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VOLATILITA’ SUI MERCATI

Grecia, l’idea default fa il suo ingresso formale sul tavolo delle trattative. Merkel: sì a euro debole

Come in una partita a poker la tensione sulla Grecia continua a salire tra bluff e colpi di scena. Dopo la clamorosa decisione della delegazione dell’Fmi di fare le valigie giovedì sera a Bruxelles e tornare a casa a Washington per non firmare un accordo “sporco”, cioè che non tenga conto della sostenibilità del debito greco, arrivano indiscrezioni da Bratislava secondo cui gli sherpa dei ministri delle Finanze dell'Eurozona avrebbero discusso per la prima volta un’ipotesi di un default della Grecia tra i possibili scenari.

Lo riporta Reuters e la notizia ha avuto ovviamente un forte impatto sui mercati azionari, sul reddito fisso e sull’euro, che ha accusato il colpo anche per le parole del cancelliere tedesco Angela Merkel che davanti a una platea di business men a Berlino ha ammesso che un euro forte non aiuta le riforme in paesi in crisi come Spagna e Portogallo. Una affermazione a favore del Qe di Mario Draghi e contro la politica della Bundesbank che si oppone a manovre non convenzionali di politica monetaria. La Bild ha anche detto che Berlino starebbe lavorando ad una ipotesi di default della Grecia, ipotesi poi smentita dal governo tedesco.

Per tornare alla Grecia in realtà non è la prima volta che a livello tecnico si prende in esame la possibilità di una bancarotta greca, ma è evidente che diventa elemento di volatilità nel momento in cui creditori e Grecia sono alle battute finali e ormai il tempo sta davvero finendo, visto che a fine mese scade il programma di aiuti. Non serve ad allentare la tensione la precisazione del presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker che ha indicato come il rientro a casa dei funzionari Fmi non significa affatto che il Fondo monetario si sia sfilato dal negoziato. Si aspetta con ansia la riunione di giovedì dei ministri finanziari a Lussemburgo, dove un rapresentante del Fondo monetario è previsto comunque mentre Atene ribadisce che il suo governo non accetterà nuovi tagli a stipendi e pensioni e che punta ad un avanzo primario più basso di quanto chiedono i creditori senza rinunciare a una ristrutturazione del debito che intanto corre al 177% del Pil per 320 miliardi di euro.

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