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L’Fmi smentisce se stesso: «Le nostre stime sul Pil greco irrealistiche»

Il Fondo monetario internazionale smentisce se stesso sulla fantomatica crescita greca. Le stime pubblicate martedì dal Fmi stesso nel World economic outlook (Weo) sono nientemeno che «irrealistiche» e probabilmente dovranno essere riviste al ribasso. «Non ci aspettiamo che la Grecia sia il Paese che cresce di più nell'Eurozona nel 2016», ha ammesso Poul Thomsen, responsabile del Dipartimento Europeo del Fondo Monetario Internazionale. Nel Weo, l’istituzione di Washington aveva messo in conto un brillante +2,5% per l’economia di Atene nel 2015 (al pari della Spagna) e un +3,7% nel 2016.

Mercati nervosi, settimana pessima per i titoli greci
L’autocritica è apprezzabile, ma a ben guardare lascia perplessi. Ha senso pubblicare dati che non hanno nulla a che vedere con la realtà? Sui mercati oggi le vendite l’hanno fatta da padrone, certo dopo una fase di rialzi a livelli record, ma la scusa per le prese di profitto è proprio la rinnovata tensione causata dallo stallo del negoziato fra governo di Atene e creditori. Per i titoli di stato si è chiusa la peggiore settimana dalla vittoria elettorale di Syriza, il partito del premier, che a gennaio festeggiava e guardava con rinnovata fiducia al futuro. Il rendimento del decennale viaggia verso il 13% dopo avere guadagnato 165 punti base negli ultimi cinque giorni. Il triennale è appena sotto il 27%, quasi 700 punti base in più rispetto alla chiusura della scorsa settimana. All’opposto il Bund tedesco a dieci anni è arrivato a rendere lo 0,07 per cento.

«Grexit avrebbe un impatto grave»
E così l’Fmi, per voce di Thomsen, dopo avere alimentato le aspettative di una rinascita greca cerca una sorta di alibi per il dato eccessivamente ottimista e ripete comunque quel che per molti, da Bruxelles alle altre capitali d’Europa, è un mantra da diversi mesi: «Non ci aspettiamo che la Grecia esca dall'euro. La Grecia vuole stare nell’area della valuta unica e intende prendere qualunque azione necessaria». Avvertimento a corollario: un'uscita potrebbe avere un impatto «grave» sull’economia greca e sarebbe una sfida per l'Europa con effetti sulla fiducia che «non vanno sottovalutati».

A che punto è il negoziato: più flessibilità?
Intanto va avanti, con enorme fatica, il complicato processo delle trattative fra la ex troika e il governo Tsipras. I maggiori creditori della Grecia sarebbero pronti, adesso, a concedere maggiore flessibilità: la cancelliera Angela Merkel, secondo Bloomberg, starebbe studiando tutte le possibilità per evitare che la Grecia abbandoni l’euro.

Incontro Draghi-Varoufakis
Oggi il ministro greco delle Finanze, Yanis Varoufakis ha incontrato il presidente della Bce, Mario Draghi, a margine dei lavori primaverili del Fmi in corso a Washington, dove si sono trasferiti numerosi e autorevoli protagosti della nuova “tragedia greca”. Il faccia a faccia è durato un'ora. «Draghi ha confermato ancora una volta il suo interesse e quello della Bce a trovare una soluzione presto e il più efficace possibile per far tornare la Grecia sulla strada della crescita», ha riferito il ministro ellenico. «Una discussione costruttiva», ha commentato Draghi, senza aggiungere particolari.

Casse quasi vuote?
Giusto ieri sera Varoufakis aveva fatto presente che le casse sono quasi vuote, che però la Grecia non intende firmare un cattivo accordo, che ci si augura di arrivare a una conclusione positiva entro giugno, alla vigilia di pesanti scadenze miliardarie per Atene nei confronti di Bce e Fmi. «Non ho informazioni dettagliate sulla liquidità della Grecia, ma fra giugno, luglio e agosto l'ammontare che Atene dovrà pagare aumenterà significativamente e serve un accordo prima», ha precisato oggi Thomsen. Ad aumentare la confusione ci pensano le indiscrezioni sui miliardi in cassa (soltanto due secondo l’agenzia Reuters, che ha citato fonti del governo, buoni solo a pagare stipendi e pensioni) e le smentite sistematiche.

Domani il Brussels group, verso l’Eurogruppo
Non le migliori premesse, ma si sapeva, per i colloqui tecnici del Brussels Group (nuova denominazione della ex troika) fissati per sabato pomeriggio. Fra una settimana a Riga ci sarà un altro vertice dell’Eurogruppo, e nessuno osa sperare in una soluzione, nonostante i ripetuti allarmi sulla liquidità e il miliardo di euro che Atene - il cui rating sovrano è stato appena retrocesso Standard & Poor's a CCC+ - deve restituire entro le prime due settimane di maggio proprio al Fondo monetario.

Le considerazioni di Padoan
Situazione parecchio critica, quindi. Perfino un solitamente molto prudente Pier Carlo Padoan, ministro dell’Economia italiano, si è lasciato sfuggire, ieri, che lo stallo del negoziato non produce nulla di buono: «Sotto pressione è più probabile che che si verifichi un incidente» e la Grexit (l’uscita della Grecia dall’area dell’euro, ndr) diventi realtà. E però «non c'è un piano B», ha ripetuto da Washington il commissario europeo agli affari economici, Pierre Moscovici.

Aspettando le riforme di Atene
Atene, certo, deve accelerare sulla famosa lista delle riforme (a ieri non ne era pervenuta ancora una degna di questo nome, a Bruxelles), ha ricordato Moscovici al Financial Times. «Non è che stiamo parlando del nulla, stiamo discutendo ma è arrivato il momento di fare passi avanti». Per mettere a fuoco la tempistica, un programma dettagliato delle misure da realizzare, ha ricordato Bankitalia nel bollettino trimestrale, «dovrebbe essere concordato entro aprile», data fissata dall’Eurogruppo del 20 febbraio.

Obama: inizino a prendere decisioni dure
Sulla crisi greca è intervenuto anche Barack Obama. «La Grecia deve iniziare a fare riforme importanti, deve iniziare a prendere decisioni dure», ha detto il presidente degli Stati Uniti nel corso della conferenza stampa con il premier Matteo Renzi, che giovedì sera aveva avuto anche un breve incontro alla Casa Bianca con Varoufakis. Infine, un’esortazione a una svolta vera per il governo Tsipras: «Devono far pagare le tasse, ridurre la burocrazia e introdurre flessibilità».

I miliardi sotto il materasso
E mentre i tempi della discussione si dilatano all’infinito, continua la corsa dei greci agli sportelli bancari. Secondo il quotidiano Kathimerini, i greci hanno ormai messo sotto il materasso qualcosa come 15 miliardi di euro. I depositi bancari erano pari a oltre 160 miliardi nel dicembre scorso ma a fine marzo il dato era sceso a 135 miliardi, nuovo minimo degli ultimi dieci anni, a causa dei massicci prelievi di contanti in gennaio (12,8 miliardi), in febbraio (7,6 miliardi) e in marzo (5,5 miliardi).

Balcani, quarantena sul debito greco
Intanto, poco a nord, i Paesi balcanici, scrive ancora Kathimerini, hanno deciso una sorta di quarantena sul debito greco nel tentativo di minimizzare le ricadute sul proprio sistema bancario in caso di Grexit. Le banche centrali di Albania, Bulgaria, Cipro, Romania, Serbia, Turchia e della ex Repubblica jugoslava della Macedonia, hanno obbligato tutte le filiali di banche greche operative sul loro territorio ad azzerare l'esposizione al rischio (sotto forma di titoli di Stato, obbligazioni, depositi presso banche greche, prestiti interbancari) per proteggersi dal contagio.

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