenti apposita istanza di aggiornamento.
431-sexies. Al fine di assicurare lo svolgimento delle attività istruttorie concernenti l'adozione del decreto di cui al comma 431-ter e dei decreti di cui ai commi 2 e 5 -ter dell'articolo 184-ter del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è autorizzato a individuare unità di personale pubblico, da collocare anche presso l'ufficio legislativo, con competenze di natura tecnico-scientifica o giuridica ed esperienze professionali adeguate alle esigenze istruttorie individuate, mediante comando, distacco, fuori ruolo o analoga posizione prevista dall'ordinamento di appartenenza, ai sensi dell'articolo 17, comma 14, della legge 15 maggio 1997, n. 127, con trattamento economico a carico dell'Amministrazione di provenienza. In caso di assenza di professionalità idonee, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è autorizzato a stipulare contratti libero-professionali, anche presso l'ufficio legislativo, mediante procedura selettiva per titoli e colloquio, per il reperimento di personale, anche estraneo alla Pubblica amministrazione, in possesso delle competenze e delle esperienze professionali di cui al precedente periodo. Per le finalità di cui al presente comma è autorizzata la spesa di 200.000 euro annui per ciascuno degli anni dal 2019 al 2023. Conseguentemente, alla Tabella A, voce Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sono apportate le seguenti modificazioni:
2019: - 200.000
2020: - 200.000
2021: -200.000.

(Aggiornamento del 19 dicembre ore 16,30) Scontro fra emendamenti
Intanto la Lega ha proposto in opposizione un contro-emendamento di segno opposto, che al contrario promuove la semplificazione delle regole. Firmatari i senatori Briziarelli, Arrigoni, Zuliani, Cantù, Rivolta, Ferrero, Solinas.
Ecco il testo:
Dopo il comma 431, aggiungere il seguente:
431-bis. “All'articolo 184-ter del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, dopo il comma 5, è aggiunto il seguente comma:
5-bis “Fino alla data di entrata in vigore dei decreti di cui al comma 2 che stabiliscono i criteri di cessazione della qalifica del rifiuto per codici EER, i criteri specifici di cui al comma 1 sono stabiliti per il singolo caso tramite autorizzazioni rilasciate ai sensi degli articoli 208, 209 e 211 nonché ai sensi delle disposizioni contenute nel titolo III-bis della parte seconda del presente decreto”.


Confindustria: per l’economia circolare no agli ostacoli normativi
Si è svolto questo pomeriggio in Confindustria il tavolo di confronto sull’economia circolare promosso da Tes-Transizione Ecologica Solidale (think tank presieduto da Andrea Orlando e diretto da Michele Fina).
Hanno partecipato parlamentari, esponenti del ministero dell’Ambiente, associazioni imprenditoriali, esperti di enti e istruzioni pubbliche e associazioni ecologiste.
L’economia circolare è una grande opportunità per il nostro Paese: tutti i soggetti presenti al tavolo condividono la necessità di superare gli ostacoli normativi oggi presenti, adottare politiche industriali per investimenti in tecnologie, favorire il mercato dei prodotti riciclati - anche sfruttando la leva della domanda pubblica - e rafforzare la capacità impiantistica virtuosa del paese.

L’Avvocatura Europea e il rischio di un’infrazione Ue
L’avvocato David Röttgen, uno dei più apprezzati esperti di normativa ambientale, avverte che «la normativa comunitaria già dal 2008 prevede, a chiare lettere, il potere-dovere delle autorità competenti di uno Stato membro di stabilire un end-of-waste caso per caso – concetto ora ribadito e rafforzato nella nuova direttiva del 2018».
Röttgen ricorda come ciò «trovi ora anche conferma nelle conclusioni dell’avvocato generale Kokott del 29 novembre scorso (causa C-60/2018Ue)». In particolare l’avvocato generale afferma persino che «il detentore dei rifiuti ha diritto di chiedere all'autorità competente o a un giudice di uno Stato membro di accertare, per determinati rifiuti, la cessazione della qualifica di rifiuto».
Ad avviso di Röttgen, «il rifiuto di un’autorità competente di procedere con un’istruttoria sull’end-of-waste, anche caso per caso, costituisce una violazione dell’effet utile del diritto comunitario, circostanza che solitamente comporta l’apertura di una procedura di infrazione».
Per evitare ciò, per Röttgen ci sono 2 soluzioni: o una norma chiara e pragmatica oppure utilizzare una norma — che peraltro esiste — e interpretarla in conformità ai dettami comunitari.
«La terza alternativa? Smettiamo di parlare di economia circolare», taglia corto l’esperto.

Commenti di politici e imprese
«Un emendamento, dedicato alle norme sul fine vita dei rifiuti (il cosiddetto End of waste) alla manovra bloccherebbe l’economia circolare». L’allarme arriva dalla deputata di LeU Rossella Muroni. «Nell’emendamento presentato in commissione Industria al Senato — spiega Muroni — si accoppiano cicli produttivi e materiali facendo riferimento a una norma di 20 anni fa, spazzando via in pratica tutta la tecnologia e l'innovazione della filiera; ed è così che per esempio si fa riferimento a come recuperare l’argento dalle pellicole fotografiche». Inoltre, «le aziende in attesa di vedere rinnovata la loro autorizzazione dovrebbero attendere le Linee guida del ministero dell’Ambiente che dovrebbero essere emanate in nove mesi; un tempo biblico per gli imprenditori mentre l'economia circolare rischia di continuare a rimanere soltanto uno slogan».
Dicono la Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile e la Fise Unicircular: «Le nuove direttive europee sull’economia circolare in fase di recepimento pongono nuovi e più avanzati obiettivi di riciclo dei rifiuti che rappresentano un'occasione positiva per la crescita del settore, ma i ritardi e le modalità inadeguate nell’affrontare la questione normativa della cessazione della qualifica di rifiuto (End of Waste), dopo una sentenza del Consiglio di Stato, preoccupano il settore e possono ostacolarne lo sviluppo. Aggiunge Edo Ronchi: «Il recepimento del nuovo pacchetto di direttive europee per l’economia circolare va attuato con la massima cura, coinvolgendo i soggetti interessati, affinché sia uno strumento per fare ulteriori passi avanti, evitando errori normativi che invece potrebbero causare difficoltà e battute d’arresto».

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