«Le nuove 150 ore minime di alternanza scuola-lavoro nel triennio finale degli istituti tecnici rappresentano, per i ragazzi, poco più di una settimana in impresa l’anno; in pratica, stiamo parlando di una visita aziendale; un lasso temporale insufficiente ad acquisire quelle competenze trasversali, dal problem solving alle relazioni interpersonali, all’adattabilità/flessibilità organizzativa, sempre più richieste oggi nel mondo del lavoro. Certo, le scuole possono fare di più; ma la co-progettazione del percorso, se di qualità, richiede impegno, e c’è anche una questione risorse. Se, come sembra, per supplire al taglio previsto dalla manovra (da 100 milioni annui si passa a circa 50, ndr), si attingerà ai fondi Ue, gli istituti dovranno predisporre una serie di adempimenti; non sono accrediti automatici; penso che in pochi riusciranno a ottenerli. Così facendo, il governo Conte ha portato indietro le lancette di almeno 15 anni con il rischio, concreto, di tornare a circoscrivere l’alternanza a una “elite” di studenti».
Sabrina De Santis è direttore del settore Education di Federmeccanica, che nel 2016 ha lanciato il più vasto programma triennale - terminerà quest’anno - di scuola-lavoro (400 ore “on the job”) nel settore meccanico, Traineeship (nel primo anno ha coinvolto 5mila alunni, 50 istituti tecnici e 949 imprese). Il dimezzamento di ore e fondi dell’alternanza (che ha cambiato anche nome «Percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento») ha rappresentato «un inaspettato passo indietro - aggiunge De Santis -. Il vantaggio della scuola-lavoro è far acquisire ai giovani competenze tecniche e trasversali che vanno a integrare il curriculum di studio. Per far bene tutto ciò è necessario un numero di ore “on the job” adeguato. Con Unioncamere stiamo ragionando su un percorso di certificazione delle competenze tecniche e soft. Noi andremo avanti. Ma non c’è dubbio che lo svuotamento dell’alternanza creerà dei problemi».
Federmeccanica ha lanciato nei mesi scorsi una petizione (ha già raccolto oltre 22mila firme); e a criticare la scelta dell’esecutivo sono stati, in coro, i principali stakeholder. Dall’intera Confindustria (il vice presidente per il Capitale umano, Gianni Brugnoli, in occasione della XXVesima edizione di Orientagiovani, ha parlato espressamente di «inaspettata marcia indietro che ci allontana dalle best practice europee») all’Associazione nazionale presidi, passando per enti territoriali e studiosi di education (l’ultima indagine Almadiploma ha evidenziato inoltre come gli studenti che hanno svolto attività di alternanza possiedono il 40,6% in più di probabilità di lavorare, si sale al 70,9% se si considerano le esperienze di stage in azienda post diploma).
A Vicenza il gruppo Pietro Fiorentini collabora da più di dieci anni con le scuole del territorio, in particolare con gli istituti professionali e tecnici di Vicenza (in modo più sporadico anche studenti di licei, istituti grafici e di ragioneria). L’impatto del dimezzamento di ore e fondi? «Ci sarà una minore opportunità per “testare” gli studenti nell’ottica di un’assunzione dopo la scuola - spiega il responsabile delle risorse umane, Luca Peroli - insieme ad una riduzione in qualità dell’esperienza dei ragazzi che, avendo meno tempo a disposizione, possono accedere ad esperienze meno qualificanti. In prospettiva, se le scuole hanno meno budget, potrebbe essere necessario che le aziende siano chiamate a finanziare direttamente l’alternanza (assicurazione, costi amministrativi)».
«Noi, peraltro, siamo stati tra le prime aziende a credere nel progetto degli Its assumendo molti studenti al termine del percorso - prosegue Peroli -. Ogni anno ospitiamo una ventina di studenti degli istituti superiori e 2-3 appartenenti ai percorsi formativi biennali degli Its, affidando ad ognuno un tutor che lo possa seguire nel percorso di apprendimento. Abbiamo inserito anche studenti di istituti stranieri europei del programma Erasmus+ e presso le nostre sedi estere abbiamo ospitato alcuni ragazzi dell’Its». Negli ultimi anni sono stati assunti circa una decina di ragazzi che hanno completato questi percorsi.
Dal Veneto alla Lombardia, il passo è breve. Anche a Milano, che nel tempo ha rappresentato un laboratorio per l’alternanza scuola-lavoro, le modifiche del numero di ore previste dalla nuova normativa (nei licei si scende da 200 ad almeno 90, nei tecnici da 400 a 150, nei professionali da 400 a 180, ndr) stanno impattando negativamente sull’implementazione di questi percorsi. «Assistiamo infatti a scuole che hanno iniziato a rallentare l’investimento nella co-progettazione di iniziative di formazione “on the job”, a fronte di una crescente disponibilità delle imprese a collaborare - sottolinea Chiara Manfredda, responsabile dell’Area sistema formativo e capitale umano di Assolombarda -. La sforbiciata di ore e fondi cade proprio in un momento in cui le azioni di sensibilizzazione condotte in questi anni da Assolombarda stavano iniziando a dare frutto, con un maggior numero di imprese, anche di piccole dimensioni, pronte ad aprire le porte alle scuole. Ad essere penalizzati dal punto di vista della futura occupabilità saranno gli studenti degli istituti tecnici e soprattutto quelli dei professionali, con questi ultimi che già soffrono la “concorrenza” dei corsi regionali di istruzione e formazione professionale, dove i moduli in alternanza raggiungono il 50% delle ore complessive di formazione». Assolombarda continuerà a supportare le aziende interessate ad ospitare studenti in alternanza; così come lo faranno, non senza fatica, le imprese, da Milano a Palermo, che ancora prima della legge 107 (che ha reso obbligatoria la formazione “on the job”, ndr) avevano iniziato a dialogare con gli istituti scolastici.
E nelle scuole cosa sta succedendo? «Noi crediamo molto nell’alternanza e assieme ai docenti abbiamo iniziato a valutare se e come rimodulare il nuovo monte ore minimo di attività - risponde Roberta Fantinato, preside dell’istituto tecnico e professionale Belluzzi Fioravanti di Bologna -. L’idea è, tuttavia, quella di salvaguardare le migliori esperienze di scuola lavoro costruite nei territori attraverso alleanze strategiche con aziende ed enti pubblici e privati, continuando a farne un elemento di senso nei curricula degli studenti. Noi, per esempio, collaboriamo da tempo con Fondazione Golinelli, Ducati, Lamborghini, Poggipolini, Carpigiani, Yoox, Coop Alleanza e Coop Italia. Sono legami e iniziative importanti, in primis per i ragazzi. E non penso che faremo passi indietro sui percorsi più riusciti. Faccio anche notare che l’inevitabile retroazione dell’alternanza sulla didattica ha spinto i docenti a ripensare il lavoro in classe, distillando i saperi che non possono più solo essere ripetuti, ma che devono sempre più essere agiti in un’ottica di co-costruzione delle conoscenze».
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