Mondo

La Yellen è meno «paziente» sui tassi: il primo rialzo…

  • Abbonati
  • Accedi
STATI UNITI

La Yellen è meno «paziente» sui tassi: il primo rialzo arriverà entro l’autunno

La Federal reserve apre la porta a un rialzo dei tassi, il primo da nove anni, ma senza fretta. Nel comunicato con cui ha annunciato che il costo del denaro resta fermo allo 0-0,25%, la banca centrale americana ha infatti tolto il riferimento al termine «paziente» nel cambio di strategia di politica monetaria, un segnale che per gli analisti prelude a una stretta a giugno o nei mesi successivi.

Aprile no, giugno chissà
«Un aumento dei tassi in aprile è improbabile», afferma il Fomc (Federal open market committee, braccio operativo della Fed), ma una stretta diventerà appropriata «quando si vedrà un ulteriore miglioramento del mercato del lavoro e quando il Comitato sarà ragionevolmente fiducioso che l’inflazione tornerà verso l’obiettivo di medio termine del 2%». Quanto all’ipotesi di un rialzo a giugno, ha detto il governatore Janet Yellen aprendo la conferenza stampa successiva alla riunione della banca centrale, «non si verificherà necessariamente» ma la Fed «non può escludere» tale ipotesi. La scomparsa del termine «paziente» dal comunicato finale, ha affermato inoltre il numero uno della Fed, non significa che «saremo impazienti» sui tassi. Un gioco di parole per far capire ai mercati che anche dopo il primo aumento la politica monetaria resterà molto accomodante.

Limate le stime sul Pil
La banca centrale al tempo stesso ha rivisto al ribasso le stime per l’economia americana. Il Pil dovrebbe crescere quest’anno del 2,3-2,7%, meno del 2,6-3,0% stimato in dicembre. Per il 2016 è prevista una crescita del 2,3-2,7% (2,5-3,0% in dicembre) e per il 2017 del 2,0-2,4% (2,3-2,5% in dicembre). Una limatura che conferma come l’outlook sia solo moderatamente positivo. Un altro segnale da «colomba» è arrivato dalle previsioni dei membri della Fed sul livello dei tassi a fine 2015, riviste al ribasso dall’1,125% stimato in dicembre allo 0,625 per cento.

Per i mercati la festa non è finita
Il tono prudente del comunicato è stato ben accolto dal mercato, con Wall Street che ha accelerato al rialzo, il dollaro in calo di circa l’1% sull’euro e i rendimenti sui Treasury in flessione. Gli investitori insomma leggono nella nota della Fed la prospettiva di un rialzo dei tassi non imminente e comunque lento e graduale. L’ultimo aumento dei Fed funds risale al giugno 2006. Da allora la Fed li ha tagliati ben dieci volte, l’ultima delle quali nel dicembre 2008, due mesi dopo il tracollo di Lehman Brothers, quando li ha portati dall’1% allo 0-0,25 per cento.

Nell’ultimo comunicato del 28 gennaio scorso, la Fed aveva lasciato la formula usata in dicembre, affermando che sarebbe stata «paziente nell’avvio di una normalizzazione della politica monetaria» mentre aveva tolto il riferimento al «periodo considerevole» in cui i tassi sarebbero rimasti a zero.

Le due variabili chiave
A indurre la Fed alla prudenza sono due fattori. L'inflazione, innanzitutto: l'indice dei prezzi usato dalla Federal reserve, il Pce (Personal consumption expenditure) era a gennaio in crescita dello 0,3% annuo mentre l'indice core, di fondo, che esclude energia e alimentari, è all’1,34%, in calo dall’1,52% di maggio 2014. Sono livelli bassi, piuttosto lontani dall'obiettivo del 2 per cento. L’altra incognita è il dollaro. La valuta statunitense, nei confronti delle monete dei principali partner, si è apprezzata del 27% da maggio 2014 a oggi. Quasto rialzo è un freno alla ripresa, robusta ma non fortissima, ed è anche un freno all'inflazione. Non è quindi nell’interesse della Fed provocare una nuova accelerazione al rialzo della valuta.

© Riproduzione riservata