Mondo

Libia, Haftar a Renzi: rimuovere l’embargo sulle armi. Stop…

  • Abbonati
  • Accedi
il paese nordafricano nel caos

Libia, Haftar a Renzi: rimuovere l’embargo sulle armi. Stop dell’Onu

«A Renzi chiedo di convincere la comunità internazionale a rimuovere l'embargo sulle armi e di aiutarci a combattere per una Libia libera dagli estremisti. È decisivo anche per l'Italia: se dovesse vincere l'Isis sarebbe a rischio la vostra sicurezza». Lo ha dichiarato in un'intervista all'Ansa il capo delle forze armate libiche e del governo di Tobruk (riconosciuto dalla comunità internazionale e appoggiato dall’Egitto), generale Khalifa Haftar. «In Italia so che siete molto preoccupati per il fenomeno dell'immigrazione clandestina, che in questo momento non siamo in grado di controllare visto che gli estremisti utilizzano il traffico di essere umani per finanziarsi. Vorremmo che venissero rispettati e rinvigoriti i vecchi accordi ora in disuso, ma perché accada serve l'intervento rapido della comunità internazionale a sostegno del governo legittimo di Tobruk».

Lo stop dalle Nazioni Unite
Proprio oggi, però, otto Paesi membri del Consiglio di Sicurezza dell'Onu hanno bloccato la richiesta del governo di Tobruk di autorizzare l'importazione di decine di aerei da combattimento, carri armati e armi per combattere i gruppi jihadisti. Lo hanno riferito fonti diplomatiche interne al Palazzo di Vetro. La settimana scorsa la Libia aveva formalmente domandato all'organo Onu di revocare l'embargo delle armi. Tra i Paesi che hanno bloccato la richiesta - riportano le medesime fonti - ci sono Stati Uniti e Gran Bretagna.

Qatar, Turchia e Sudan con i filo-islamisti di Tripoli
«Siamo un popolo orgoglioso - ha rilanciato Haftar - possiamo anche combattere questa guerra a mani nude, ma Qatar, Turchia e Sudan stanno aiutando gli estremisti (così Haftar definisce le milizie filo-islamiste non Isis basate a Tripoli, ndr), con armi e finanziamenti. Anche se siamo sicuri che siano pilotati da altre potenze straniere. È importante che si sappia che voltata questa pagina ci ricorderemo molto bene chi ci è stato vicino e chi invece si è voltato dall'altra parte». La Libia «è un paese ricco di risorse e in base a quanto accadrà e a chi sosterrà il governo eletto democraticamente, decideremo noi con chi condividere questa ricchezza».

Le richieste dell’Onu alle fazioni
La Libia ha la scelta tra «l'accordo politico» o «la disintegrazione», ha detto oggi l'inviato dell'Onu nel Paese, Bernardino Leon, in apertura di un forum ad Algeri. «Esistono due opzioni: l'accordo politico o la distruzione», ha detto Leon per poi aggiungere immediatamente che «la disintegrazione non è un'alternativa». Per questa ragione la riunione di Algeri è «cruciale» nel processo che sta iniziando e che dovrebbe portare a un accordo politico. «Non consentiremo che una parte della Libia si imponga sull'altra». «La soluzione è il dialogo, tocca a voi trovare gli accordi», ha insistito Leon. La Missione di appoggio dell'Onu, diretta da Bernardino Leon, presiede anche i negoziati in Marocco tra le parti in conflitto in Libia.

La replica del generale
«L'Onu e l'Europa non ci possono obbligare a sederci al tavolo con terroristi ed estremisti», ha replicato Haftar: secondo il comandante delle forze armate del governo di Tobruk, esistono «un governo e un parlamento eletti democraticamente sotto l'egida e il controllo dell'Onu e riconosciuto ufficialmente dalla comunità internazionale» e, quindi, «formare un governo di unità come proposto dai mediatori equivarrebbe a rendere vano ogni tentativo di mantenere la Libia un paese democratico».

E Alfano propone: campi profughi in Africa
Per alleggerire la pressione migratoria bisogna «stabilizzare la Libia» e «creare campi profughi direttamente in Africa». Ad affermarlo è stato questa mattina il ministro dell'Interno, Angelino Alfano. «La Libia è diventata una priorità internazionale - ha ricordati Alfano - ed il merito è dell'azione del governo italiano: è lì che si scarica la pressione migratoria di tutti i Paesi confinanti». Quanto ai campi in Africa, servirebbero a fare «uno screening preventivo: chi ha diritto allo status di rifugiato, viene distribuito in modo equilibrato nei vari Paesi europei; a chi non lo e' non viene dato il permesso di partire». Intanto il Viminale avrebbe scelto il porto di Taranto per realizzare un hub di identificazione di immigrati che possa ospitare i profughi il cui arrivo è previsto dalla Libia per i prossimi mesi. Come è noto secondo l’agenzia europea Frontex potrebbero essere tra mezzo milione e un milione.

Il Telegraph: Sirte, città di Gheddafi, è una base Isis
Mentre si discute l’Isis cerca di rafforzare i propri attestamenti. Bandiere nere dell'Islam sugli edifici, parrucchieri serrati e manichini coperti per non urtare il pudore degli integralisti. Si presenta così in Libia, secondo un reportage realizzato dal britannico Daily Telegraph, Sirte, la città del defunto colonnello Muammar Gheddafi, che si affaccia sul Mediterraneo, a meno di 500 chilometri dalle coste italiane. Un tempo vanto del dittatore, durante il conflitto con la Nato è stata più volte bombardata, per poi essere abbandonata a se stessa. Ora a governarla sono i jihadisti dell'Isis che continuano ad espandersi in Libia.

© Riproduzione riservata