Management

La felicità in azienda? Secondo Achievement Group è un vero asset

  • Abbonati
  • Accedi
appunti da tokyo

La felicità in azienda? Secondo Achievement Group è un vero asset

TOKYO - «Stupore e tremori». Nell’immaginario collettivo occidentale, l’azienda giapponese si è cristallizzata nella descrizione che ne fece 17 anni fa il bestseller (semi)autobiografico della scrittrice belga Amélie Nothomb: una specie di universo concentrazionario dove le istanze individuali sono schiacciate nella morsa di ferree gabbie gerarchiche e normative. Pochi sanno che in Giappone c’è anche chi da quasi trent’anni cerca di promuovere una fenomenologia diversa della “kaisha”: Achievement Group è una società di consulenza nello sviluppo delle risorse umane che parte da una visione ottimista delle relazioni interpersonali come fattore primario dei successi aziendali.

Il Ceo Satoshi Aoki, che l’ha fondata nel 1987, è stato pioniere dell’applicazione al mondo corporate della «Teoria della Scelta» dello psichiatra americano William Glasser (scomparso tre anni fa). Semplificando al massimo, si basa sulla nozione secondo cui tutto il comportamento si basa su scelte che facciamo in base a esigenze primarie e ideali; di qui il ripudio della coercizione e l’enfasi sulle «motivazioni interiori» che portano a cambiamenti comportamentali. Una migliore performance aziendale può dunque scaturire da un contesto che favorisca lo sviluppo personale e relazionale. Se i dipendenti non vedono della “kaisha” un luogo sacrificale e coercitivo, ma un ambiente psicologicamente positivo, saranno le motivazioni interiori a rendere il loro comportamento più funzionale agli obiettivi aziendali.

Si tratta uno di quei “concept” razionali che, misteriosamente, troppo spesso vengono disapplicati. In fondo, gli storici ormai concordano sul fatto che l’approccio di Luigi Cadorna – un generale rimasto al XVII secolo, che non concepiva la guerra se non come una gigantesca operazione di assedio frontale alla quale portare i soldati anche a suon di frustate – fu uno dei fattori che portarono diritti alla disfatta di Caporetto, mentre le scelte più illuminate di Armando Diaz – con la cura della propaganda tra i combattenti per farli sentire cittadini consapevolmente votati alla difesa della Patria – contribuì alla vittoriosa resistenza sul Piave.

Aoki, 61 anni, nativo dell’Hokkaido, è stato anche professore associato alla Graduate School of Business Administration della Hosei University: ora insegna personalmente «Management Theory» e tiene seguitissimi seminari nella sede di Gotanda, a Tokyo. Il suo interesse per i sistemi di management risale a quando aveva vent’anni e fu folgorato dalle teorie di W. Edwards Deming, lo straniero che più diede ispirazione al miracolo economico giapponese del dopoguerra, e poi da quelle di Konosuke Matsushita, fondatore del gruppo che ora si chiama Panasonic.

Achievement Group ha circa 180 dipendenti e sedi secondarie a Osaka, Fukuoka, Nagoya e, da ottobre, Yokohama: da poco sta pensando a un’espansione in altri Paesi asiatici (oltre al training center già in funzione alle Hawaii). Per i clienti individuali ci sono i programmi di «personal development» (compresi corsi di executive training, management skill training e sales skill training). Per le aziende la consulenza spazia dallo sviluppo organizzativo ( compresa l’elaborazione di una «corporate vision») ai servizi di supporto alle assunzioni di personale. Oltre 345mila individui hanno seguito i programmi di training del gruppo.

La clientela corporate comprende grandi aziende come Bridgestone, ma è per lo più composta da medie imprese, alcune delle quali cercano di applicare i dettami della «Teoria della Scelta» a specifici comparti aziendali (come il gruppo Benesse). Anche alcuni ministeri e organizzazioni parapubbliche si sono rivolti ad Achievement Group. La Tokyo Chamber of Commerce (500 dipendenti, 80mila associati), ad esempio, ha avviato da cinque anni una collaborazione per servizi di consulenza e training: con l’applicazione della Teoria della Scelta, pare che siano stati ottenuti risultati molto concreti in termini di singoli “achievement” del personale e nella qualità della comunicazione tra manager e subordinati. Di riflesso, è tornato a crescere il numero degli associati a una organizzazione che fornisce essa stessa programmi di training a piccole e medie imprese della metropoli.

«Un dipendente che si sente trattato come commodity finirà più probabilmente per essere una liability anziché un asset per l’azienda», dice Aoki: che nei suoi sforzi per diffondere felicità ha anche istituito società affiliate attive nell’editoria (che ha ovviamente pubblicato i libri di Glasser in giapponese), nell’organizzazione di eventi (tra cui una fondazione che promuove l’Opera lirica) e nei servizi medicali per la promozione della salute.

Certo, almeno tra le società quotate le recenti evoluzioni rendono problematica l’affermazione del concetto secondo cui la «mental happiness» del dipendente porti a migliori risultati aziendali e la qualità si raggiunga attraverso un contesto “caldo” e non coercitivo di relazioni umane. Basti pensare che le retribuzioni dei manager sono, anche in Giappone, sempre più collegate in parte a parametri come il ROI o il ROE (ritorno su investimenti o capitale impegnato). Così i dipendenti tendono a essere considerati un costo da contenere e i salari faticano a crescere, persino nei settori dove si manifestano carenze di manodopera disponibile. Inoltre una delle cause più recenti di infelicità sul posto di lavoro, in Giappone, sta nella disparità di trattamento tra personale a tempo indeterminato e quello a tempo determinato, anche se le mansioni svolte sono magari le stesse. «Noi abbiamo dato i bonus anche al nostro personale temporaneo - dice Aoki -. Nessuno deve sentirsi un numero».

© Riproduzione riservata