VERONA - La minaccia dei dazi di Trump sulle importazioni europee arriva come un fulmine a ciel sereno, sui produttori del Prosecco Doc. Da domenica sono presenti in forze al Vinitaly di Verona per festeggiare un 2018 da record, con 2,5 miliardi di fatturato e una crescita del 13,4% a valore rispetto al 2017.
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Nella black list di 14 pagine divulgata dall’amministrazione Usa, al capitolo agroalimentare si parla esplicitamente di “vini frizzanti”: e il Prosecco non solo è uno di questi, ma è anche una delle più significative voci dell’export alimentare italiano negli Stati Uniti.
Stati Uniti secondo mercato mondiale
«Per il Prosecco Doc gli Stati Uniti sono il secondo mercato mondiale: vale 70 milioni di bottiglie all’anno e oltre 370 milioni
di euro», calcola il presidente del Consorzio del Prosecco Doc, Stefano Zanette. Considerato che tutto l’export di vino italiano
negli Usa ammonta a 1,5 miliardi, stiamo parlando di una denominazione che pesa per oltre un quarto.
Tra i produttori dello stand, nessuno vuole parlare: la notizia di Trump è arrivata nella notte e tutti vogliono prima consultare
i loro distributori in America, per valutare bene la portata dell’annuncio. Solo il presidente del più grande dei tre consorzi
italiani del Prosecco accetta di farlo: «È indubbio che le minacce di Trump ci preoccupano, per noi quello americano è un
mercato importante. Non solo vale il 20% di tutto il nostro export, ma è una piazza che negli ultimi anni ha continuato a
crescere in modo importante». Soltanto nel 2018, le vendite americane sono aumentate di oltre il 4%. «Se Trump farà sul serio
- aggiunge Zanette - allora saremo obbligati a prendere le nostre contromisure: insieme al resto del mondo agroalimentare
italiano e ai principali produttori di vino europei, Francia e Spagna in primo luogo, faremo pressioni a Bruxelles affinché
la Ue istituisca i contro-dazi».
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L’altro fronte è legato al rischio Brexit
A dispetto del boom delle vendite sui mercati internazionali, questo per il Prosecco non è un momento facile. Le minacce di
Trump si aggiungono infatti al pericolo di una hard Brexit: se quella americana è la seconda piazza mondiale per la Doc italiana,
quella inglese è la prima e assorbe il 35% delle esportazioni. Una crisi combinata Usa-Regno Unito metterebbe a rischio oltre
la metà dell’export del Prosecco. «Resto ottimista - si schermisce Zanette - per ora quella di Trump è solo una minaccia.
Se poi le cose dovessero mettersi male, vorrà dire che ci orienteremo di più verso i mercati che oggi per noi si dimostrano
più promettenti, come il Nordeuropa e il Far East». Anche la Russia e l’Australia l’anno scorso sono cresciute parecchio,
rispettivamente del 30 e del 32%. Eppoi negli Usa il Prosecco si vende bene, dai 13 fino ai 18 dollari alla bottiglia: i produttori
hanno un buon margine, «potrebbero persino permettersi di assorbire i dazi senza grossi contraccolpi».
Airbus vero obiettivo di Trump
Il vero obiettivo delle minacce di Trump, come è noto, è Airbus, la rivale europea dell’americana Boeing, accusata di ricevere
sussidi che danneggiano il gruppo statunitense. Ma nella lista dei dazi preparata da Washington è finita una serie più lunga
di prodotti europei, tra cui parecchio agroalimentare: dall’olio ai formaggi, dagli agrumi al vino.
L’Italia, ricorda la Coldiretti, è il primo paese fornitore di vino e spumante degli Usa con oltre un terzo del mercato complessivo
in valore, davanti alla Francia (28%). Le esportazioni di olio d’oliva made in Italy negli Usa valgono invece 436 milioni,
mentre quelle di formaggi ne valgono 273. Il valore complessivo dell’export agroalimentare italiano verso gli Stati Uniti
è pari a 4,2 miliardi e rappresenta circa il 10% del totale delle esportazioni nazionali.
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