Un «Io» ipertrofico che mette al centro se stesso e il proprio benessere e che, anche nelle scelte apparentemente altruiste o a favore della società, cerca in realtà un beneficio per se stesso. Benvenuti nell’epoca dell’«Egopower», fotografata senza fronzoli nel secondo capitolo del progetto di Conad e Censis che indaga le abitudini e l’immaginario collettivo degli italiani avviata lo scorso autunno da Conad e Censis. La ricerca «Miti dei consumi, consumo dei miti» mette in luce un’incertezza del futuro che da un lato blocca i consumi e dall’altro fa ripiegare le persone – e le loro scelte d’acquisto – verso se stesse.
Il contesto è quello di una stagnazione dei consumi che sembra non avere fine: secondo il Censis nel 2017 il valore in termini reali era del 2% inferiore a quello del 2008, mentre nello stesso periodo il potere d’acquisto delle famiglie è diminuito del 6,3%. Sarà per questo, o per la paura mai sopita della recessione e di un futuro ancora più nero, che gli italiani tengono immobilizzati i propri risparmi: la liquidità è cresciuta, tra il 2008 e il 2017, del 17,1%.
Eppure, in questi anni non sono mancate le nicchie di mercato che hanno registrato aumenti importanti. Come i prodotti «free from»: quelli senza lattosio sono cresciuti dell’8,5% in valore tra gennaio e agosto del 2018, rispetto allo stesso periodo dell’anno prima, nei punti vendita Conad. Oppure i prodotti a base di cereali superfood (+3,1%), quelli biologici (+8%) o gli integratori (+3,3%). In una parola, tutti quei prodotti che fanno stare bene i consumatori, che migliorano la loro vita o che, come spiega il responsabile Politiche sociali del censis Francesco Maietta, che consentono alle persone di esprimere se stessi attraverso i propri acquisti, di darsi un’identità e dire la propria opinione sul mondo, convincendosi inoltre di contribuire, con i propri consumi “saggi”, a cambiarlo.
Ma attenzione, al centro c’è comunque l’Io: «Tutta questa attenzione alla sostenibilità dei prodotti, al luogo e al modo in cui sono coltivati o lavorati non è generosità – osserva l’amministratore delegato di Conad, Francesco Pugliese – ma un modo per trarne comunque beneficio in prima persona».
I consumi, aggiunge Maietta, non sono più soltanto una variabile economica, ma una variabile identitaria, attraverso cui esprimere i propri valori. Si spiega così la schizofrenia di un Paese in cui crescono gli acquisti low cost e nei discount, oltre alla caccia alle offerte e alle promozioni, e al tempo stesso – al polo opposto – gli acquisti dei prodotti più costosi, di fascia Premium o delle edizioni limitatissime.
Ovviamente queste scelte “identitarie” hanno senso soltanto se condivise con quante più persone possibile attraverso i social network. Altra caratteristica dell’egocentrismo degli italiani è nell’uso compulsivo dei social che riguarda, secondo il Censis, 9,7 milioni di nostri connazionali. E nonostante il ruolo crescente di blogger e influencer nelle scelte comportamentali e d’acquisto, «il primato dell’Egopower uccide anche i miti», osserva il Censis: il 98% degli italiani non ha modelli a cui ispirarsi. In una parola: «Il mio mito sono Io». Da qui alla diffidenza per tutti coloro che tradizionalmente erano definiti «esperti» o «competenti» il passo è breve, e questo genera una proliferazione di «fake news» e di persone vulnerabili, che facilmente ne restano preda.
In questo scenario piuttosto inquietante, una nota di speranza prova a esprimerla Pugliese: « Compito delle imprese è remare in direzione opposta, dando spazio ai valori positivi attraverso una narrazione in cui emergono principi come condivisione e comunità – afferma –. E adottando un modello di impresa improntato alla sostenibilità non solo ambientale, ma anche sociale ed economica».
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