Passa dalle Terme di Castrocaro l’ultima scommessa del re della sanità privata, il self-made-man romagnolo Ettore Sansavini, partito da Lugo una cinquantina d’anni fa con in tasca solo un sogno (creare cliniche private di alta complessità in stile americano) e oggi alla guida di una multinazionale, il Gruppo Villa Maria, da 680 milioni di euro di fatturato e quasi 8.800 persone tra 31 strutture ospedaliere in Italia e 12 cliniche all’estero.
La storica struttura termale forlivese in art decò con le sue acque curative millenarie, di cui Sansavini ha acquisito il controllo nel 2017 dopo 12 anni di gestione, è al centro di un piano di restyling e rilancio da 30 milioni di euro, che la trasformerà in un prestigioso albergo a 5 stelle e nel laboratorio di una nuova formula della filiera salute, centrata su benessere e prevenzione, che affiancherà gli ospedali e si integrerà nel territorio con un’offerta capace di coniugare eccellenze enogastronomiche, culturali, turistiche. «Il mio obiettivo è far crescere l’attrattività internazionale dell’entroterra romagnolo in cui sono nato e cresciuto, attraverso una strategia condivisa con gli imprenditori locali, e dare vita qui alla “long life valley”», spiega Sansavini, che punta a inaugurare le nuove Terme di Castrocaro per l'inizio dell'estate e accelerare così la strategia aziendale battezzata “longlife care”, da sviluppare fino alle strutture per la terza età.
Altro segmento su cui l’imprenditore sta investendo, in una logica di salute della persona a 360 gradi lungo tutto il percorso di vita (oggi GVM ha tre Rsa di proprietà). E prima dell’estate Sansavini vorrebbe pure veder decollare e atterrare i primi aerei dalle piste del Ridolfi di Forlì, scalo salvato in extremis dal fallimento (sborsando un milione di euro, sui 2,5 milioni messi per la newco Fa da una cordata di sette soci privati, tra cui il patron di Unieuro Giuseppe Silvestrini), che entrerà in aperta concorrenza con gli aeroporti di Bologna e Rimini, tutti nel raggio di 120 chilometri.
Ma la concorrenza è il credo di Sansavini. «Preferisco la parola “competizione” – dice -. Il concorrente che cresce mi spinge a correre ancora più forte. Io corro per vincere, non mi interessa se arrivo all’oro, all’argento o al bronzo». Oggi GVM si gioca il secondo posto per fatturato nell’ospedalità privata italiana, ma è il primo gruppo per estensione territoriale (31 ospedali in 10 regioni italiane, oltre a cliniche in Francia, Polonia, Albania, Russia, Croazia, Ucraina, una partnership in Cina dove esporta il modello di gestione ospedaliera “ready to use” e trattative in corso per sbarcare in Arabia Saudita e in Nord Africa) ed è leader indiscusso nella cardiochirurgia: nelle sue cliniche si fa il 14% degli interventi al cuore del Paese. Alla base c’è una ricetta fatta di tecnologie d’avanguardia, di investimenti costanti in innovazione e R&S – mezzo miliardo dal 2015 a oggi, con un fatturato cresciuto nel frattempo del 24% - e di attenzione quasi ossessiva per la qualità del prodotto e per la soddisfazione del cliente. Una ricetta che GVM condivide con eccellenze manifatturiere ben più blasonate della via Emilia – dai motori all'alimentare e alla moda – «ma è impresa anche quella che opera nel mercato della salute, anche se si fatica a considerarla tale», fa notare Sansavini. Che ancor oggi controlla ogni voce del bilancio e ogni angolo dei corridoi del Maria Cecilia Hospital di Cotignola, capostipite dell’impero, modello della sua industria della salute di alta specialità, che macina utili mentre cura pazienti, per l’80% in convenzione con il Ssn: 32mila metri quadrati luminosi e profumati grazie al ricambio forzato d’aria in ogni ambiente, cui si aggiungeranno il prossimo anno altri 12mila mq (20 milioni di investimenti programmati) e dove le camere sembrano suite di un grand hotel e le sale operatorie centrali Nasa per il controllo degli space shuttle. Qui chirurghi e ingegneri biomedici operano davanti a megaschermi 4k su cuori-avatar ingranditi come palloni da basket con un joystick, seduti alla scrivania, mentre i pazienti sono stesi nella sala dall’altra parte del vetro, ma anche dall’altra parte dell’oceano (è stato fatto così un intervento su un paziente a Houston).
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